Una scelta di romanzi vicini al cosiddetto realismo magico; visionari, bizzarri, in bilico tra sogno e realtà. A volte surreali, weird e grotteschi, a volte sospesi e impalpabili. A ogni romanzo viene accoppiato un album che ne rispecchi le atmosfere e che funga da colonna sonora alla lettura.
Sof'ja Tolstaja - Romanza senza parole
(Scritto intorno al 1898, pubblicato in Italia da La Tartaruga nel 2017)
Nel 1897 Sof'ja Tolstaja sta faticosamente tornando alla vita. Un anno e mezzo prima Ivàn, il figlio di appena sette anni, è venuto a mancare a causa della scarlattina, segnando tragicamente l'esistenza della donna. Questo immenso dolore si è andato a sommare alle ansie di un rapporto da sempre burrascoso con il marito, Lev Tolstoj. Lo scrittore russo (che aveva sposato Sof'ja quando questa era diciottenne) è da sempre uomo difficile, dal carattere volitivo, soggetto a cambiamenti di idee e umori, schiavo della sua arte e dei suoi princìpi.
Ma Sof'ja non è da meno, è una donna fiera e scrupolosa, non si lascia intimidire dai capricci del coniuge ma riesce anzi a tenergli testa badando a non farsi sopraffare. È insomma è il prototipo della donna moderna che, sganciata dall'autorità patriarcale, persegue la sua visione, conduce un'esistenza autonoma e tesa alla propria realizzazione. La Tolstaja è però allo stesso tempo una moglie devota, supporta lo scrittore nel suo lavoro, corregge e copia le stesure dei suoi scritti e si occupa di tutti gli aspetti burocratici. Anche lei è preda di cambiamenti d'umore, gelosie e possessività nei confronti del marito. I litigi in casa Tolstoj sono quindi all'ordine del giorno, con frequenti fughe da parte dell'uomo, pentimenti, rappacificazioni e nuove battaglie.
Caso vuole che anche Sof'ja sia una valente scrittrice, non si avventura in ampie costruzioni come il celebre consorte, ma sa bene rappresentare gli struggimenti dell'anima, riesce a focalizzare quei grumi di ansie e felicità che caratterizzano i rapporti amorosi e li descrive con grazia e trasporto. Già nel 1893 aveva dato alle stampe “Amore colpevole”, sorta di accorata risposta alla spietata analisi del matrimonio contenuta nella “Sonata a Kreutzer” di Tolstoj. Dopo quel tentativo aveva però scelto di dedicarsi a curare spirito e arte di quest'ultimo, mettendo da parte il suo indubbio talento.
A seguito della dolorosa scomparsa del figlioletto, qualcosa però cambia, la fiamma dell'ispirazione si riaccende grazie all'incontro con il talentuoso pianista Sergej Ivanovič Taneev, che da qualche tempo frequenta casa Tolstoj cercando di lenire le sofferenze di Sof'ja con il tramite delle note. Ben presto la passione per le esecuzioni del musicista da parte della donna esonda gli argini del puro interesse artistico per sbocciare in un sentimento. Il marito se ne accorge e le scenate di gelosia infiammano nuovamente l'atmosfera. In tutto ciò il pianista non sembra rispondere agli interessi di Sonja, che ricade in un doloroso struggimento e comincia a buttare su carta le sue emozioni. Il risultato di questo travaglio sarà “Romanza senza parole”, che rimarrà sepolto in un archivio di Mosca e solo nel 2010 verrà alla luce. In Italia è giunto nel 2017 grazie alle cure de La Tartaruga.
La narrazione di “Romanza senza parole” sembra dipanarsi sospinta da un movimento musicale, ora lieve, ora impetuoso, quello delle composizioni di Felix Mendelssohn che Taneev eseguiva in casa Tolstoj e che il fascinoso protagonista del romanzo, Ivan Il’ič, esegue per la giovane Saša. Questa soffre di un'acuta depressione a seguito della perdita della madre e a nulla servono le attenzioni del marito, uomo mite e bonario il cui unico interesse è la botanica. Quando Ivan Il’ič si trasferisce nei pressi della dacia estiva di Saša e comincia a esercitarsi con il pianoforte, ecco che le note schiudono definitivamente il forziere del cuore della donna riportandola alla vita e donandole intensi bagliori di felicità.
Le descrizioni del trasporto di Saša mentre ascolta la musica di Ivan sono passaggi di rara bellezza, sembra di assaporarlo con tutti i sensi questo afflato di pura gioia che la musica eccita nell'animo della donna. Come era accaduto a Sonja, anche Saša, tra mille timori e ripensamenti, viene travolta da un sentimento che non è quello della semplice passione musicale, vuole bensì abbracciare in pieno l'arte e l'artista. È in questo frangente che le parole della Tolstaja si fanno vero incanto nel descrivere la lotta interna di Saša che anela a vivere appieno la purezza dell'arte e si accorge invece che sempre più il suo interesse si va posando sull'uomo. Da qui in poi sarà una lenta discesa nei meandri dell'emotività più intensa, quando non della follia.
“Romanza senza parole” è lo specchio dell'esistenza di una donna che ha scelto di vivere con un fervore fuori dal comune, non curandosi delle regole sociali e delle imposizioni. Una vita fortemente tormentata e in qualche modo eroica, a un passo dalla perdita della ragione, ma intensa, realmente viva.
Colonna sonora: David Sylvian - “Secrets Of The Beehive” (1987)
Inutile sottolineare quanto il perfetto accompagnamento a “Romanza senza parole” sarebbe la quasi omonima opera pianistica di Felix Mendelssohn composta tra il 1829 e il 1845. Volendo però spostarci in territori più moderni, la scelta cade su “Secrets Of The Beehive”, capolavoro di David Sylvian che in qualche modo si annuncia come sorta di approdo dopo altre due opere di grande rilievo come “Brilliant Trees” e “Gone To Earth”. Approdo perché cerca di lasciarsi indietro le sperimentazioni e va alla ricerca della purezza. Come se l'autore volesse mettere un punto dentro se stesso, non muovendosi più a destra e a manca nello scibile sonoro, bensì cercando un punto luminoso di consapevolezza. In questo anelito, sceglie di registrare “Secrets Of The Beehive” in larga parte con l'ausilio di strumentazione acustica, per tornare all'essenza e offrire un ventaglio di brani che sotto la patina rarefatta celano un cuore ardente e inquieto, esattamente come le pagine del romanzo di Sof'ja Tolstaja.
L'iniziale “September” cala in un'atmosfera di sospensione autunnale (o tardo-estiva), quei rintocchi di piano sono gli stessi che si possono immaginare quando Ivan Il’ič suona in maniera più pacata, scagliando frecce ardenti nell'animo di Saša. O “Maria”, che prende spunto dall'opera di un altro grande artista russo, il “Sacrificio” di Andrej Tarkovski. Ascoltando pare di scorgere la casa in penombra di Saša, con la protagonista da sola a perdesi tra le stanze e a struggersi nei suoi affanni. “The Boy With The Gun” è lo scalpitare dei sensi che non trova pace, cerca attimi di purezza (“Orpheus”, “Mother And Child”) ma questa viene soggiogata dal desiderio (“When Poets Dreamed Of Angels”).
Alla fine ciò a cui Saša anela è l'equilibrio tra l'elevazione dell'arte e il rapimento della sensualità, equilibrio che Sylvian auspica in “Let The Happiness In”, con le pene terrene dell'io narrante che cercano disperatamente barlumi di armonia.
Sof'ja Tolstaja e David Sylvian: tra tormentati ci si capisce.