Gabriele Benzing
Un algoritmo ucciderà la musica? Mai come nel 2017 la prospettiva che la playlist possa soppiantare l’album è sembrata così concreta. Canzoni selezionate in automatico secondo i gusti pregressi, gli stati d’animo, i momenti della vita: per Liz Pelly (“The Problem with Muzak”) è il modo in cui stiamo rinunciando alla curiosità della scoperta, alla ricchezza della narrazione, alla capacità di critica. Al senso stesso dello scrivere di musica.
Perché una playlist, allora? Perché non serve a nulla voltare le spalle al cambiamento: c’è solo bisogno di provare a restituirgli l’umanità. L’umanità di chi sta dietro alla playlist: la voglia di continuare a esplorare, a raccontare, a giudicare. E a condividere ogni spunto capace di far vibrare il cuore. Dai luoghi familiari di un gruppo giunto ormai alla consacrazione (The War On Drugs) a quelli inediti di un ragazzo partito su un camper stracolmo di canzoni per ritrovare sé stesso (Raj And The 100’s), dieci brani per non smettere di cercare il segreto che ci rende uomini. O, per dirla con Sufjan Stevens, “the greatest gift of all, and the law above all laws”.
Giuliano Delli Paoli
Claudio Fabretti
Stefano Fiori
Dagli struggimenti amorosi di Perfume Genius e dai macabri voti matrimoniali di Charlotte Gainsbourg sino alle “Dowtown Lights” rievocate da Jessie Ware e Paul Buchanan e al risveglio dei sensi di Bjork e Arca, le mie canzoni del 2017 sono state all’insegna di un’elettronica tenue o di toni dimessi smorzati giusto da qualche influenza carioca (da Drake al più insospettabile Morrissey). Tante le donne a farla da padrone, con una Lana Del Rey sempre più maliarda, una sempre più elegiaca Hannah Reid dei London Grammar e Lorde che per una volta riesce a convincermi con un pezzo che pare Kate Bush ubriaca alla prese col karaoke di “Up Where We Belong”.
Fabio Guastalla
Vassilios Karagiannis
Claudio Lancia
Anzi tutto la mia infatuazione per l'attuale scena psych, la più interessante e numerosa dopo quella originale di fine anni 60. King Gizzard (monumentale la loro opera a puntate in cinque album), Flowers Must Die e Oh Sees hanno guadagnato il podio nella mia chart di fine anno e sono rappresentati nella playlist, assieme a Black Angels e Pontiak. Questa meravigliosa nidiata non oscura il mio amore per il rock "alternativo" che mi vede "premiare" Cloud Nothings, Brand New, Metz e Idles. Un estratto dal riuscito nuovo National chiude l'elenco delle dieci tracce che ho apprezzato di più nel 2017. Restano fuori per un soffio Arcade Fire, Froth, Jesus & Mary Chain, War On Drugs, Ulver e la bella coppia formata da Courtney Barnett e Kurt Vile: sono loro le bonus track.
Alessandro Mattedi
Blue Note All-Stars - Second Light
Un supergruppo originariamente messo su dalla Blue Note per celebrare i 75 anni di attività, alla prova con un lavoro frizzante ed elegante, tra le migliori prove jazz del 2017, assieme a molte altre buone uscite nel settore.
Butcher Babies - Look What We've Done
Un gruppo metal capitanato da due ex-playmate che ha suscitato molte controversie. La loro discografia alterna pezzi convincenti ad altri fin troppo banali. Il brano orecchiabile proposto è un lavoro immediato e d'impatto, trascinato dalle potenti linee vocali.
Gone Is Gone - Echolocation
L'album è discontinuo, ma pezzi come quello proposto sanno proporre atmosfere corpose e psichedeliche che mantengono una certa tensione melodica.
Jazz at Lincoln Center Orchestra - 2 Degrees East, 3 Degrees West
Kamasi Washington - Desire
Un pezzo caldo e avvolgente, che rievoca il jazz degli anni 60 e 70.
Kenji Kawai - Utai IV: Reawakening (Steve Aoki mix)
Dalla colonna sonora del non impeccabile film remake di "Ghost in the Shell", questo remix mantiene l'evocatività dei cori femminili dell'originale ("Making Of A Cyborg") ma aggiunge un'elettronica molto catchy di contorno.
Marnie - Lost Maps
Un ritornello dalle melodie irresistibili abbinato ad atmosfere più cupe e suoni più corposi.
Un brano melodicissimo e ricercato, peccato che il resto dell'album non sia altrettanto riuscito.
Selwyn Birchwood - Trial By Fire
Slowdive - No Longer Making Time
Pezzo forse banalotto, ma intrigante per chi apprezza queste sonorità, recuperando le stesse melodie oniriche e i muri sonori corposi di inizio anni 90.
Angelo Molaro
Michele Palozzo
"Karuna" è un brano trasfigurante, di certo quello che ha segnato più di tutti il mio anno in musica. Una dichiarazione poetica quantomai fragile da parte del frontman degli Antlers, ma che da ultimo sprigiona un vigore e una volontà di rialzarsi inattese, invocando il sentimento di compassione ispirato dal buddhismo.
Impossibile non citare, tra le mie dieci selezioni, l'inno d'amore "occultato" della ninfa pop nordica Susanne Sundfør, tornata a un'enfatica intimità cameristica dopo le sensazionali hit e magniloquenti orchestrazioni di "Ten Love Songs".
Lorenzo Righetto
In generale è probabilmente una playlist un po' interlocutoria, sospesa, senza una linea guida dominante, come immagino sia stato quest'anno, almeno per me.