Di materiali post-industriali: esposizioni, detriti, risulte e inabissamenti.
“PRIMOREGISTRAZIONI è una delle mille etichette indipendenti affetta da feticismo per musiche di ricerca espressiva e CDR… PRIMOREGISTRAZIONI tende a musiche liminari e anomiche, musiche che solitamente vengono etichettate come no-wave, noise, industrial, post-punk, power electronics, harsh” .
Così si presenta questa interessante microlabel attiva tra Roma e Monfalcone del Sannio, e che dimostra come negli ultimi tempi il tessuto musicale nostrano sia più che mai operoso, e soprattutto attento nel recepire determinati input, in special modo quelli provenienti da certe sottoculture.
Ora, che vi sia ancora una musica “sperimentale” (per definizione) al giorno d’oggi, beh questo è tutto è da verificare (si fa per dire), visto che l’avanguardia storica, ma di più, anche i suoni eterodossi che da essa sono derivati, hanno subito un processo di graduale fagocitazione da parte della cultura di massa, o anche solo delle nicchie massificate. E in questo preciso solco s’inserisce il progetto "Obsolescenza Programmata", che come un giano bifronte guarda con convinzione alla temperie post-industriale dei primi anni Ottanta, ma al contempo si mostra attento nell’interiorizzare quanto di nuovo proveniente dai territori limitrofi dell’elettroacustica, della sound art, dei microsuoni, e addirittura dell’harsh noise di nuova generazione.
D’altronde non solo l’identità visivo-concettuale del progetto mi sembra parli piuttosto chiaro, ma soprattutto la musica - nei quattro cd-r usciti nell’arco del 2007 - riesce a porsi come entità in continua mutazione.
Instabilità, distorsione e deriva di senso. "Obsolescenza Programmata" lavora per sottrazioni e accumulazioni al contempo, ma di più, pur nel rispetto quasi metodologico di una certa prassi operativa, è capace di sviare e svirgolare, di introdurre quella variabile stocastica che manda a carte quarantotto la coerenza della percezione.
Musica Per Esposizione
“Musica Per Esposizione” si giova di quest’instabilità. Nata originariamente come colonna sonora per la mostra “Frammenti d’Amor” del pittore Ettore Frani, “Musica Per Esposizione” è la prima Emanazione di "Obsolescenza Programmata". Qui l’origine della mutazione, della continuità nella discontinuità. E’ interessante, infatti, notare come nello spazio di undici tracce - ma di più, anche all’interno di una medesima traccia - i ragazzi giochino con diverse sorgenti di suono, ognuna di esse decontestualizzata e riadattata allo scopo. Detournament, cut-up, modellamento e rimodellamento di suoni concreti o presunti tali; processi classici della musica post-industriale, ma qui trattati con fare olografo e demistificatorio, oserei dire, quasi a distruggere quel fare sperimentalista che è diventato prassi nel corso degli anni.
Insomma, è musica che serve e che asserve un fine (quello della mostra per l’appunto), ed è quindi scevra da quei sensazionalismi onanistici che sono caratteristica ricorrente in operazioni di questo tipo. Ma non musica da parati, piuttosto musica per teschi che fuoriescono dalle pareti. Esatto, perché la soundtrack suona forte e densa nonostante il volume basso della registrazione, e riesce a saturare lo spazio d’ascolto e a modellarlo secondo le proprie necessità. Nel senso che la musica d’ambiente in questo caso si trasforma in musica dell’ambiente, e lungi dall’assecondarne la struttura, si fa essa stessa struttura. Una sorta di processo di assorbimento del significato da parte del significante, che ne diventa, quindi, simulacro sformato e monocromo.
Forse è per questa spiccata personalità, o se vogliamo invadenza, che “Musica Per Esposizione” non è stata poi utilizzata per la mostra. Ma chissà.
Comunque, venendo al nocciolo della questione, il disco riesce a trovare un equilibrio tra vecchio e (presunto) nuovo; insomma, poltiglia post-industriale - vengono in mente Hafler Trio, Ralf Wehowsky e isolazionismi rumorosi della miglior specie - rimasticata secondo i gli stilemi dei gruppi di Ambiances Magnétiques (“Successivo Destarsi”). Si passa così dai deliri alla Illusion Of Safety di “Coro Di Voci Nere (ovvero pesi sospesi in respiri)” e “Campana Suona Per La Terza Volta” alle implosioni ritmiche di “Campana Suona Per La Seconda Volta”. Il tutto oppressivo è disturbante come poco altro sentito ultimamente dalle nostre parti.
Detrito
“Detrito” non agisce sul subconscio, non s’intrufola sottecchi nei neuroni, ma li strattona in maniera decisa. Dove “Musica Per Esposizione” penetra con fare viscido per inscenare una sublimazione retroattiva, “Detrito” colpisce diretto in the face con un rumore tremendamente percussivo e destabilizzante. Vogliamo fare qualche nome? Certamente Test Dept. ed Einsturzende Neubauten, se non You Fantastic addirittura. Insomma, quelle formazioni che hanno fatto dello sferragliare percussivo e della disgregazione della materia sonora una strumento di caos semantico.
Ancora una volta "Obsolescenza Programmata" mischia abilmente le carte inscenando - pur in un suono maggiormente definibile - una retroazione (e sovrapposizione) continua di segni, causa di una perdita di referenzialità che possa svelare all’uditore qualcosa sui processi di composizione.
Qui la musica avanza linearmente, non v’è dubbio, ma raccoglie nel suo incedere una moltitudine di materiali indefiniti e indistinti, di cianfrusaglie da discarica radioattiva che ne accrescono via via la carica destabilizzante. Un totem anarco-primitivista, ecco. “Lullablues/De-Intro” apre le danze e detta inequivocabilmente le coordinate di un suono in perenne farsi e disfarsi. La prima metà del pezzo ("Lullablues") viaggia sui binari di un blues scuro da camera iperbarica, che va poi a contaminarsi (nella seconda metà), anzi a straniarsi, con rumorismi di shortwave trasmissions tipo Conet Project. La successiva “Dance Hell” è, per l’appunto, una danza tribale di chiara derivazione neubauteniana, che disvela un interessante fil rouge con l’harsh noise di nuova generazione, mentre “Ausfhart” è pieno new deutsche welle style. Chiude “Citazione In Coda Sonica” con un lungo silenzio che preannunzia una nuova tempesta…
Risulta
…non so se “Risulta” sia nell’intenzione degli autori questa nuova tempesta. Fatto sta che, nonostante venga annunciato come “una raccolta di b-side, come un'antologia di musiche di risulta, appunto”, questo cd-r è il mio preferito della serie. Abbandonate quasi del tutto le sonorità post-industriali dei primi due episodi, “Risulta” propone quel noise sfatto (da risulta) e strafatto di metà anni 90, tra Brice-Glace, Yona-Kit e You Fantastic, corredato poi dall’elettronica degenere di Pan Sonic e dal dub (o qualcosa che vi assomiglia).
In realtà, come dichiarato dai ragazzi nel blog, qui il suono di "Obsolescenza Programmata" si fa più inafferrabile che mai. E’ il trionfo dell’eterodossia, di una musica che si varia di continuo, che devia e svirgola, che scivola via dalla comprensione proprio quando sembra essere finalmente a fuoco.
Tra isteriche ipotesi dub-rumoristiche (“Amianto”, “Dubbio Titolo”), isolazionismi da manicomio criminale (i dieci minuti di “In Capo All’Anno”) e panzer-noise all’acido solforico (“Oggi Come Oggi”, “Slice Of Life”), “Risulta” approfondisce tematiche che i due precedenti lavori avevano in qualche modo solo accennato. Perché qui la musica si fa corpo solido, quasi tangibile; un luogo non luogo dove i ragazzi riescono a coniugare l’elemento fisico e quello psicologico, i mantra subliminali di “Musica Per Esposizione“ e le sonorità intransigenti di “Detrito”.
Mu O Dell’Inabissamento
Dell’inabissamento come recita il titolo, o della definitiva catarsi? Difficile da comprendere ma, comunque sia, “Mu O Dell’Inabissamento” è il disco che prova a dire qualcosa di diverso. In realtà si tratta di un Ep di tre tracce per quasi quindici minuti di durata, dove "Obsolescenza Programmata" dà un taglio piuttosto netto e prova a cimentarsi con una musica “pulita” e, qui sì, d’ambiente; isolazionismo elettronico alla Oren Ambarchi, in un suono ancora monocromo e completamente accartocciato su se stesso. E’ come se i ragazzi avessero deciso di cimentarsi con il segno originario, con un’ipotetica purezza primitiva che tira in ballo la forza degli elementi naturali (come da copertina), senza quindi ricorrere a trucchi e trucchetti, e cercando di evitare una deriva verso la discarica post-industriale. Un suono da “concrete music” pur senza essere tale. In un certo senso “Mu O Dell’Inabissamento” inizia dove gli altri cd-r terminano; fa piazza pulita dell’effimero per evidenziare il core del discorso. In quest’ottica, il silenzio come segno primigenio detta le coordinate e si fa struttura portante.
Di silenzio è pregna la prima traccia, “Ignifugo”, anzi su di esso è costruita. Su di un silenzio subacqueo, quasi ovattato ma pesante. Un silenzio imploso e implodente che riesce a essere un sole da cui s’irradia ogni singolo suono, ogni singola particella materica.
E così anche la conclusiva “Cosa Resta”, che ristabilisce la supremazia del “non rumore” dopo che il panzer-noise di “Sulfureo“ ha provato per un attimo a infettarne la purezza.
Il catalogo di "Obsolescenza Programmata" può essere richiesto qui.
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