Last Night A Mixtape Saved My Life

Morricone pop!

Il prezioso documentario di Giuseppe Tornatore su Morricone, “Ennio”, è nelle sale da qualche giorno, e raccoglie un quantitativo impressionante di testimonianze di riconoscenza nei confronti compositore. Da Gianni Morandi a Quentin Tarantino, da Quincy Jones a Bruce Springsteen ai colleghi John Williams, Hans Zimmer e Nicola Piovani, il film rende palese quanti siano gli artisti consapevoli di un forte debito artistico verso l’autore italiano che, forse accanto a Giorgio Moroder, può dirsi il più influente del secondo Novecento musicale.
“Ennio” affianca parole e musica, e passa in rassegna l’intera carriera dell’artista. Fra i tanti aspetti portati in evidenza, uno in particolare merita un ulteriore approfondimento: il successo, oggi tutto sommato poco ricordato, come arrangiatore di canzoni pop nel corso degli anni Sessanta. I decenni recenti hanno infatti visto la sacrosanta celebrazione del maestro, venerato internazionalmente soprattutto per i western, anche per le sue colonne sonore dal taglio più orchestrale e melodico (“The Mission”, “Nuovo Cinema Paradiso”, “La leggenda del pianista sull’oceano”, “Canone inverso”, ecc.) e per le sue esperienze più prossime all’avanguardia (dentro e fuori la musica da film: si vedano la compilation “Crime And Dissonance” curata da Mike Patton e i lavori come Gruppo di improvvisazione nuova consonanza e The Feedback). Tolta forse “Se telefonando” e una manciata di altri brani, i suoi contributi al panorama pop, pur presentissimi nella cultura popolare italiana, sono associati solo di rado al nome di chi ha dato loro la forma che li ha resi immortali.

Ecco allora una sintesi, necessariamente riduttiva, dei momenti che per un decennio buono hanno fatto di Ennio Morricone il nome più hype della scena pop italiana, spingendo artisti di grande risonanza nazionale a rivolgersi a lui per arrangiare pezzi che oggi ricordiamo come classici. Fin dal debutto in ambito tradizionale con Mario Lanza (1959) e Miranda Martino (1960, qui ricordata con due brani puramente pop), il compositore si fa notare per uno stile fantasioso e ricco, in cui le partiture, anziché limitarsi a fare da sfondo, duettano colla linea vocale ponendosi sul suo stesso piano. In questo periodo, Morricone impiega spesso pseudonimi (Alfred Arnold Cocozza, Dansavio, Leo Nichols) perché la sua carriera pop non dia nell’occhio presso gli ambienti classico-contemporanei che il compositore ancora vede come suo ambiente principale. Un punto di svolta è rappresentato da “Il barattolo” di Gianni Meccia (1960), per il quale Morricone osa una trovata coraggiosa: il centro dell’arrangiamento, anziché l’orchestra, sono i rintocchi sgraziati di un effettivo barattolo di metallo, percosso in modo sì ritmico/melodico, ma soprattutto caotico. Quasi un elemento di disturbo, che però rende il pezzo assolutamente iconico.
Da allora, sono sempre più frequenti le intromissioni nei suoi arrangiamenti di elementi che potrebbero dirsi di “musica concreta”: eventi a metà fra il riff e la sorpresa timbrica, che più che frasi di un discorso sono presenze distintive, attorno a cui finisce per costruirsi la riconoscibilità del brano. Talvolta sono realizzate dall’orchestra; spesso però sono l’occasione per sfruttare strumenti ancora inconsueti per il periodo: la chitarra elettrica twangy affiancata al clavicembalo (“Corri corri”, 1962), l’organo elettrico o elettronico (“Cicciona cha cha”, 1961; “Go-kart twist”, 1962). In “Pinne, fucile ed occhiali” un protagonista importante e lo scroscio dell’acqua associato al tuffo, e nel cruciale “splash” la voce è moltiplicata dal riverbero; nel brano poi, come in moltissimi altri, svolgono un ruolo centrale le voci del coro di accompagnamento. Particolarmente importante, in questo senso, il sodalizio coi Cantori Moderni dell’amico Alessandro Alessandroni, i cui vocalizzi saltellanti sono il fulcro “concreto” dello scherzoso beguine “Abbronzatissima” (1963) e, in una veste più avvolgente, la colonna portante di “Il mondo” (1965).

I pezzi più spigliati sono quelli in cui Morricone mostra più evidentemente il suo eclettismo, assorbendo e filtrando come una spugna le mode del momento: il surf strumentale, il twist, il doo-wop. Anche gli episodi di taglio più classico, però, sono resi immortali dagli stessi elementi distintivi. Come ricordano i tanti che hanno tratto ispirazione dal maestro, l’eccezionalità del suo stile sta soprattutto nell’incisività dei contrappunti. Benché dicesse di “odiare la melodia”, Morricone possedeva uno straordinario talento per l’invenzione di hookworm strumentali, che senza rubare la scena alla parte vocale la completavano e contrastavano, amplificando la ricchezza emotiva del brano. La linea notturna dei flauti in “Il cielo in una stanza” (il riarrangiamento di Morricone è del 1962), l’eco prima degli ottoni e poi di piano dissonante e archi in “Sapore di sale” (1963), che simula la risacca del moto ondoso: si tratta di espedienti semplici, in qualche caso perfino minimalisti, che non danno nell’occhio ma si insinuano nella memoria e si associano in modo indelebile a strofe e ritornelli.
La celeberrima “Se telefonando”, composta e arrangiata da Morricone su parole di Maurizio Costanzo, fa trasparire la limpidezza dell’ispirazione del maestro. Una melodia basata su tre note di numero, una ritmica incalzante con una disposizione assai atipica degli accenti e un cambio di tonalità vertiginoso nel mezzo del ritornello: questi gli ingredienti; il resto è una classe difficilmente emulabile. Giustamente, la canzone è ricordata come uno dei capolavori della musica italiana tutta.

Tutti i tratti caratteristici si presentano in contemporanea anche nei primi esperimenti western, anticipati nel 1961 dalla rielaborazione per Nico Fidenco del biblico tema di “Exodus” (che vede un netto incremento della grandeur strumentale). La rilettura di “Pastures Of Plenty” di Woody Guthrie (1962) è, col senno di poi, il momento più significativo: incisa dal californiano Peter Tevis, diventerà il banco di prova per “Per un pugno di dollari” col cui tema condivide l’intero arrangiamento di campane, schiocchi e ocarina. Col procedere del decennio, i contributi pop di Morricone sono sempre più spesso inseriti nella sua torrenziale produzione cinematografica, che gli consente una notevole variazione di atmosfere: dalla goliardica “Uccellacci e uccellini” (1966) alla marcetta disillusa di “Filastrocca vietnamita”, passando per il brano indimenticabile che chiude la compilation. “Here’s To You”, proposta dal compositore a Joan Baez sul finire delle sessioni di “Sacco e Vanzetti” di Giuliano Montaldo (1971), è il vertice spirituale del Morricone pop, e probabilmente anche il pezzo che meglio anticipa l’imponenza evocativa delle sue colonne sonore dei decenni a venire. Come in “Se telefonando”, i materiali da costruzione sono pochissimi ma perfettamente assemblati: un’ostinato melodico, l’organo impostato sul suo registro più cristallino, la voce tersa della folksinger. E un magistrale impianto barocco a più voci, che trasforma pochi accordi in una travolgente ascesa verso il Cielo.

 

Discografia

  1. Mario Lanza – Funiculì, funiculà (1959)
  2. Miranda Martino – Tango italiano (1960)
  3. Nico Fidenco – Trust Me (1960)
  4. Gianni Meccia – Il barattolo (1960)
  5. Miranda Martino – Gaston (1961)
  6. Rosario Borelli – Indovina indovina (1961)
  7. Nico Fidenco – Exodus (1961)
  8. Edoardo Vianello – Cicciona cha cha (1961)
  9. Gianni Morandi – Corri corri (1962)
  10. Edoardo Vianello – Pinne, fucile ed occhiali (1962)
  11. Gino Paoli – Il cielo in una stanza (1962)
  12. Peter Tevis – Notte infinita (1962)
  13. Gino Paoli – Perdono (1962)
  14. Edoardo Vianello – Guarda come dondolo (1962)
  15. Gianni Morandi – Go-kart twist (1962)
  16. Peter Tavis – Pastures Of Plenty (1962)
  17. Gianni Morandi – Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte (1963)
  18. Edoardo Vianello – Abbronzatissima (1963)
  19. Gino Paoli – Sapore di sale (1963)
  20. Jimmy Fontana – Il mondo (1965)
  21. Rita Pavone – Supercalifragilisticespiralidoso (1965)
  22. Mina – Se telefonando (1966)
  23. Domenico Modugno – Uccellacci e uccellini (1966)
  24. Gianni Morandi – C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones (1966)
  25. Sergio Endrigo – Filastrocca vietnamita (1968)
  26. Joan Baez – Here’s To You (1971)
Pietra miliare
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