Riflessi tra letteratura e musica

Charlotte Sometimes, il viaggio nel tempo che ispirò i Cure

Penelope Farmer - Charlotte Sometimes (1969, edizione italiana pubblicata nel 2024 da Agenzia Alcatraz)

Ho ascoltato per anni “Charlotte Sometimes” dei Cure, e per anni non ho smesso di chiedermi come poteva essere il romanzo a cui Robert Smith si è ispirato per scrivere quello che reputo il brano più ammaliante dei Cure. Per scoprirlo ho dovuto attendere fino a pochi mesi fa, quando è arrivata provvidenziale la prima traduzione italiana, a cura della benemerita Agenzia Alcatraz. L'autrice, Penelope Farmer, è nata il 14 giugno 1939 a Westerham, nel Kent, ed è particolarmente nota in patria per i suoi libri per ragazzi. Ha però scritto anche per adulti, mettendo spesso in campo il suo interesse per la letteratura fantastica. “Charlotte Sometimes” (pubblicato nel 1969) è il suo libro più famoso, ed è lo stesso che un decenne Robert Smith lesse, rimanendo affascinato dalla sua atmosfera gotica e crepuscolare, al punto di essere ispirato per il famoso singolo del suo gruppo.

Protagonista del romanzo è una ragazzina di nome Charlotte Makepeace. Questa arriva in collegio nel 1958, si addormenta nel dormitorio e si sveglia nel 1918. C’è una guerra in corso, i suoi compagni di classe sono completamente diversi e tutti la chiamano Clare. Ma non è finita. La mattina successiva Charlotte scopre di essere tornata ai suoi tempi. La mattina dopo è invece di nuovo nel 1918.
Trascorsi alcuni giorni tra passato e presente, Charlotte si rende sempre più conto che sta scambiando posto con Clare. Poiché Charlotte è nuova nel collegio, nessuno la conosce, nessuno si accorge che sta prendendo il suo posto di Clare. Ma la sorella di questa, Emily, capisce subito che Charlotte non è Clare e chiede di sapere cosa sta succedendo. Charlotte non lo sa, il massimo che riesce a immaginare è che le vicende abbiano qualcosa a che fare con il letto che lei e Clare condividono. Il problema sorge quando Charlotte, durante una delle sue visite nel 1918, viene trasferita fuori dal dormitorio, in un nuovo letto. Senza quello, Charlotte non può tornare alla suo epoca. Da qui tutta una serie di vicende sempre più bizzarre che porteranno la ragazza a farsi una serie di domande sul proprio io.

“Charlotte Sometimes” è un romanzo che tratta il viaggio nel tempo come metafora della confusione di identità, della sensazione di perdere il contatto con se stessi. È un libro che si cala in profondità tra le paure dell'adolescenza, quando la personalità è in via di sviluppo, in quella terra di mezzo tra l'infanzia e la vita adulta, nella quale il contatto con la fantasia sta sempre più lasciando posto alla durezza della vita reale. È un viaggio torbido e fatato allo stesso tempo.

Colonna sonora: The Cure – Charlotte Sometimes/ Splintered In The Head (1981)

Robert Smith ha avuto la geniale capacità di condensare, in poco più di 4 minuti, ogni sensazione del romanzo. Il testo focalizza perfettamente la confusione di Charlotte, le sue visioni, le sue curiosità, emozioni, paure, il suo essere persa tra due epoche. Senza sapere nulla del romanzo, noi giovani fan della prima e seconda ora immaginavamo Charlotte come una delle tante introverse nerovestite e con capelli sparati che tanto ci affascinavano. Leggendo il libro, si capisce che la realtà dei fatti era altrove, ma il fascino oscuro permane.
Anche riguardo le sonorità di questa straordinaria canzone: goth-dream rock sognante e romantico che è una sorta di anomalia piazzata tra le angosce di “Faith” e “Pornography”. Pochi inoltre sanno che la band fu una delle poche a realizzare un 45 giri concept. Anche il lato B del singolo è infatti ispirato al romanzo di Penelope Farmer. “Splintered In The Head” ha un inizio strumentale prima di aggiungere al mix le voci torturate ed echeggianti di Smith a rappresentare le inquiete visioni di Charlotte. Due brani che evocano un continuo scavo in sé, un arrovellamento che ci faceva sentire parte di una sorta di circolo umano in rovina. Ma il condividere gli affanni con la Charlotte di turno (ce n'era almeno una in ogni classe di qualsiasi liceo) sarebbe stato in ogni caso bellissimo.