"Sono il musicista migliore del 99% della scena attuale". È il 1986, fa caldo, anche perché è luglio, e nelle edicole, pronte a chiudere bottega per la pausa estiva, fanno come al solito bella mostra le riviste musicali.
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Le mille vite di Joe Jackson - tra swing cool-pop e post-punk
Al loro interno, tra regine morte, carezze invisibili e marpione e madonne in versione fashion blue, appare il viso burbero, scontroso eppure dolce, e profondamente britannico di un signore che afferma senza mezzi termini di essere il migliore, e forse anche di vergognarsi di far parte di un carrozzone pop che dice di non rispettare.
Solite manfrine che fanno rima con propaganda, promozione, lancio pubblicitario, competizione. Ma lui è
Joe Jackson, il tipo che ha scritto alcune del rime meglio riuscite del post-punk britannico, che poi ha virato verso lo
swing, che ha celebrato New York, che per primo ha dichiarato morto il rock, che ha eliminato dai solchi la chitarra, per poi riaccoglierla, che ha appena realizzato un album registrato dal vivo, mixato in presa diretta, con canzoni inedite e con il pubblico in silenzio. Il tutto in 8 anni.
La critica lo rispetta e lo esalta, i colleghi lo temono, gli appassionati non sanno che pesci prendere. Ben 34 anni dopo, molte cose sono cambiate, ma intanto Joe il polemico Jackson si rifà vivo, con un album, con un giro di concerti che arrivano anche in Italia.
Marco e Davide, da sempre affezionati alle peripezie girovaghe del Nostro, preparano la sua discesa in terra italica e, valigia in mano, partono anche loro in giro per il Big World. Preparate i passaporti, si vola.
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