Riflessi tra letteratura e musica

Le affinitą greche di Han Kang e Demetrio Stratos

Han Kang – L’ora di greco
(2011, pubblicato da Adelphi nel 2023)

La coreana Han Kang ha sedotto i lettori italiani con le visioni surreal-esistenziali de “La vegetariana” e della raccolta “Convalescenza”. Oltre ciò, Adelphi ha pubblicato “Atti umani”, resoconto dei fatti avvenuti durante e dopo la rivolta popolare di Gwangju, soffocata nel sangue dall'esercito sudcoreano nel 1980. La brama di sue nuove opere è ora finalmente placata con l'uscita di “L’ora di greco”, risalente al 2011.
Già l'inizio, con una riflessione sulla tomba di Jorge Luis Borges, immette in un mondo non così distante da quello del celebre scrittore argentino. Solo è traslato nella quotidianità, nei gesti e nelle parole, dette e non dette; quelle che a volte restano impigliate in gola come simulacri di vita abortita. Ed è proprio questo il tema centrale del romanzo: l'impossibilità di comunicare, la cecità, sia fisica che emotiva.
Due protagonisti senza nome si aggirano per le strade di Seul: un insegnante di greco antico e una studentessa di tale idioma. Entrambi nascondono segreti che li separano dal mondo. La donna ha perso la capacità di parlare dopo la morte della madre e la lotta per la custodia del figlio. L'insegnante, affetto da cecità progressiva, tiene le lezioni conducendo una vita segnata dalla paura e dalla negazione della sua condizione.

Il romanzo esplora difficoltà e tormenti come se fosse una tragedia greca, con paradossi, dilemmi e decisioni impossibili. I capitoli alternano le prospettive: la voce della donna è in prima persona, quella dell'uomo in terza. Tale scelta narrativa offre un diverso approfondimento dei loro mondi interiori, rivelando le circostanze che li hanno portati a cercare rifugio nello studio del greco antico.
La donna vi si rivolge per ritrovare la strada verso la sua lingua madre. Dopo una vita trascorsa in Europa, l'insegnante è invece tornato in patria alla vigilia della perdita completa della vista. Il greco diventa per lui una “stanza sicura e silenziosa” nella quale sfuggire al dramma che lo sta consumando.
La comunicazione è il tema centrale nel romanzo: i protagonisti desiderano aprirsi agli altri ma sono costantemente frustrati dalla difficoltà che ciò comporta. I capitoli dell'insegnante sono strutturati come lettere mai inviate, come quella a una giovane amata in gioventù, a una sorella lontana e a un vecchio amico. Quelli focalizzati sulla donna narrano i suoi tentativi di ritrovare se stessa e le parole perdute. Le sue notti insonni nelle quali tenta telefonate disperate al suo ex-marito senza riuscire ad articolare una sillaba, cercando di far pesare il suo dolore e la sua rabbia attraverso il silenzio.

La prosa di Han Kang si dipana sobria ma intensa. Le immagini che crea sono misurate ed eleganti, rigorosamente focalizzate sui dettagli. L'autrice utilizza frammenti di frasi, conferendo al testo una cadenza poetica che spesso tracima i confini della narrazione e vola libera, come le parole della protagonista non riescono a fare.
“L’ora di greco” è un romanzo complesso e coinvolgente che sfida i lettori a esaminare la natura del linguaggio e i confini della narrativa stessa, che si scardina fino a farsi pura esistenza.

Colonna sonora: Demetrio Stratos - Cantare la voce (1978, Cramps)

Tanto i personaggi di Han Kang sono impediti a esprimersi quanto Demetrio Stratos spezza ogni catena e viaggia verso l'assoluto. Da questo punto di vista “Cantare la voce” è al tempo stesso antitetico e perfettamente aderente alla poetica della scrittrice coreana. Da una parte l'impossibilità della comunicazione, dall'altra parte uno Stratos che mette in atto proprio quello a cui i personaggi anelano. Crea la perfetta sonorizzazione di quelle pagine proprio perché dà voce a chi voce non ha.
L'artista greco (altro link col romanzo) utilizza l'ugola come viatico per l'esplorazione dell'inesplorato, fino ai confini estremi. “Cantare la voce” è un apice di sperimentazione e innovazione. Le diplofonie e triplofonie eseguite da Stratos sganciano la voce dai vincoli della parola e del canto più o meno tradizionale. La spingono verso limiti mai toccati da essere umano, svincolandola da ogni tradizione e lasciando che si libri nell'aria, donandole un senso totale di conoscenza e apertura.

Con il suo album del 1978 il cantante degli Area sfida audacemente la concezione occidentale della voce schiava della parola, cerca un utilizzo alternativo che ne agevoli l'espressività. Si getta senza paura nello studio, andando oltre ciò che virtuosi della sperimentazione vocale come Meredith Monk, Yma Sumac, Cathy Berberian e Tim Buckley avevano messo in atto.
La ricerca parte dal Mediterraneo seguendo la tradizione degli antichi sacerdoti greci che armonizzano la voce alla risonanza del tempio, poi si spinge verso il Tibet, dove i monaci emettono più suoni contemporaneamente, e approda infine in Africa, con gli stregoni che modulano il suono tramite l'uso delle mani.

Dal canto suo, Han Kang crea con le parole quello che Demetrio Stratos realizza con la voce: anche se i suoi personaggi non riescono a spingersi oltre i propri limiti, fa in modo che sia la scrittura stessa a rompere gli argini, sciogliendo ogni schema narrativo e facendosi pura astrazione.
Alla fine, Kang e Stratos giungono allo stesso obiettivo: la libertà.