Tanita Tikaram

The Wea/ East West Albums 1988-1995

Tanita Tikaram
"The WEA / East West Albums 1988 - 1995"
(5 cd, Cherry Red Records, 2024)

Che annata, il 1988. Senza considerare l'onda lunga del secondo album di Suzanne Vega "Solitude Standing", pubblicato nel 1987, e del coevo debutto di Sinéad O'Connor "The Lion And The Cobra", è stato infatti l'anno di "Shadowland" di k.d. lang, di "Shooting Rubberbands At The Stars" di Edie Brickell and the New Bohemians (chi non ricorda "What I Am"?) ma anche di "Union" di Toni Childs (con la hit "Don't Walk Away") e di "Short Sharp Shocked" della barricadera Michelle Shocked.
Tuttavia, le due cantautrici che davvero avrebbero sbancato nel mainstream con cifre importanti, capaci di entrare nelle case e negli impianti stereo più impensati, dallo studente di filosofia alla casalinga di Voghera, sono state entrambe assi nella manica di casa Warner: la statunitense Tracy Chapman con il clamoroso primo disco omonimo e Tanita Tikaram, una timida, imbronciata ragazza dal fascino esotico nata a Munst (in Germania) ma cresciuta in Inghilterra, a Basingstoke, con la sua opera prima "Ancient Heart". Entrambe dotate di voci profonde, quasi maschili, riconoscibili all'istante, di uno stile intimista lontano dagli steroidi del synth-pop del decennio e di un talento compositivo che andava dritto al punto - con canzoni che parlano di vita, con una visione peculiare dell'amore, intrise di domande esistenziali - sono state fortunatissime in quel 1988 (e l'anno dopo, dedicato alla promozione e ai concerti).

ancient_heart_600Tanita è stata il classico fulmine a ciel sereno che nessuno stava aspettando, ma che riuscì a conquistare il cuore e le orecchie di molti (le vendite combinate di "Ancient Heart" e del successore "The Sweet Keeper" sfiorano i sei milioni di esemplari smerciati) anche grazie a una capillare promozione, che in Italia ha incluso anche il Festival di Sanremo - ospite internazionale di tre consecutive edizioni, nel 1989 al PalaBarilla con "Twist In My Sobriety" poco dopo l'esecuzione di "Esatto" di Francesco Salvi (che tempi!), nel 1990 a Sanremo International con "We Almost Got It Together" fresca di pubblicazione e l'anno successivo con "Only The Ones We Love" - e il Festivalbar (nel 1989, all'Arena di Verona, eseguì in playback "Good Tradition" e "Twist in My Sobriety" e le venne consegnato da Gerry Scotti il disco di platino per le 200.000 copie vendute nel nostro paese in meno di un anno, ma partecipò anche l'anno dopo con "Sunset's Arrived"). Segno anche di quanto fossero diversi, allora, i programmi generalisti dedicati alla musica e le grandi kermesse, attente ai nomi per teenager (Rick Astley, Nick Kamen), alla canzone melodica e ai ritornelli da ombrellone, ma capaci al tempo stesso di lanciare quel nome un po' più complesso, raffinato e particolare della media (ricordiamo Peter Hammill ospite di Discoring con "Just Good Friends" nel 1984, ma anche Bjork presentata sul palco del Festivalbar da Vittorio Salvetti. Rem e Seal ospiti di Maurizio Seymandi...).
Voce quasi baritonale, testi criptici e intrisi di riferimenti letterari, da Charles Dickens a Virginia Woolf, uno stile musicale che - a parte qualche veniale tastierina che tradisce le rughe dell'età - è stato capace di mantenere intatto il proprio fascino e a creare atmosfere sognanti, per quanto cupe (e a detta dei detrattori, che non erano pochi nemmeno allora, depresse) fino a quando qualcosa è andato definitivamente storto e ha relegato l'oggi 55enne cantautrice allo status di artista di culto.

L'arrivo del cofanetto "The Wea/ East West Albums 1988-1995" è un'occasione d'oro per rivisitare i primi sette anni della carriera della Tikaram con uno spirito critico, andando a colmare lacune e rivalutando dischi passati più in sordina. E ci invita a studiare un fenomeno non certo singolare nella storia del music business - in seguito qualcosa di molto simile è accaduto a David Gray, campione di incassi con "White Ladder" e poi via via dimenticato dai network, e a Dido, che passò dai dieci milioni di copie di "Life For Rent" a poco più di un milione di "Safe Trip Home": il pubblico è capriccioso e ti abbandona, sia se fai dischi troppo simili uno all'altro sia se ti allontani troppo dallo stile che ti contraddistingue nell'immaginario collettivo (e Tanita in pochi anni è stata capace di compiere entrambi i peccati capitali) - ma che nel suo caso lascia un retrogusto particolarmente amaro in bocca.

The Last Temptation of ElvisSì, perché facendo i conti della serva, in soli due anni la cantautrice è passata dall'avere un secondo album al terzo posto in classifica in Inghilterra al pubblicarne un quarto che non vide la Uk Chart neanche col binocolo. Parliamo non di un'artista di nicchia che incideva per un'etichetta indipendente ma di una divenuta "big" in pochissimo tempo, con un'attività discografica (forse un po' troppo) frenetica e con collaborazioni di lusso - oltre a "The Sweet Keeper", il 1990 è stato l'anno della sua partecipazione all'omonimo album di Mark Isham con "I Never Will Know" e "Blue Moon", e della sua cover di "Loving You" del King of Rock per il disco tributo di Nme "The Last Temptation Of Elvis" (e se osservate la copertina, Tanita Tikaram non ha solo il proprio nome scritto a chiare lettere ma è raffigurata accanto a Paul McCartney e Bruce Springsteen!). E sempre in quel 1990 ci fu in patria persino un'imitazione da parte del duo French and Saunders, che ne evidenzia alcuni tic (il broncio costante, l'abitudine di chiudere gli occhi mentre canta in pubblico accompagnata dalla sua chitarra e la difficoltà a spiegare il significato dei propri testi).

Cherry Red ormai è una garanzia quando si parla di box set dedicati ad artisti e gruppi anche con un'esigua, ma solida nicchia di estimatori che non hanno avuto nel tempo operazioni di rispolvero del catalogo in grande stile - tra le più recenti emissioni discografiche ricordiamo quelle dedicate ai Kissing The Pink e ai Dream Academy, che pur vantarono la produzione di un gigante come David Gilmour. Non che i nomi di peso manchino in questo cofanetto di Tikaram, anzi. È ammirevole che già al debutto una ragazza di diciannove anni, che dopo aver concluso la scuola si apprestava a una carriera di venditrice di spazi pubblicitari, avesse al proprio servizio Rod Argent degli Zombies, il turnista Peter Van Hooke noto per la sua affiliazione a Van Morrison e Mike and the Mechanics, il già menzionato Mark Isham, Marc Ribot che Tanita aveva apprezzato in "Rain Dogs" di Tom Waits e la violinista Helen O'Hara con un passato nei Dexys Midnight Runners.
I cinque album da "Ancient Heart" a "Lovers In The City" sono stati rimasterizzati da Simon Murphy, che non ha alterato più di tanto il sound originale rendendolo giusto più "pieno" ed equilibrato in dischi come "Everybody's Angel" ed "Eleven Kinds Of Loneliness"; trattandosi di opere realizzate con contenuti ottenuti su licenza da altre etichette, spesso è facile inciampare in canzoni estrapolate da fonti discutibili (qualcuno ricorderà lo scandalo delle ristampe di Robert Palmer realizzate partendo da file Mp3, o riversamenti raffazzonati da dischi in vinile scricchiolanti per le bonus track) ma in questo caso il lavoro svolto è stato egregio.

Non solo Warner e Cherry Red hanno fatto bene i compiti, ma il libretto contiene un track-by-track di Tanita stessa, che racconta ricordi, emozioni e bacchetta severamente intemperanze giovanili e scelte stilistiche che non si sono rivelate azzeccate (il testo troppo involuto, la performance vocale "marmite-y", la musica occasionalmente meno ispirata). Il tutto poi è accessibile a un prezzo non economicissimo ma neppure troppo esoso, il che permette anche al curioso, e non solo all'adepto che da tempo aspettava una tirata a lucido del catalogo, di approcciarvisi e riprendere l'ascolto da dove lo aveva interrotto (nella stragrande maggioranza dei casi dopo i fortunati "Ancient Heart" e "The Sweet Keeper"). I cinque cd sono all'interno di bustine di cartone, e il box esterno è elegante e sufficientemente robusto - al contrario di certe operazioni economiche delle major di dieci-vent'anni fa, che spesso riproponevano gli album senza bonus track e nelle edizioni pre-remaster.

Dicevamo: un'occasione d'oro per riscoprire una carriera caduta nel dimenticatoio troppo in fretta. "Ancient Heart" è stato l'unico album di Tanita Tikaram ad aver visto una riedizione recente, nel 2018, per celebrare il trentennale della sua uscita (in vinile bianco, a cura di Music on Vinyl, e su CD con due bonus track - "Friends" e inspiegabilmente "I Love The Heaven's Solo", che fa parte del terzo album dell'autrice pubblicato nel 1991 e che era stata già pubblicata in una primitiva incarnazione chitarra e voce come B-side di uno dei singoli di "The Sweet Keeper"). Gli altri quattro erano reperibili in primis nei mercatini dell'usato o su piattaforme come eBay e Discogs - anche se, vista l'evidente sovrapproduzione negli Stati Uniti, non era raro già negli anni 90 reperire su cd in longbox o su cassetta con copertina forata o tagliata, in vendita a prezzi irrisori, copie di "Everybody's Angel" ed "Eleven Kinds Of Loneliness" su etichetta Reprise.

The Best of Tanita TikaramPer quanto riguarda invece le antologie, due sono state quelle ufficiali pubblicate negli anni. "The Best of Tanita Tikaram" (1996, Warner) ha il pregio di contenere una bellissima cover di "E penso a te" di Lucio Battisti in inglese ("And I Think Of You", tradotta dalla stessa Tikaram) che fa perdonare l'inclusione di un maldestro dance remix di "Twist In My Sobriety", tra l'altro neppure autorizzato dall'artista, ma soffre di una tracklist non molto bilanciata - solo un brano da "The Sweet Keeper", uno da "Everybody's Angel", ben quattro da "Eleven Kinds Of Loneliness" e cinque da "Lovers In The City", praticamente metà album - che non restituisce all'ascoltatore un ritratto compiuto e veritiero e mette in evidenza più le ombre che le luci di una carriera altalenante (davvero era necessario inserire "Happy Taxi" e "Lovers In The City" al posto di "Thursday's Child", "Deliver Me" o "Feeding The Witches"?).
A parte i due inediti citati, il "best of" è poco utile per i fan che già hanno tutti i dischi, perché le versioni incluse non sono quelle dei singoli. Insomma, ogni aspetto - compresa la copertina che è un collage anonimo di vecchi scatti e artwork dei cinque album presi in considerazione - dell'antologia dà l'idea di un'uscita di conguaglio, senza cuore, poco sentita, fatta solo per chiudere un contratto.

To Drink the RainbowDiverso il discorso per "To Drink The Rainbow", antologia curata da Pete Paphides, uscita per Needle Mythology e masterizzata su cd e vinile agli Abbey Road Studios. Non proprio un "best of volume 2", anche se le sovrapposizioni sono pochissime (giusto "Trouble", "Only The Ones We Love" e la già menzionata cover battistiana), ha un'enfasi sull'era post-Warner ma include solo quattordici pezzi, per esigenze tecniche - più brani si inseriscono su una facciata di un 33 giri e peggio questo suonerà, e realizzare un doppio Lp avrebbe fatto lievitare troppo il prezzo - e probabilmente anche per questioni di licenze. Di buono c'è che otto canzoni sono state presentate in vinile per la prima volta. Una buona playlist che mette in mostra un lato meno evidente e comunque fascinoso del songwriting di Tanita, ma definirla "Anthology" è un po' esagerato (tra l'altro le due maggiori hit della nostra, "Good Tradition" e "Twist In My Sobriety", sono state completamente ignorate).

Ecco che dunque "The Wea/ East West 1988-1995" arriva per correggere i problemi sopracitati. Non solo gli album sono presenti nella loro interezza, ma sono arricchiti da versioni alternative, edit e mix dei singoli (in alcuni casi molto diversi dalle versioni incluse negli Lp, per esempio "I Love The Heaven's Solo" arricchita dall'intervento di un coro gospel), B-side registrate in studio, versioni strumentali e chi più ne ha più ne metta. Mancano alcuni inediti catturati dal vivo e inclusi nei primi singoli, e per questioni di licenze non c'è traccia dei due brani dal disco di Mark Isham (che uscì per la Virgin Records) e della cover di Elvis Presley per il tributo di Nme.

Ascoltando "Ancient Heart" appare incredibile come una ragazza così giovane, che come ammette nelle note a corredo del booklet aveva solo poche cassette nella propria collezione - e menziona affettuosamente Nina Simone e Suzanne Vega, quest'ultima evidente influenza per "I Love You" - sia stata in grado di confezionare un disco già così maturo e di spessore. Ci sono insight sulla scrittura di alcune canzoni come "Good Tradition" (#10 in UK), tirando in ballo Dickens per i riferimenti al fireside, e aneddoti sfiziosi su come la frase whole cotton, whole cotton ears sia finita in "Cathedral Song", canzone da un cui passaggio deriva il titolo dell'album. Si scopre inoltre che "World Outside Your Window" è stata portata sullo spazio da Helen Sharman, e che nonostante venga citato in "I Love You", ancora oggi Tanita Tikaram non ha mai visto il film "Betty Blue".
L'arrangiamento di Rod Argent per "Twist In My Sobriety" è ancora oggi geniale, con quell'intervento dell'oboe che si ritaglia uno spazio da protagonista, ma non è l'unica vetta del disco: vale la pena mettere in evidenza anche l'atmosfera jazzy di "For All These Years", con la tromba di Mark Isham e un arrangiamento che avvicina il pezzo a Marcus Miller e al David Sylvian solista, e la bellezza di "Valentine Heart". Brani che l'ascoltatore casuale mai avrebbe conosciuto ascoltando il "best of" del 1996.

The Sweet KeeperProcedendo nell'ascolto e nella lettura delle note, Tikaram si rivela ipercritica nei confronti di "The Sweet Keeper". "È un palese caso di difficile secondo album, per me è difficile riascoltarlo perché me ne sento così distaccata". Nonostante il terzo posto in classifica nel Regno Unito, come il precedente "Ancient Heart" (e bisogna ammettere che la Wea prese una decisione intelligente pubblicando il disco nell'assai poco competitivo mese di gennaio, anziché gettarlo nel tritacarne delle strenne natalizie), stavolta non ci furono hit di particolare impatto, anche se le perle non mancano di certo e i quattro singoli sono stati scelti molto bene: "We Almost Got It Together" ha un riff appiccicoso e un video simpaticissimo, con Tanita attorniata da bambini di ogni etnia, e non è mai una cattiva idea lanciare un album con un pezzo uptempo; "Little Sister Leaving Town" è al contrario una canzone lenta e intensa, eseguita con particolare pathos, "Thursday's Child" ha una melodia fresca scandita dal violino di Helen O'Hara e "Sunset's Arrived" è forte di un arrangiamento "spazioso", dove ogni strumento se ne sta comodo nella scena sonora. Strana la collocazione in scaletta di "It All Came Back Today", lunga e dolente, che avrebbe tratto maggior beneficio se fosse stata l'ultima canzone del lato A anziché la terza. Un'altra highlight è la spartana ma affascinante "Love Story", con John Giblin al basso fretless. Checché ne dicano i maligni, che parlarono di "disco di scarti" o di lavoro "confezionato con troppe pressioni e troppo in fretta", "The Sweet Keeper" in questo box set tira fuori un fascino di cui al tempo forse non ci eravamo nemmeno accorti appieno. La produzione, sempre di Rod Argent e Peter Van Hooke, è ineccepibile e il lavoro del manager Paul Charles fino a questo momento è stato senza macchia. Poi qualcosa ha iniziato a non funzionare più.

Everybody's Angel"Everybody's Angel" esce nel 1991, forte del traino di una delle migliori canzoni del repertorio di Tanita Tikaram. "Only The Ones We Love" è quanto di più vicino al Leonard Cohen di "Ain't No Cure For Love", per bellezza e intensità, con il controcanto celestiale di Jennifer Warnes (grazie alla quale Tanita ha scoperto il poeta e cantautore canadese scomparso nel 2016). Il resto del lavoro ha invece più in comune con il più classico stile di Van Morrison, sospeso tra soul, rock, jazz e folk, con un tripudio di fiati - oltre a Mark Isham c'è anche il sassofonista irlandese Richie Buckley - e un suono caldo e organico che mostra un certo affiatamento tra Tanita e la sua band di accompagnamento.
"Deliver Me" vanta la presenza ai cori di Carol Kenyon, voce indimenticabile di "Temptation" degli Heaven 17, e Katie Kissoon. Tra le quattordici canzoni ci sono due recuperi di B-side di "The Sweet Keeper": "I Love The Heaven's Solo" viene addirittura scelta come secondo singolo, in un arrangiamento tutto nuovo, e "Hot Pork Sandwiches" mostra un lato insolitamente giocoso della nostra. Il disco, omogeneo e con un bel suono, vende bene ma non benissimo - se i primi due si erano aggiudicati entrambi il podio in classifica, stavolta tocca accontentarsi di un pur dignitoso diciannovesimo posto. Troppo lungo e con una scrittura non sempre a fuoco, "Everybody's Angel" a tratti ricorda una di quelle scatole di praline che si acquistano in alcuni supermercati: dovrebbe essere un assortimento, un cioccolatino al caffè, uno alla nocciola, un cremino, eppure alla lunga tutto sembra avere lo stesso sapore. Una piccola novità è la partecipazione di Tikaram alla produzione, insieme ad Argent e Van Hooke che da questo momento saranno congedati.

Eleven Kinds of LonelinessNel 1992 è la volta del disco più problematico e frustrante della collezione e della sua intera discografia. "Eleven Kinds Of Loneliness" esce troppo a ridosso dei due precedenti, ed evidentemente alla East West non è scattato alcun campanello d'allarme dopo le vendite appena discrete di "Everybody's Angel". Tanita poi ci mette del proprio, producendo da sola l'intero disco ed eccedendo in episodi di pura autoindulgenza, che vorrebbero apparire audaci e sperimentali ma più spesso si dimostrano vittime di una quirkiness fine a se stessa, non lontana dalle prove soliste degli anni Ottanta di Lindsey Buckingham. Ci sono ottime canzoni come l'unico singolo "You Make The Whole World Cry", con un video di Tony Kaye ("American History X") troppo "artistico" per il pubblico americano che lo rifiutò in toto, che la vede giocare con il wall of sound di spectoriana memoria, a metà strada tra i Walker Brothers e il Cohen di "Death Of A Ladies' Man". Non c'era nulla, in quel momento, che suonasse così in radio. E le radio non si prodigano particolarmente a trasmettere la canzone, che, come l'album, questa volta non entra in classifica nel Regno Unito.
Notevoli anche "Trouble", un tentativo riuscito di comporre una canzone alla Chris Isaak, "Men And Women" e "Love Don't Need No Tyranny". Non si comprende il motivo per cui in tre canzoni ("Any Reason", "Heal You" e la sfiziosa, per quanto oltremodo criptica, "To Drink The Rainbow") Tanita Tikaram adotta uno stile vocale fastidioso, quasi stesse piangendo ubriaca. Forse l'intento era di richiamare lo stile di Roy Orbison, ma l'esecuzione è pessima. Non a caso, "To Drink The Rainbow" è tra i brani che più guadagnano dalla rilettura in chiave acustica contenuta nell'omonima compilation (la chiave scelta è più adatta alle sue corde vocali, e finalmente abbandona il vizio di macchiare le performance con inutili singulti).

Lovers in the CityStavolta qualcuno alla Warner mostra un po' di pelo sullo stomaco, la prende in disparte, come Tanita stessa racconta tra le note, e la rimprovera per aver sprecato il proprio talento. Sarà l'inizio della fine del rapporto tra l'artista e la major discografica. Tre anni di silenzio, insoliti per l'iperattiva Tikaram, sono sufficienti per leccarsi le ferite e reinventarsi prima di riproporsi al pubblico con nuovo materiale. Nel 1995 esce "Lovers In The City", realizzato in buona parte negli Stati Uniti e prodotto insieme a Thomas Newman, compositore di colonne sonore come "Scent Of A Woman" e "American Beauty". Alcuni brani sono stati reincisi a Londra con il supporto di Gavyn Wright e la London Session Orchestra ("Feeding The Witches", uno dei punti più alti della raccolta, ma anche "My Love Tonight", "Wonderful Shadow" e il conclusivo "Leaving The Party"); la East West sembra credere nel potenziale del progetto e decide di investire nel set fotografico di Jean-Baptiste Mondino, che ritrae Tanita in una veste sempre più androgina, quasi à-la k.d. lang (con quel je-ne-sais-quoi di Lloyd Cole e di Presley, qualche anno prima che Sharleen Spiteri giocasse a fare l'impersonator di Elvis nel video di "Inner Smile" dei Texas).
L'evocativa "I Might Be Crying" vede di nuovo la partecipazione dell'amica Jennifer Warnes, ma è inspiegabile come "Yodelling Song" (sì, letteralmente il ritornello è cantato in stile yodel) sia stata inclusa nell'album e addirittura lanciata come singolo. Forse un autosabotaggio, chissà. Oppure ormai il licenziamento era nell'aria ("Lovers In The City" non ha superato il 75° posto nel Regno Unito, nonostante critiche lusinghiere) e si decise che tanto valesse farle fare ciò che voleva.

Pur con i suoi alti e bassi, la prima fase della carriera di Tanita Tikaram - che si appresta a ultimare la registrazione del suo decimo album, di cui ancora non si conosce il titolo - racchiude un buon numero di canzoni da riascoltare e riassaporare con calma. Un vero peccato che "The Cappuccino Songs" del 1998, uscito per la Mother Records, non sia andato meglio (#69 in Uk) visto che aveva finalmente un appeal radiofonico, specialmente in "Stop Listening", "Light Up The World", la sensuale "Amore sì", la straniante cover di "The Day Before You Came" degli ABBA e "If I Ever". "Sentimental" l'ha vista collaborare con Nick Lowe ed entrare in atmosfere vicine a Norah Jones e Diana Krall, ma in pochi se ne accorsero. Tra il soul e l'Americana, "Can't Go Back" (stavolta con Grant Lee Phillips come ospite d'onore) ha rivitalizzato la carriera di Tanita in alcuni paesi europei e altrettanto ha fatto "Closer To The People", forte di nuove influenze che vanno da Anita O'Day a Philip Glass (rievocato in "Glass Love Train", il brano d'apertura).

"The Wea/ East West Albums" resta un ottimo compendio, per tutti gli amanti del cantautorato femminile e non, ma soprattutto per chi non ha già gli album in questione.

Discografia



Indice dei contenuti:

Cd 1: "Ancient Heart" (1988)
  1. Good Tradition
  2. Cathedral Song
  3. Sighing Innocents
  4. I Love You
  5. World Outside Your Window
  6. For All These Years
  7. Twist In My Sobriety
  8. Poor Cow
  9. He Likes The Sun
  10. Valentine Heart
  11. Preyed Upon
  12. Friends
  13. The Kill In Your Heart
  14. Cathedral Song (Instrumental)
  15. World Outside Your Window (Edit)
  16. For All These Years (Instrumental)
  17. Twist In My Sobriety (Edit)
  18. Valentine Heart (Demo)

Cd 2: "The Sweet Keeper" (1990)
  1. Once & Not Speak
  2. Thursday's Child
  3. It All Came Back Today
  4. We Almost Got It Together
  5. Consider The Rain
  6. Sunset's Arrived
  7. Little Sister Leaving Town
  8. I Owe All To You
  9. Love Story
  10. Harm In Your Hands
  11. Over You All
  12. Rose On Wood
  13. Thursday's Child (New Version)
  14. Sunset's Arrived (French Single Edit)

Cd 3: "Everybody's Angel" (1991)
  1. Only The Ones We Love
  2. Deliver Me
  3. This Story In Me
  4. To Wish This
  5. Mud In Any Water
  6. Sunface
  7. Never Known
  8. This Stranger
  9. Swear By Me
  10. Hot Pork Sandwiches
  11. Me In Mind
  12. Sometime With Me
  13. I Love The Heaven's Solo
  14. I'm Going Home
  15. Only In Name
  16. I Love The Heaven's Solo (New Version)
  17. This Stranger (Alternative Version)
  18. Hot Pork Sandwiches (Early Guitar And Voice Version)
  19. I Love The Heaven's Solo (Early Guitar And Vocal Version)

Cd 4: "Eleven Kinds of Loneliness" (1992)
  1. You Make The Whole World Cry
  2. Elephant
  3. Trouble
  4. I Grant You
  5. Heal You
  6. To Drink The Rainbow
  7. Out On The Town
  8. Hot Stones
  9. Men & Women
  10. Any Reason
  11. Love Don't Need No Tyranny
  12. The Way That I Want You
  13. Rock Me 'Til I Stop
  14. Me You & Lucifer
  15. Have You Lost Your Way?

Cd 5: "Lovers In The City" (1995)
  1. I Might Be Crying
  2. Bloodlines
  3. Feeding The Witches
  4. Happy Taxi
  5. My Love Tonight
  6. Lovers In The City
  7. Yodelling Song
  8. Wonderful Shadow
  9. Women Who Cheat On The World
  10. Leaving The Party
  11. Five Feet Away
  12. Not Waving But Drowning
  13. Wonderful Shadow (Edit)
  14. Wonderful Shadow (Reconstruction Version)
  15. And I Think Of You (E penso a te)
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