Senza pretese di completismo, ma neanche quella di dare voce in toto alle classifiche della redazione, abbiamo pensato di farvi ascoltare le playlist che meglio rappresentano l'"anno musicale" di ciascuno. Le canzoni che hanno spiccato all'interno di un certo genere, le canzoni-simbolo degli artisti-rivelazione o delle grandi conferme - o, più semplicemente, le canzoni che hanno significato qualcosa per noi che le abbiamo ascoltate.
Gabriele Benzing
“La dì s’imbruna”. Da una selva di sussurri, la voce di Daniela Pes affiora come l’eco di un fantasma. Il giorno che volge all’imbrunire si popola di scricchiolii, il tempo stesso sembra sul punto di spezzarsi. Persino la forma del linguaggio si dissolve, sognando di rinascere. Quante volte, guardandoci intorno durante quest’anno, abbiamo avuto la sensazione di trovarci a vivere al crepuscolo di un mondo? “This stupid world”, direbbero gli Yo La Tengo.
Il passato che non passa, il domani che non arriva: l’ultimo messaggio in bottiglia di Mark Linkous resta sospeso accanto alle pellicole sgranate dei Misophone. “Cosa sopravvivrà alla fine del nostro futuro?”, si chiede Federico Campagna tra le pagine di “Cultura profetica”. “Una volta che la pelle con cui il vecchio mondo vestiva la realtà è svanita, chi si trova a ricostruire un mondo nuovo da un mucchio di rovine incontra la dimensione ineffabile dell’esistenza in maniera più intensa che mai”.
Ecco, l’ineffabile. Il punto verso cui tutto sembra convergere: “Everything that rises must converge”, canta Sufjan Stevens sul vibrare di un arpeggio di cristallo. “Turn yourself around to see what I can save”: con l’ineffabile nello sguardo, tra le nostre rovine possiamo vedere i mattoni da salvare per il mondo che viene. La fine dei giorni, al suono della malinconica orchestrina di Matt Elliott, assomiglia al ponte verso un nuovo inizio. “Let’s take a walk on the other side”.
Marco Bercella
Paolo Ciro
Michele Corrado
Tanti sono i generi musicali e le scene, globali e nazionali, che oggi è possibile seguire e tanti sono i tesori che ciascuno di questi ambiti serba, che ogni anno che passa diventa più difficile produrre una playlist che sia concisa e soddisfacente.
L’unico modo per affrontare una missione del genere è imporsi regole stringenti. Nel mio caso, altrimenti non la finivo più, mi sono detto “okay, 2023, 23 canzoni soltanto”. È nata così un'infilata di brani incostante e disinibita, che se ne frega di generi e paletti, bensì soltanto di bellezza e "appiccicosità".
Prometto che l'anno prossimo sceglierò invece 24 brani e quello dopo 25 e così via, finché un giorno qualcosa mi fermerà.
Giuliano Delli Paoli
Lana Del Rey continua a dirmi che viviamo la sua epoca e a tirare fuori capolavori come le title track del suo ultimo disco, praticamente un brivido vissuto negli angoli più vogliosi di vita e di gioia della sua identità, mentre la società procede spedita, miope, sorniona. C’è poi la promessa nigeriana Mohbad con una delle sue canzoni più intense del suo meraviglioso “Blessed”, e ancora i ricami spettacolari di dadá Joãozinho in uno dei brani più centrati del suo inafferrabile canzoniere, le vibrazioni dell’altro nigeriano presente in top ten, Seyi Vibez, il folk d’altri tempi che non guasta mai di Nico Paulo, la footwork emotiva di Faizal Mostrixx, il tribalismo sempreverde di Baaba Maal e le confessioni a cuore aperto di Mitski.
Valerio D'Onofrio
Claudio Fabretti
Anche quest’anno ho cercato di condensare 12 mesi di ascolti in una playlist ad ampio raggio, frutto dell’ennesima abbuffata musicale onnivora. Si parte subito forte tra le pulsazioni dance d’alta classe di Jessie Ware per entrare in un vortice di brani dalla forte matrice synth-etica: dalle fluorescenze al neon della soundtrack di “Copenhagen Cowboy” all’Ebm magnetica dei Mandy, Indiana, passando per l’ennesimo acuto degli immarcescibili Depeche Mode, per le sinuosità gelidamente nordiche di Fever Ray e per l’inaspettata prodezza elettropop della nostra Annalisa, senza dimenticare il ritorno di fiamma degli shoegazer Slowdive e il riuscito sodalizio tra Graham Coxon dei Blur e Rose Elinor Dougall sotto la sigla WAEVE. Nella parte centrale, invece, dominano sonorità etniche sospese tra passato e futuro: le liturgie incantate di Daniela Pes, i rituali ancestrali dei Brigan, le suggestioni latine declinate in salsa elettronica di Caroline Polachek e Sofia Kourtesis, la doppietta speziata di aromi turchi Mabel Matiz-Altin Gun, il mantra drone-folk dei Lankum. Quindi, spazio obbligato per un altro kolossal dell’anno come “The Beggar” degli Swans e a ritorni previsti e imprevedibili (Beatles, Blur, Peter Gabriel, John Cale), senza tralasciare l’instant classic in duetto di Zach Bryan e Kacey Musgraves, gli sperimentalismi di Onehotrix Point Never, Bono/Burattini e dell’ex-Lingua Ignota Reverend Kristin Michael Hayter, l’infinita dolcezza di Lana Del Rey e Anohni e l’eccentricità folk-pop di Misophone e Veils, oltre a consuete certezze come PJ Harvey, Susanne Sundfør e Yo La Tengo. Non manca anche un’incursione nella leggerezza del miglior pop italiano con il trittico Madame-Corsi-Colapesce Dimartino. Special guest, le sublimi finlandesi Maustetytöt, rilanciate dall'ultimo capolavoro di Aki Kaurismaki, "Foglie al vento". Chiusura ottimistica (“The End Of Days”), affidata a quell'impareggiabile profeta della tristezza di nome Matt Elliott.
Alberto Farinone
Fabio Ferrara
Una manciata di canzoni in ordine sparso di questo 2023. Come al solito, la parte più complessa è stato trovare un criterio di scelta. Ho cercato di privilegiare canzoni con ritmi più dinamici e artisti che non ho inserito nella mia classifica annuale degli album. Non ha la pretesa di essere esaustiva. In alcuni casi i brani sono contenuti all'interno di lavori che non mi hanno soddisfatto pienamente. Viceversa, album che ho amato molto non sono rappresentati in questa lista. Per dare una parvenza di regolarità, ho cercato di ordinarle per assonanza ma si possono ascoltare in sequenza casuale.
Alla fine, un omaggio speciale al nostro paese con 5 brani di autori italiani.
Stefano Fiori
Annata all'insegna delle sonorità umbratili e pacate, con qualche pennellata di elettronica (Troye Sivan, Goldfrapp), di soul (Jessie Ware, Arlo Parks) o del più classico calore cantautorale (Lana Del Rey, Grian Chatten), senza però rinunciare ai ritornelli ariosi e all'attitudine arty (Christine And The Queens, Bjork). Quest'anno una canzone in più rispetto alle solite dodici, non potevo lasciare fuori il maestoso pezzo di Peter Gabriel anche se decisamente meglio apprezzabile nel contesto album da cui è tratto.
Fabio Guastalla
Vassilios Karagiannis
Il mio 2023 è un anno che si biforca. Se da un lato è stato dedito a lunghi appronfodimenti di discografie prog e jazz e ad ascolti calibrati di album nel loro insieme, dall'altro si è ridotto drasticamente lo spazio per canzoni spurie, per tormentoni personali non necessariamente legati al progetto da cui sono stati estratti. In questa breve playlist cerco di fare un po' il punto della situazione di quelli che sono stati i pezzi forti dell'anno prossimo a chiudersi. Prevale com'è evidente il piacere per beat pulsanti, motivi dance che diano il ritmo alle giornate, ritagli di pura evasione a cui lasciarsi andare con estrema facilità. Le donne? Mattatrici assolute, a prescindere dalla latitudine. Lil Yachty e i groove sbilenchi dei 100 gecs sono tra le poche eccezioni al canone, che nella fuga verso la cassa dritta ha visto la sua più autentica missione.
Claudio Lancia
Ecco una parte dei miei compulsivi ascolti 2023, in sequenza più o meno casuale. Un centinaio di canzoni estratte dagli album che più di altri ho amato e mi hanno accompagnato nel corso di questi dodici mesi. Una personale selezione piuttosto trasversale che spero possa intrigarvi e farvi compagnia. Buon ascolto e Buon Anno a tutti...
Daniel Moor
Cristiano Orlando
Damiano Pandolfini
Potrei dire milioni di parole su queste canzonette pop, ma ne basta una: padam.
Federico Romagnoli
Marco Sgrignoli
Ho trascorso un anno musicalmente ricco, di conferme, di concerti, di sorprese. Le direttrici fondamentali sono state quelle che da un po' ormai caratterizzano le mie esplorazioni: un insieme di territori composito, che mi piace vedere come alla frontiera della "musica progressiva" per ciò che l'espressione può significare oggi. Jazz, hip-hop ed elettronica - e soprattutto le rispettive intersezioni; musica tradizionale reinventata attraverso molteplici stili e zone del mondo; buon vecchio rock col suo carico di guizzi pop e revivalismi hard. Una sezione corposa della playlist potrebbe perfino interessare a chi, cultore del progressive rock, davvero fosse convinto (pigrizia? mancanza di stimoli?) che l'anno corrente abbia dato il suo meglio con Steven Wilson, Soen e/o Riverside. Una coda più canzonettara ristabilisce il valore dei ritornelli d'acchiappo e di qualche beffarda presa in giro.
Ossydiana Speri
Peppe Trotta
Martina Vetrugno