Autore: Giuliano Ciao
Titolo: Flavio Giurato. Le gocce di sudore più duro
Editore: Crac Edizioni
Pagine: 390
Prezzo: Euro 20,00
Per cogliere l’intimità di un gigante come Flavio Giurato, così come la sua musica e le sue note, è indispensabile disporre di altrettanta profondità. Perché Giurato non è un cantautore come gli altri. E’ pur sempre colui che suggerisce alle figliole di “non andare coi cantautori” perché poi, giustamente, si finisce nelle canzoni. Giurato è un unicum della nostra canzone. E non è di certo questo il momento per quantificarne la grandezza, l’ampiezza delle sue trame che definire totali è talvolta anche poco. A tal riguardo, basterebbe leggere d’un fiato la pietra miliare di “Marco Polo” magistralmente scritta da Giuliano Ciao, e intuirne di conseguenza l’essenza, il portamento, la grazia fuori dal coro della sua musica.
Ebbene. Ciao è anche l’autore di “Flavio Giurato. Le gocce di sudore più puro”, edito per Crac Edizioni. Quasi quattrocento pagine di voli pindarici, sguardi incrociati con il musicista romano, candide digressioni su spazi, luoghi e aspetti di un microcosmo capitolino che funge da container esclusivo di un’ispirazione costante, che in quarantatré lunghissimi anni ha dato vita a una delle esperienze cantautorali più umanamente dense del Belpaese. Canzoni e dischi di cui si parla sempre troppo poco. Anche per questo, il tomo di Ciao è un toccasana, uno scrigno luminosissimo di aneddoti, frammenti, cocci sparsi lungo il cammino artistico di Giurato. Una disamina espansa, eppure leggiadra, delle sue parole, della sua sottile poetica.
Ciao coglie infatti l’essenzialità del cantautore, ma allo stesso tempo volge spesso lo sguardo verso la sua irregolarità, quel suo essere tanto magnetico quanto in diverse occasioni terribilmente sfuggente, caotico, financo disordinato. Come accade nella title track de “Il manuale del cantautore”, in cui “la collisione fra un atteggiamento dissacratorio nei confronti della figura del cantautore e un altro di totale assorbimento all’interno di questo ruolo, cioè di due intenzioni appunto antitetiche” finisce per risultare, secondo l'autore, “in fin dei conti leggibile, evidente”, a differenza di quanto accade, ad esempio, nella canzone “La ballata dei topini”, in cui Giurato decide “di confondere all’estremo le sue intenzioni, di allestire un gioco di progressivi camuffamenti e smascheramenti, un’operazione di perenne depistamento”.
Sono accostamenti costruttivi che spianano l’approccio verso una lettura mai banale, e nella quale trova parimenti respiro l’articolazione tematica di Giurato. Un modus operandi che trasuda umanità nelle pagine dedicate all’incontro dell’autore con il cantautore. E’ il cuore pulsante dell’opera. Ciao descrive con grazia la semplicità di Giurato. I suoi occhi sinceri. La sua intelligenza. Quell’umiltà che appartiene solo ai grandissimi. E prima di farlo, sciorina un’accorata descrizione dei villini liberty e del quartiere in cui vive Giurato. Del resto, Ciao è innanzitutto un architetto con la passione per la scrittura. Per l’esattezza “scrive per un desiderio e un’impossibilità”. Il primo è “quello di entrare in alcune stanze segrete, quelle in cui artisti solitari coltivano il loro deserto”. Mentre la seconda è “quella di riuscire a varcare effettivamente quelle soglie”. E' un biglietto da visita insolito, l'autoritratto di un'anima narrativa che conforta e nutre tra una pagina e l’altra, tra una fase e l’altra, condivisa magari accanto al musicista.
Ciao finisce così per indossare i panni dell’allievo accompagnato dal maestro nei luoghi della genesi delle sue creazioni. Il sogno di cui sopra diventa dunque realtà. C’è addirittura un capitoletto intitolato “Bonus-track”, in cui l’autore dialoga con il figlio di Giurato, Thomas. Gli ultimi cenni di intimità prima dell’approdo. Perché le ultime pagine puntano a snocciolare il lato più inestricabile di Giurato. Un autore “che si è sperperato” e che “ha scelto di non rincorrere niente se non i suoi fantasmi”. Spiriti che, per quanto fluttuanti, finiscono per lasciarsi cullare dalle mani di Ciao e dalla sua ammaliante prosa, in un amplesso raro e prezioso.