The Dark Side of K-pop

Qualcosa non va nello showbiz sudcoreano

L'industria dello spettacolo in Corea del Sud è forse la più tossica del pianeta, perlomeno fra le nazioni in cui vige un regime democratico. L'affermazione può sembrare perentoria e solitamente è bene diffidare da simili toni assolutistici quando si analizza un fenomeno artistico: nel caso specifico ci sono però tante di quelle evidenze al riguardo, come si vedrà di seguito, da giustificarne l'utilizzo.

La Corea del Sud e il Giappone

Il vicino Giappone ha esercitato una forte influenza culturale sulla Corea sin dal 1910, quando la occupò militarmente. Il dominio durò fino al 1945, poi nel 1953, in seguito all'ottenuta indipendenza e alla divisione definitiva fra Corea del Nord e Corea del Sud, la prima si trasformò di fatto in un paese bunker, espellendo qualsiasi ingerenza ritenuta non in linea con la dottrina di Kim Il Sung, mentre la seconda divenne una dittatura di destra con forti ingerenze occidentali e mantenne i contatti culturali col Giappone.
Questi contatti sono evidenti sia nella musica, sia nel mondo della radiotelevisione. Basti pensare che i K-drama, ossia le serie coreane oggi esportate con successo in tutto il mondo, nacquero in origine come format radiofonico nel 1927, durante l'occupazione giapponese e seguendo i modelli utilizzati dalla nazione occupante, e anche quando nel 1962 sbarcarono sul piccolo schermo, le serie giapponesi rimasero il punto di riferimento (e almeno in parte, lo rimangono ancora oggi).
Per quanto riguarda la musica, il trot, ossia la più vecchia forma di musica popolare coreana che vanti ancora oggi un'esposizione mainstream, è nei fatti una derivazione del ryuukouka giapponese, benché nel corso del tempo abbia assunto una forte specificità, così come gli idol che hanno dominato la scena sudcoreana dal 1992, anno del debutto e dell'esplosione commerciale di Seo Taiji, non sono che la trasposizione locale degli idol in voga in Giappone sin dagli anni Settanta.

Non traggano quindi in inganno le occasionali schermaglie fra le due nazioni per quanto riguarda le proprie relazioni diplomatiche: i due stati sono in realtà allineati da numerosi punti di vista (si veda l'aderenza agli Stati Uniti in funzione anticinese) e le rispettive industrie dello spettacolo continuano a guardare l'una all'altra, anche se magari meno a senso unico rispetto a un tempo, tanto che oggi le innovazioni provengono anche dalla Corea. Il successo mondiale del K-pop, a partire dagli anni 2010, rappresenta per esempio un modello di esportabilità che il Giappone non è mai riuscito a sviluppare all'infuori dell'Asia orientale – ovviamente, uscendo dalla musica la situazione è piuttosto differente: nei campi di videogiochi e animazione il Giappone rimane una forza dominante.

Questo articolo punta l'attenzione proprio sul K-pop e i relativi idol, perché rappresentano una delle due fasce più colpite dai meccanismi oppressivi dell'industria dello spettacolo sudcoreana (l'altra sono gli attori, a cui è comunque dedicata un'appendice).
La disumanizzazione degli idol non è in realtà un'esclusiva sudcoreana, ma una caratteristica tipica del settore anche in Giappone: è in Giappone che sono emersi i primi casi di stress da prestazione e di reazione negativa da parte del pubblico a notizie riguardanti la vita privata degli idol (si pensi alla carriera di Akina Nakamori, il cui dominio commerciale della scena locale fu stroncato dal suo tentativo di suicidio nel 1989, senza che l'opinione pubblica mostrasse alcuna empatia), è il Giappone che ha reso possibili sistemi in cui le figure di potere abusano della propria posizione (è di recente emerso che Johnny Kitagawa, fondatore della potentissima agenzia Johnny & Associates, ha molestato centinaia di ragazzi che sono passati sotto il suo controllo nel corso dei decenni), così come è in Giappone che è stato ideato quel tipo di contratti svantaggiosi per gli artisti, che si ritrovano di fatto a non avere alcun controllo non solo sul proprio operato, ma neanche sulla propria persona, venendo costretti a seguire direttive su come vestirsi, cosa dichiarare pubblicamente e chi frequentare, spesso col divieto di intraprendere qualsivoglia relazione sentimentale (quest'ultimo ha lo scopo di mantenere la figura dell'idol casta e desiderabile sessualmente dal proprio pubblico, nel trionfo della sua oggettificazione).

Tutte queste strategie sono state importate nel mercato sudcoreano, che le ha però estremizzate, arrivando a sfiorare vere e proprie forme di schiavitù. È ironico pensare che il mondo degli idol in Corea sia iniziato col già citato Seo Taiji, artista che ha sempre mantenuto la gestione della propria immagine e della propria musica (scrivendo e suonando i propri dischi quasi interamente da solo), perché quasi tutti quelli che lo hanno seguito si sono di fatto rivelati poco più che marionette, rappresentando quindi la totale negazione della sua figura di artista in pieno controllo di se stesso.
Tuttavia, di un elemento già Taiji fu vittima: l'incredibile pressione da parte del proprio pubblico, in particolare femminile, letteralmente ossessionato dalla sua figura, al punto da arrivare allo stalking, cosa che porterà l'artista di lì a breve a emigrare negli Stati Uniti, tornando in Corea soltanto per i progetti lavorativi. Gli eccellenti K-drama "Reply 1997" (tvN, 2012) e "Reply 1994" (tvN, 2013) mostrano in parte questo fenomeno (il secondo ha fra i protagonisti proprio una fan di Taiji).

Un vocabolario

Dai tempi di Taiji il fenomeno degli idol coreani si è sviluppato e cristallizzato, tramite una serie di dinamiche specifiche, diverse delle quali tanto presenti da aver assunto nomi propri. Di seguito i termini più ricorrenti.

Sasaeng
Tipologia di fan – perlopiù femminili – che appunto arrivano a invadere la privacy dei propri idoli. Se la conseguenza più ovvia è la molestia fisica (spesso si cerca di arrivare al contatto con l'idol in un luogo appartato, tramite appostamenti), ci sono ripercussioni inaspettate e a dir poco sorprendenti per il loro livello di maniacalità e sofisticatezza, come per esempio la creazione di un vero mercato nero delle informazioni, in cui le sasaeng si scambiano e vendono notizie sulla vita privata e gli spostamenti degli idol (alcune di loro si sono arricchite in questo modo, così come per contro altre si sono rovinate, arrivando a interrompere gli studi scolastici pur di poter inseguire i propri beniamini o a prostituirsi pur di avere i soldi necessari per comprare le informazioni).

Anti-fan
All'opposto delle sasaeng, ci sono gli anti-fan (questa volta distribuiti più equamente fra i due sessi), che sono invero diffusi anche in Occidente, ma come fenomeno di nicchia, laddove in Corea assumono dimensioni importanti e sono oggetto di discussione pubblica. Se le sasaeng partono da un apprezzamento per l'idol, pur sfociando in un comportamento aggressivo e patologico, gli anti-fan partono dall'odio per gli stessi. Ritenendo che l'idol di riferimento non abbia talento e non meriti il successo che sta raccogliendo, gli anti-fan operano spesso in Rete, tramite forum e chat in cui si accordano per creare campagne diffamatorie contro i propri bersagli, riuscendo talvolta a creare polveroni che arrivano ad avere eco nazionale e impattano in maniera fortemente negativa sulla salute mentale degli idol. Si tratta in sostanza di vero e proprio cyberbullismo organizzato, che sporadicamente può spingersi fino all'aggressione fisica (nel 2006 Yunho dei Tvxq ha subito un tentativo di avvelenamento). Può capitare che una sasaeng delusa si trasformi in anti-fan.

Trainee e Noye gyeyag
Nella sistematizzazione dell'apparato che regola la vita degli idol coreani, il punto di svolta si è avuto alla fine degli anni Novanta, quando la Sm Entertainment (una delle più potenti agenzie dell'intrattenimento locale) ha ideato il noye gyeyag, spesso indicato con la traduzione inglese: come slave contract. È una tipologia di contratto tramite cui il soggetto che mira a diventare idol si impegna a seguire le direttive della propria agenzia o della casa discografica per un periodo molto lungo (un tempo addirittura fino ai tredici anni, mentre dal 2010, per legge, il limite massimo è di sette anni). In questo periodo gli aspiranti idol vengono indicati come trainee e sono costretti a vivere in dormitori insieme ai propri colleghi, seguendo allenamenti sfiancanti di canto e ballo, diete ferree allo scopo di mantenere una corporatura filiforme e vestendo esclusivamente capi forniti dall'agenzia.
Per la maggior parte, questo lunghissimo apprendistato non è spesato dall'agenzia: al trainee viene infatti richiesto di ripagare tutti i costi, tanto che solitamente si prospettano due strade innanzi a loro. La prima è lavorare part-time di giorno per poi seguire i corsi la sera, con uno stile di vita massacrante che di fatto annulla qualsiasi momento per il tempo libero e addirittura per il sonno (i trainee che lavorano arrivano a dormire poche ore a notte, con forti ripercussioni sulla salute fisica e mentale). L'altra opzione è di indebitarsi con l'agenzia, arrivando a passivi tanto onerosi che poi, quando finalmente al termine del percorso si viene selezionati come idol, si è costretti a lavorare i primi anni nell'industria dello spettacolo per ripagare i propri debiti.
Bisogna considerare tuttavia che l'assunzione come idol al termine del percorso non è affatto garantita: l'agenzia potrebbe anche decidere di scartare il trainee, in quanto non ritenuto all'altezza, nel qual caso il soggetto in questione si ritroverebbe con un pugno di mosche.

Salute fisica

Non sono rari i video che riportano casi di svenimento subito dopo un'esibizione, sia da parte dei trainee, sia da parte di idol già affermati. I video sono spesso girati senza il consenso degli artisti e rappresentano di fatto una violazione della privacy, ma se non altro hanno un effetto collaterale positivo, ossia aiutano l'opinione pubblica a prendere consapevolezza dei carichi di lavoro a cui sono sottoposti i ragazzi che fanno parte di quel mondo.

Salute mentale

Oltre a tutte le problematiche sopra elencate, la salute mentale rappresenta un aspetto molto sottovalutato. Agli idol che soffrono per le pressioni interne (il controllo delle agenzie) ed esterne (stalking, cyberbullismo ecc.) viene offerto pochissimo sostegno e il dibattito pubblico mostra che una parte della popolazione è molto ostile alla discussione dell'argomento (anche perché affrontarlo implicherebbe ammettere una corresponsabilità, in quanto esercitatori di quelle pressioni che a lungo andare deteriorano la salute degli idol). Sono spesso sufficienti la schiacciante, insistente richiesta di prestazioni perfette e il senso di isolamento che deriva dall'impossibilità di parlarne con qualcuno, per far degenerare la situazione.
Molti idol sviluppano gravi forme di depressione anche senza aver mai subito attacchi specifici alla propria persona: basta essere immersi in quel costante clima di negatività, costretti a vivere sull'allerta per anni.
Ha probabilmente il suo peso anche la componente della repressione sessuale, con i soggetti non solo obbligati alla castità, ma anche a mentire sul proprio orientamento: è ben nota l'elevata percentuale di idol omosessuali, terrorizzati dall'eventualità di un outing al punto che non se ne rintraccia neanche uno dichiarato fra i nomi di punta della scena (la Corea del Sud è un paese fortemente omofobico, da questo punto di vista messo molto peggio del Giappone).

I suicidi

A seguito di lunghi periodi di depressione affrontati senza un sostegno opportuno, quando non direttamente vittime di violenti attacchi da parte dell'opinione pubblica, spesso mediante cyberbullismo, molti idol si sono tolti la vita, con una frequenza che è diventata allarmante a partire dalla metà degli anni 2010. Sono di seguito ripercorsi i casi più noti.

U;Nee (2007)
Al secolo Lee Hye-ryeon, nata nel 1981. Inizia come attrice nella seconda metà degli anni Novanta, interpretando principalmente personaggi negativi. Questo causa reazioni ostili da parte del pubblico, che dopo un po' inizia a identificarla con i personaggi che interpreta, tanto da spingerla a chiudere la carriera come attrice. All'inizio dei Duemila prova a riciclarsi come cantante: le cose non vanno meglio e in Rete le piovono addosso critiche per ogni motivo possibile, dal vestiario troppo sexy alla chirurgia plastica, passando per presunte scarse capacità canore. Il colpo più grande arriva però da un'altra celebrità, il personaggio televisivo Lee Kyung-kyu, che la indica come esempio di ciò che non vorrebbe sua figlia diventasse.
Persona molto timida e sensibile, a dispetto dell'essere stata sotto i riflettori sin da giovane, U;Nee inizia così a soffrire di depressione e nel corso degli anni la cosa non fa che peggiorare, fino a che la ragazza decide di impiccarsi il 21 gennaio 2007. Al suo funerale non parteciperanno che pochi colleghi: a causa della negatività che la circondava, l'artista era infatti stata isolata da molti nel mondo dello spettacolo. Il rapper Kim Jin-Pyo criticherà la scarsa presenza di colleghi dell'industria musicale all'evento e il pubblico gli darà ragione, scatenando campagne di insulti verso diversi cantanti che l'avevano disertato. Forse tanto supporto sarebbe stato più utile quando la ragazza era ancora in vita.

Ahn So-jin (2015)
Nata nel 1992, è stata una trainee per la Dsp Media a partire dal 2009, lavorando part-time di giorno per mantenersi e allenandosi la sera. Nel 2014 partecipò al reality show "Kara Project", che avrebbe dovuto selezionare un nuovo membro per il girl group Kara, ma non riuscì a vincere. Le ragazze scartate avrebbero poi potuto riciclarsi in un progetto collaterale chiamato Baby Kara, ma lei fu l'unica a cui non venne data questa possibilità: la Dsp le terminò il contratto all'inizio del 2015, probabilmente a causa della sua età (quasi ventitré anni), ormai ritenuta troppo elevata per debuttare in un girl group. La decisione dell'agenzia, giunta dopo un allenamento durissimo di cinque anni, la spinse prima in depressione e poi al suicidio, avvenuto il 24 febbraio 2015, quando si gettò dal decimo piano di un edificio.

Jonghyun (2017)
Al secolo Kim Jong-hyun, è stato un membro della popolare boy band Shinee. Si è ucciso il 18 dicembre 2017, all'età di ventisette anni, intossicandosi con bricchette di carbone. Non c'è stato un singolo evento scatenante nel suo caso, quanto piuttosto una depressione durata anni, a cui le generiche condizioni dell'industria dello spettacolo sudcoreano hanno probabilmente dato man forte. È peraltro noto che altri due membri degli Shinee, ossia Taemin e Onew, soffrano o abbiano sofferto per problemi di salute mentale.

Sulli e Goo Hara (2019)
Choi Jin-ri, in arte Sulli, è attrice sin da bambina e nel 2009, all'età di quindici anni, entra a far parte del girl group f(x), che ottiene notevole successo durante il successivo lustro. Nel 2015 si distacca dalla band per concentrarsi sulla carriera da attrice. Da quel momento il suo personaggio inizia a venire fortemente criticato in Rete a causa della presunta eccentricità, del suo impegno femminista (in particolare, essersi esposta a favore dell'aborto, che rimane illegale in Corea del Sud) e del rifiuto delle convenzioni sociali fortemente conservatrici nella società sudcoreana. Il 14 ottobre 2019 si toglie la vita impiccandosi. È stato in seguito reso noto che il cyberbullismo era pesantemente sofferto dall'artista, che ha più volte chiesto alla propria agenzia, la Sm Entertainment, di proteggerla in tal senso, senza successo.
La sua vicenda è legata a doppio filo a quella di una delle sue amiche più strette, Goo Hara, anche lei cantante (membro del girl group Kara) e attrice. Il suo corpo è stato ritrovato senza vita il 24 novembre 2019, con vicino una nota d'addio. Fra le cause che l'hanno spinta al suicidio, la concomitanza di più fattori, su tutti: la morte di Sulli, che ne ha aggravato la depressione; i problemi con il suo ex-fidanzato, il parrucchiere Choi Jong-Bum, che oltre ad averla percossa in passato, dopo la fine della relazione l'ha minacciata di rendere pubblico un suo video a sfondo sessuale; il violento cyberbullismo che è emerso in seguito alla notizia dell'esistenza di tale video, che peraltro non è mai circolato pubblicamente (è bastato sapere che esistesse per rendere Goo oggetto di una campagna d'odio, nonostante fosse la vittima di un ricatto).
Entrambi i suicidi hanno avuto forti ripercussioni a livello pubblico e hanno generato delle campagne che sono poi sfociate in due proposte di legge: il Sulli Act, che mirava a pene più pesanti contro il cyberbullismo, ma si è purtroppo arenato durante l'iter parlamentare, e il Goo Hara Act, che è invece riuscito a entrare in vigore, vietando ai genitori inadempienti di poter ereditare i beni dei figli. Quest'ultimo è stato creato in reazione al fatto che la madre di Goo, allontanatasi dalla figlia da molti anni, ha richiesto alla famiglia metà dell'eredità.

Yohan (2020)
È il caso di cui si conosce di meno. Era membro della boy band di modesto successo Tst ed è stato trovato morto il 16 giugno 2020, all'età di ventotto anni. La famiglia è riuscita a far mantenere il più totale riserbo e ufficialmente il motivo della morte non è mai stato rivelato. Tuttavia, il ragazzo era in perfetta salute fisica e non risultano notizie di aggressioni nei suoi confronti, per cui non è che rimangano molte altre ipotesi al vaglio.

Haesoo, Moon Bin e Nahee (2023)
Il 2023 è stato l'annus horribilis dell'industria dello spettacolo sudcoreana, con una serie impressionante di suicidi. Per il mondo della musica le dinamiche sono tuttavia state diverse rispetto a quelli di cui sopra, con le famiglie che sono riuscite a far trapelare il meno possibile. Si inizia forse a delineare la necessità di concedere il meno possibile ai media, che sono del resto parte integrante del sistema di pressioni che genera questi risultati.
La cantante di trot Kim Ara, in arte Haesoo, è stata trovata morta in una stanza d'albergo il 12 maggio. Si sa solo che ha lasciato una nota d'addio all'interno della stanza. Aveva ventinove anni.
Moon Bin, membro della boy band Astro e apprezzato attore, è stato trovato morto in casa il 19 aprile, all'età di venticinque anni. Non ha lasciato biglietti, ma stando alla polizia si è trattato molto probabilmente di suicidio (o almeno, questa era l'ipotesi prima delle relative indagini al riguardo, dopodiché non si sono avute ulteriori notizie).
La cantante r&b indipendente Im Na-hee, in arte semplicemente Nahee, è stata trovata morta l'8 novembre, all'età di ventiquattro anni. Non sono noti altri particolari, ma il produttore nonché compagno Kim Youngwoong (in arte Lazy) ha confermato che soffriva da tempo di depressione.

Choi Sung-bong (2023)
Diverso il caso che ha riguardato Choi sung-bong, tenore dedito al crossover fra pop e musica classica, diventato famoso nel 2011 dopo essere arrivato secondo nella prima edizione di "Korea's Got Talent". Da quel momento ha pubblicato una fortunata autobiografia, in cui ha descritto l'infanzia passata in povertà estrema, e soprattutto è riuscito, almeno per un po', a vivere di musica. L'attenzione è andata però spegnendosi nel giro di qualche anno e questo l'ha spinto a escogitare una truffa ai danni del pubblico: nel gennaio del 2021 ha così dichiarato di essere malato di tumore, allo scopo di raccogliere i fondi per un ultimo album.
L'inganno si è rivelato tale nel giro di poco, tanto da spingerlo a una confessione pubblica quello stesso ottobre, ponendo di fatto una pietra tombale sulla sua carriera. Il 20 giugno del 2023 l'artista è stato ritrovato senza vita nella sua casa di Seul, all'età di trentatré anni: poco prima di togliersi la vita ha pubblicato una nota su YouTube informando il pubblico di aver speso l'ultimo paio d'anni a rimborsare tutte le persone che era riuscito a rintracciare e chiedendo scusa per i suoi errori.
Il giudizio su di lui rimane diviso: c'è chi non è disposto a perdonargli quanto ha fatto, ma anche chi è meno duro e fa notare come possa essersi sentito un ragazzo che è vissuto in povertà (in alcuni periodi addirittura in strada) per i primi ventuno anni della sua vita, nel momento in cui si stava vedendo sfuggire di mano quel poco che era riuscito a conquistare. Il gesto rimane certamente da condannare, ma chi l'ha compiuto forse qualche attenuante poteva vantarla, e anche qualora si ritenga di no, certamente non meritava di fare la fine che ha fatto.
La sua storia è peraltro simbolo di una fascia poco considerata della società sudcoreana, se non altro nel mondo tutto brillantini del K-pop, ossia quella al di sotto della soglia di povertà, che vive di espedienti, che lavora fino a età in cui in altri paesi si inizia a pensare alla casa di riposo, che talvolta per sopravvivere si appoggia alla criminalità organizzata eccetera. Impressionante pensare come fosse riuscito a venir fuori da un simile incubo in maniera tanto rapida, solo per finire nel tritacarne dell'industria dello spettacolo, situato esattamente all'estremo opposto dello spettro sociale rispetto alla sua provenienza, ma non per questo meno spietato.

Gli attori

L'articolo in questione non mira ovviamente a demonizzare il K-pop, che a livello musicale può essere interessante o meno (le cose migliori vengono a ogni modo prodotte nei rari casi in cui gli artisti hanno controllo sul proprio operato), quanto semmai a puntare il dito sulla sua struttura gerarchica e sul sistema che lo ha generato, sistema che in realà è capillare e riguarda anche altri ambiti.
La Corea del Sud è un paese molto avanzato a livello tecnologico, ma anche molto arretrato dal punto di vista dei costumi sociali, e la combinazione di questi due fattori risulta spesso incendiaria. Come accennato nell'introduzione, un'altra categoria che sconta con particolare durezza questa condizione è quella degli attori.
Nel loro caso non si pretende la castità sessuale (a meno che non siano anche idol, cosa che avviene sempre più spesso), ma devono comunque essere irreprensibili. Se si scopre che un attore tradisce il proprio partner, il contraccolpo sulla sua carriera è inevitabile. Questo avviene a onor del vero anche in Giappone, ma in Corea del Sud il fenomeno si spinge oltre, coinvolgendo ogni singolo aspetto della vita dell'attore: sono sufficienti una dichiarazione innocente travisata, un riferimento di troppo alla cultura di un paese considerato ostile (magari un simbolo dipinto sul vestito, di cui l'artista non si è neanche accorto), un aspetto troppo eccentrico, per finire nell'occhio del ciclone. La scoperta di un eventuale consumo di droga implica sostanzialmente la fine della carriera (come è accaduto a Yoo Ah-in, peraltro uno dei migliori attori della nazione, che si è ritrovato senza lavoro, oltre a dover scontare un anno di detenzione).

Di seguito, un elenco tristemente corposo di tutti gli attori più noti che si sono tolti la vita negli ultimi vent'anni: Lee Eun-ju (2005, ventiquattro anni), Jeong Da-bin (2007, ventisei anni), Choi Jin-sil (2008, quarant'anni), Jang Ja-yeon (2009, 29 anni, morta nel 2009), Park Yong-ha (2010, trentadue anni, anche cantante), Jeon Tae-su (2018, trentaquattro anni), Jo Min-ki (2018, cinquantadue anni), Jeon Mi-seon (2019, quarantanove anni), Cha In-na (2019, ventisette anni), Oh In-hye (2020, trentasei anni), Park Ji-sun (2020, trentacinque anni), Song Yoo-jung (2021, ventisei anni), Jo Hana (2021, ventitré anni), Yoo Ju-eun (2022, ventisette anni), Kim Mi-soo (2022, ventinove anni, cause ufficialmente ignote, ma con forte sospetto di suicidio), Jung Chae-yull (2023, ventisei anni), Lee Ji-soo (2023, trent'anni) e Lee Sun-kyun (2023, quarantott'anni). Quest'ultimo era uno dei protagonisti di "Parasite": neanche la notorietà internazionale ha potuto schermarlo dallo scandalo che l'ha travolto, senza che avesse alcuna particolare colpa. Gli verrà dedicato quanto prima un articolo per OndaCinema.

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