Pavlov's Dog

Pavlov's Dog - Latrati di progressive-rock

Il vibrato androgino di David Surkamp è stato il marchio del progressive made in Usa dei "cani di Pavlov", che hanno saputo coniugare hard-rock, blues e folk in una serie di album raffinati e dall'umore variabile. I problemi all'interno della band hanno però fatto sì che la loro fortuna bruciasse velocemente almeno quanto la loro rovente formula sonora

di Valeria Ferro

La storia dei Pavlov's Dog inizia negli Stati Uniti degli anni Settanta, un territorio che sembra miracolosamente immune alla prog invasion europea se si escludono i Kansas, gli Utopia di Todd Rundgren e gli Styx, che si accostano comunque al progressive piuttosto in ritardo rispetto ai gruppi nostrani. La band guarda al Vecchio Continente anche nella scelta del nome, che è infatti una evidente allusione al medico russo Ivan Pavlov e ai suoi studi sul riflesso condizionato effettuato sui cani. Più che la sigla, a destare curiosità è tuttavia la formazione, caratterizzata da un insolito numero di ben sette componenti.
I Pavlov's Dog prendono forma a Saint Louis, nel Missouri, dalle ceneri dei High On A Small Hill dove suonano David Surkamp (voce e chitarra) e Rick Stockton (basso). All'epoca Surkamp non ha piani ambiziosi: scrive infatti canzoni con la sua chitarra acustica con il solo scopo di fare colpo sulla bella Sara, che riuscirà a conquistare e a farla divenire sua moglie. Visto l'inaspettato successo, in breve tempo si aggregano così alla formazione anche David Hamilton (tastiere), Doug Rayburn (mellotron e flauto), Mike Safron (batteria, percussioni), Siegfried Carver (violino) e Steve Scorfina (chitarra solista). 


Nel giro di soli tre giorni la band incide una serie di demo - pubblicati postumi a nome The Pekin Tapes (2014) - e una radio locale inizia a trasmettere insistentemente uno dei brani, "Theme From Subway Sue". Proprio grazie a esso, i Pavlov's Dog vengono ingaggiati dalla major Abc Records per la cifra esorbitante di 500.000 dollari.
Pampered Menial esce, quindi, all’inizio del 1975 per questa label, ma per una serie di cavilli legali il gruppo si discosta dall’etichetta e pochi mesi dopo l’album viene ristampato dalla Cbs, per la quale firmano un nuovo contratto. In entrambe le edizioni, il disco viene rilasciato con una memorabile immagine di copertina, rivisitazione dell’opera “Low Fife” dell’artista ottocentesco Sir Edwin Henry Landseer, celebre per avere disegnato i quattro leoni in bronzo ai piedi della colonna all’ammiraglio Nelson a Trafalgar Square.


Dato l’elevato numero di componenti, in questo album troviamo melodie ricche e faraoniche, un tripudio di mellotron e violini che concorrono a plasmare atmosfere sospese tra il blues e il folk, con qualche rara eccezione heavy-prog. Molti brani riprendono quelli presenti in The Pekin Tapes, rimasti ovviamente inediti fino ad allora. Per quanto concerne la band, l'elemento più noto del gruppo è il chitarrista Steve Scorfina che, sebbene non avesse ancora inciso nulla, poteva comunque vantare una collaborazione con i primissimi Reo Speedwagon.

Registrammo in modo molto istintivo, come se suonassimo dal vivo e in effetti la resa finale fu molto simile a come suonavamo in concerto. Nel gruppo c’erano molti musicisti e ognuno cercava di dare il massimo: eravamo una band molto rumorosa, così anch’io cantavo usando la voce come se fosse uno strumento musicale per emergere sugli altri.
(David Surkamp)

pavlovsdog8Bisogna innanzitutto sottolineare la particolarità della voce di David Surkamp, che viene facilmente confusa con quella di una donna. Si tratta di un autentico Farinelli del rock americano, che riconduce per evocazione proprio al grande periodo dei castrati lirici, trovando pochissimi eguali nel panorama musicale coevo. Il vibrato androgino di Surkamp è difatti paragonabile solo a quello di Geddy Lee dei Rush, anche se qualche giornalista al momento dell'uscita del disco azzarda a descriverlo come "la versione maschile di Edith Piaf". Lo stesso progressive dei Pavlov’s Dog, d'altro canto, si tinge di sinfonismo hard-rock e vibrazioni folk, evitando accuratamente le crisi virtuosistiche del genere. Proprio per la peculiarità della loro proposta sonora, sono in molti sul suolo americano a storcere il naso: dal produttore Todd Rundgren ("questa è la roba peggiore che abbia mai sentito"), passando per i Kiss e gli Aerosmith, che si rifiutano categoricamente di dividere il palco con la band.

Pampered Menial viene registrato nell'inverno del 1974 a New York e le fredde atmosfere della Grande Mela sembrano avvolgere il dittico di apertura formato da "Julia", un enfatico poema amoroso scalfito da piano, chitarra acustica e flauto e, soprattutto, “Late November”, che con la sua malinconica bipolarità definisce le coordinate del disco. La trascinante “Song Dance“, unico pezzo scritto da Mike Safron, viene invece avviata da mellotron e chitarra a completatare un quadretto in bilico tra il prog e il blues, ma sono la voce di Surkamp e l'intermezzo del violino di Carver a portare la melodia verso un livello superiore. C'è spazio anche per brani più propriamente Aor come gli ambienti del Far West di “Fast Gun” e il sensuale rock'n'roll di “Natchez Trace". Le buone impressioni sono confermate dalla passionale “Theme From Subway Sue“, un brano viscerale con la strumentazione al completo, in cui la voce di David crea un effetto speciale molto particolare quando entra in collisione con la chitarra spigolosa di Scorfina.
“Episode”, grazie allo spettacolare connubio tra piano, violino e voce, si rivela una power ballad piuttosto autorevole, mentre nella breve e strumentale “Preludin” (dal nome di un derivato dell’anfetamina) finalmente troviamo i motivi per cui quest’album viene spesso catalogato all'interno del progressive sinfonico. L’ultima traccia chiude l’album in bellezza: “Once And Future Kings“ inizia con una sezione di chitarra e voce, che devia improvvisamente in un conturbante duetto tra piano e violino. Alla fine Surkamp raggiunge altissimi intervalli, anche se le molte sezioni distinte in questa canzone forse mancano di transizioni adeguate.

Il disco vende molto nel Regno Unito, naturalmente più aperto alle sonorità prog. Dopo un buon esordio, il secondo album degli americani stravolge però la ricetta vincente della loro musica bipolare; questa, infatti, si fa molto meno dipendente dall’hard-rock e trova invece più ispirazione nel jazz. Le cause di questa improvvisa virata sono probabilmente da imputare al cambio di formazione: decisivo è, infatti, l’abbandono del talentuoso violinista Siegfried Carver, che non viene direttamente sostituito. Al suo posto, ad affiancare la band sopraggiunge invece un folto parterre di musicisti ospiti, tra i quali spiccano Thomas Nickeson (armonica), Michael Brecker (sax), Andy Mckay (sax) e, soprattutto, il batterista Bill Bruford, reduce dal successo di "Red" dei “nuovi” King Crimson. 

At The Sound Of The Bell (1976) continua così dove Pampered Menial ci aveva lasciato, seppur adagiandosi maggiormente all'interno della forma-canzone senza improvvisi sbalzi umorali, fino a rescindere quasi completamente ogni collegamento con il progressive britannico. 
Il titolo del disco (“al suono della campana”) è invece ancora un chiaro riferimento agli esperimenti di Pavlov con i cani, ma in copertina appare il modello Michael Mantel appeso alle campane e vestito come il Gobbo di Notre Dame.

At The Sound Of The Bell si apre con l’eterea "She Came Shining" una sofisticata love song tastieristica che ben ci fa capire come siamo molto lontani dai paesaggi vertiginosi del primo album. A conferma della rottura stilistica col passato, troviamo in seguito "Standing Here With You (Megan’s Song)" e "Mersey", entrambe quasi in stile Elton John, mentre l’ultimo latrato progressive-rock è quello di "Valkerie", grazie soprattutto alla sublime introduzione del mellotron.
In seguito, il rockabilly incontra il jazz per "Try To Hang On", che lascia poi il suo posto a un'altra buona ballata, "Gold Nuggets." Quello che manca è tuttavia il repentino cambiamento di umore che si può trovare in Pampered Menial, sostituito da un rock più aulico e compatto, derivante da un certo gusto per il jazz, come nel caso dell'orecchiabile "She Breaks Like A Morning Sky". Chiudono "Early Morning On" e "Did You See Him Cry", quest’ultima una delle tracce più significative del conio, con le sagaci transizioni ritmiche di Bill Bruford che conducono efficacemente all'interno delle diverse sezioni.

Il gruppo stava andando a rotoli e c'erano molte tensioni tra noi. Nella band tutti volevano scrivere musica ma nessuno era in grado di farlo!
(David Surkamp)

Alla fine degli anni Settanta, dopo appena due album la band si scioglie a causa della difficile coesistenza dei suoi membri. In un momento di pausa Surkamp incide la canzone "Ancient Ones" contenuta in "Dancers, Romancers, Dreamers & Schermers" (1976) di Michael Quatro. Al momento di registrare il terzo disco, la situazione è dunque già compromessa: il loro manager improvvisa addirittura uno studio di registrazione in una stanza d'albergo, dove trascina una band svogliata e senza stimoli. Frustrati, David Surkamp e Douglas Rayburn portano i nastri a New York e terminano il lavoro con i contributi di Elliot Randall e Jeff Baxter degli Steely Dan. L'etichetta tuttavia scarica il gruppo e si rifiuta di pubblicare quell'album, che vedrà legalmente la luce soltanto nel 2007 con l'ironico titolo Has Anyone Seen Sigfried?, riferito al violinista Siegfried Carver; si arriverà comunque ben al 2013 prima di ottenere una degna qualità del suono per questa release, ricavata dai nastri originali rinvenuti quell'anno. 

Noto con diversi nomi in altrettanti bootleg - tra cui in cd come Third e in vinile come St. Louis Hounds - il terzo album viene registrato nel 1977 quando i Pavlov's Dog reclutano il batterista Kirk Sarkisian rimanendo però senza il tastierista David Hamilton, che non viene sostituito. Proprio per un brano contenuto al suo interno ("Suicide"), alcune voci del periodo danno Surkamp per morto seppur il cantante sia invece a lavoro con l’ex-Fairport Convention Ian Matthews per un progetto denominato Hi-Fi, sospeso tra progressive, elettronica e folk. Surkamp cambia quindi vita e si trasferisce a Seattle, facendo anche da spalla con il suo nuovo gruppo ai Beach Boys. Lo scarso successo di pubblico e critica provoca però la disfatta anche di questa compagine dopo appena un Ep (Demonstration Record, 1981) e un long-playing (Mood For Mallards, 1982).

Prima di ricongiungersi a Surkamp, il batterista Mike Safron tenta una strada alternativa con i poco probabili Pavlov's Dog 2000, che rilasciano un unico rararissimo mini-cd nel 1995 (End Of The World) accostabile al sound dei Kansas. Poco dopo, il cantante dà invece il via alla sua carriera solista nel 2001 con Roaring With Light (registrato in Italia), che troverà un seguito nel 2007 in Dancing On The Edge Of A Teacup. In quegli anni i legami con il nostro Paese si fanno forti, tanto che incide anche un inaspettato duetto con Andrea Mirò (compagna di Enrico Ruggeri) nella cover di Nico "The Fairest Of The Seasons" , inclusa in "Lucidamente" (2001).

image5777751Nel mezzo di queste nuove esperienze, durante il 1990, i Pavlov's Dog si rianimano, anche se per un breve periodo. Esce quindi il quarto disco Lost In America, in cui ritroviamo - oltre ai veterani Surkamp e Rayburn - anche Scorfina, presente in due brani ("Lost In America", "As Lovers Do"). Il violino viene sostituito dal sax di Michele Isam, che però non aggiunge nulla alla struttura delle canzoni, accostabili più a un canonico Aor che al progressive.
Passeranno vent'anni esatti prima che la band, sull'onda dell'entusiasmo dopo una serie di concerti a sfondo benefico, riesca a sfiorare il suono strabiliante degli esordi con Echo & Boo (2010), seppur con una formazione completamente rimaneggiata, ad eccezione del ritorno di Safron. Attivi ancora oggi, i nuovi Pavlov's Dog sono composti da musicisti giovani come Bill Franco (chitarra elettrica), Nick Schlueter (piano), Abbie Hainz (violino), Rick Steiling (basso) e la figlia Saylor Surkamp (cori), che vengono guidati da David Surkamp e sua moglie Sara. Una scelta per certi versi dovuta - Carver muore infatti nel 2009 e Rayburn lo seguirà nel 2012 - ma che si rivela tuttavia assai felice. Il disco contiene infatti brani di indubbio spessore come "I Don't Need Magic Anymore", non mancando neanche di qualche tiepida incursione nella drone music ("We Walk Alone Forever"). Già l'opener "Angeline" sembra riportare i fan agli antichi fasti di "Julia", mentre c'è spazio anche per una avvincente suite ("The Death Of North American Industry Suite") da cui si intuisce come il riflesso condizionato dei cani di Pavlov risponda ancora bene agli stimoli del prog.

Nel 2018 David Surkamp e soci ritornano con Prodigal Dreamer, album che sin dalla copertina si collega idealmente a Pampered Menial. Ai coniugi Surkamp si affianca una nuova line-up: David Malachowski (chitarra elettrica), Abbie Steiling (violino), Rick Steiling (basso), Mark Maher (tastiere), Paul Hennerich (tromba) e Robert Marstiller (batteria, percussioni). Il risultato sono tredici brani in cui, come per il primo album, il violino ritorna protagonista. La voce di David resiste bene ai danni del tempo, palesando la sua età anagrafica solo quando raggiunge le note più alte. Registrato in presa diretta, il nuovo disco dei Pavlov's Dog accantona l'energico prog per atmosfere eteree e delicate, a volte più etniche ("Easter Day"), altre persino ai confini con il reggae-rock ("Thrill Of It All"), il tutto all'insegna di una raffinatezza d'altri tempi.

Pavlov's Dog

Discografia

PAVLOV'S DOG
Pampered Menial (Abc, 1975)
At The Sound Of The Bell (Cbs, 1976)
Lost In America (TelectrO Records, 1990)
Has Anyone Here Seen Sigfried?(Rockville Music, 2007)
Echo & Boo(Rockville Music, 2010)
Live And Unleashed(live, Rockville Music, 2010)
The Pekin Tapes (Rockville Music, 2014)
House Broken (live, Rockville Music, 2016)
Prodigal Dreamer(Rockville Music, 2018)
PAVLOV'S DOG 2000
End Of The World (Kanned Goose Records, 1995)
HI-FI
Demonstration Record Ep(SP&S Records, 1981)
Moods For Mallards(First America, 1982)
DAVID SURKAMP
Roaring With Light(autoprodotto, 2001)
Dancing On The Edge Of A Teacup (Rockville Music, 2007)
Pietra miliare
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