L'immagine pubblica di Rkomi è probabilmente stata danneggiata da un'eccessiva e precoce esposizione al pubblico del Festival di Sanremo nel 2022. Mirko Manuele Martorana non è esattamente uno alle prime esperienze, ha già compiuto 32 anni e questo "Decrescendo" è il suo quarto album di studio.
Fino al precedente "Taxi Driver" (2021), però, il suo nome era conosciuto solo dagli appassionati della nuova scena hip-hop: un background che lo avvicina ad altri trapper (soprattutto Izi e Tedua), un sound affine a quello diffusosi (anche) in Italia una decina d'anni fa e i contenuti che accomunano molti colleghi, tra riscatto sociale ed ego trip. C'era qualcosa in più, una scintilla, un gruppetto di momenti in cui scartava dal gruppo grazie alla creatività nei testi, o un flow particolarmente agile, ma nulla che bastasse a formare una raccolta di canzoni matura. "Taxi Driver", invece, lo ha reso più facile da leggere, comunicativo anche per un pubblico pop, rap e persino un po' rock. Le canzoni c'erano ma non il performer, che nella prima partecipazione a Sanremo ha peccato di arroganza ed è finito tritato dai meme.
È tornato quest'anno, una seconda volta: più pacato, più umile, più esperto. Canta ancora un po' in cörsivœ, soprattutto dal vivo, ma il brano "Il ritmo delle cose" era tra quelli da salvare della kermesse e, cosa ancora più importante, funziona meglio se inserito nel contesto dell'album.
Ricco di dettagli dolorosamente personali, venato di un'emotività misurata e vibrante, "Decrescendo" colpisce subito con la prima strofa de "L'ultima infedeltà":
Quando al compagno di mia madre non bastaron le parolePoco dopo, altri versi raccontano senza filtri il processo di autoanalisi e accettazione del rapper ("Io a quindic'anni non so affrontare la droga"), senza i cliché di tanti colleghi. È un brano drumless, dove brilla il pianoforte che guida il crescendo finale. L'ansia urbana mista a nostalgia di "Apnea da un po'" continua idealmente il racconto, così come "Vent'anni" feat. Tedua e soprattutto "10 secondi" feat. Nayt, anch'essa pianistica. "Orfani" feat. Izi risulta forse un po' troppo enfatica, ma vale per il testo e il contributo multiforme dell'ospite.
Io avevo nove anni e stavo già imparando a odiare
Lui la spinse contro il tavolo, io spiavo dalla sala
Avrei preso un candelabro solo per spaccargli il cranio
Chiamai mio fratello giusto in tempo prima che ci ricascasse
Credo fosse sotto un treno, pieno di sostanze
Lo dico a pezzi perché è troppo pesante
Questa è l'ultima infedeltà di cui mi carico
03/06/2025