Per chi conosce Graham Jonson per il peculiare esordio beat di "The Long And Short Of It", ma magari ne ha poi perso le tracce, questo "I Heard That Noise" sarà una bella sorpresa, tanto da chiedersi se si tratta dello stesso artista. D'altra parte, anche uno dei numi tutelari di questo disco, Sufjan Stevens (insieme a Elliott Smith), si è cimentato con l'elettronica. Ma qui forse il cambiamento è più profondo e sostanziale e trascende una mera scelta di stile e arrangiamento.
L'artista di Portland è certamente di grande talento e questo gli permette di adattare la sua musica in toto a un diverso insieme di esperienze e stati d'animo, alla base dell'ispirazione di questo secondo disco. Più volte evocato Phil Elverum come riferimento, forse per via degli intermezzi rumoristici o per l'estetica bedroom, "I Heard That Noise" non è così facilmente classificabile, come ci si aspetterebbe da un artista eclettico come Jonson.
Certamente ci sono riferimenti evidenti ad alcuni dei mostri sacri del cantautorato di questo secolo, dalla cavalcata di "You Are", che ricorda i Fleet Foxes più meditabondi, allo spirito indomito e piuttosto Vernon-iano di "I Punched Through The Wall" e "Raven". Ma si trovano anche diversi elementi che distanziano il disco da un riferimento preciso, come l'uptempo cangiante e r'n'b di "Enything" o il sassofono notturno di "Hero". Anche una traccia chiaramente Stevens-iana come "This Room" si trasforma in modo piuttosto inaspettato in una coda coinvolgente.
Forse manca quella ispirazione melodica che potrebbe iscrivere questo disco tra i classici, ma ci troviamo comunque di fronte a un lavoro di ottimo gusto e resa emotiva.
06/05/2025