Salvatore Setola

Zitti e buoni. Breviario per aspiranti Måneskin. Corso accelerato per non diventare una rockstar postmoderna

Autore: Salvatore Setola
Titolo: Zitti e buoni. Breviario per aspiranti Måneskin. Corso accelerato per non diventare una rockstar postmoderna
Editore: Arcana
Pagine: 160
Prezzo: Euro 15,00

220270setola“Ci sono più personaggi nella vita di Valentine de Saint-Point che negli ultimi vent’anni di premi Strega”. Rubo (e sintetizzo) questa frase di Salvatore Setola perché le maglie del setaccio, dopo aver letto d’un fiato “Zitti e buoni. Breviario per aspiranti Måneskin. Corso accelerato per non diventare una rockstar postmoderna”, acquistano improvvisamente una propria vitalità, animandosi come i protagonisti di un racconto di Lewis Carroll. Nei cinque moduli di questo testo, contenenti diciassette lezioni, il critico d’arte e scrittore casalese è sarto, filosofo, fustigatore e antropologo: quattro estensioni necessarie per trasmigrare su carta un pensiero che inquadra con arguzia un inedito quadro d’insieme su alcuni precisi compartimenti stagni della contemporaneità, per intenderci: fronte musica, media e società. Salvatore Setola, che ha fatto vibrare in passato anche le pagine di OndaRock con i suoi preziosi scritti, dalla prima all’ultima parola ha il dono dell’ubiquità narrativa. E’ un Billy Pilgrim che salta come una cavalletta da un punto dello spazio-tempo all’altro; ha inoltre ben chiare le realtà parallele che si intrecciano ogni giorno nello sbandato e (poco) meraviglioso universo rock dei giorni nostri, quello che i meno fantasiosi definirebbero "liquido".

Cosa ci dicono i Måneskin? Cosa significano? Come si spiegano? E come si potrebbe fuggire dall’incubo di un successo che è mera cartapesta? A metterla così, chi non ha ancora letto queste pagine potrebbe pensare che esse nascano da una furba operazione di marketing, messa in piedi magari per cavalcare l’onda lunga della band romana in direzione opposta. Non è affatto così. I Måneskin qui sono solo un geniale pretesto. E Setola lo dimostra già nella lezione 0, dove scopre tutte le carte sul tavolo e si smarca come Burruchaga a Città del Messico dalla manualistica a gettoni che imperversa sugli scaffali delle librerie italiane. Nel suo sguardo impera il desiderio di offrire nuove possibili praterie, o meglio campi sconfinati in cui ritrovare la consapevolezza di una critica personale finalmente libera da orpelli, comunicati stampa, lezioni gratuite sul rock 4.0 e vattelapesca.
Spuntano così i demoni di Dostoevskij, mentre Edgar Varèse, nascosto dentro un arrangiamento di Vianello o Morandi, è il cavallo di Troia “che invade il cuore di una ragazzina innamorata e la mente della casalinga affaccendata”. Sono tutte piste che lo scrittore traccia e percorre per sfondare il muro di gomma su cui rimbalzano felici come pasque “i vecchi zombie”, gli stessi che continuano a specchiarsi stucchevolmente nelle canzoni dei Måneskin, ignari di aver ormai perso completamente di vista le infinite vie del Dio della curiosità.

Setola surfa tra un Marinetti precursore dell’impensabile e colui che quantifica come la prima rockstar del Novecento: Arthur Cravan. E sulle ultime battute dalla seconda lezione, vira senza patemi sul concetto di scandalo che oscura la realtà delle cose: “Voi credete che per creare scandalo basti piazzare una modella nera, grassa e transessuale su un cartellone di Calvin Klein? […] Confondete il ribelle con l’analista di mercato”. E ci dice pure che il punk “è nato a Zurigo da un disertore e un avanzo di galera”. Attenzione però: per farlo non indossa i panni del critico saputello, tutt’altro: come, appunto, Billy Pilgrim, Setola bussa alla porta di legno massiccio di Thomas Müntzer per invitarci a sedere con lui. E per illuminare il ricordo delle serate al Cabaret Voltaire rianima il fottuto fascino di Emmy Hennings. Ecco perché le maglie del setaccio, dopo aver danzato con l’autore e le sue chiavi del tempo, cambiano beatamente forma.

“Zitti e buoni. Breviario per aspiranti Måneskin. Corso accelerato per non diventare una rockstar postmoderna” può essere anche una casa sulla spiaggia condivisa da papa Gennarino I e Totò Savio: non ci sono campanelli, né inviti o passaggi segreti, ci si ritrova solo a gironzolare per centosessanta camere, tra quadri, dischi e i libri di Jacqueline Savio Schweitzer o Andrea Moro serviti sui vassoi. Amabilmente surreale è poi il capitoletto in cui lo scrittore scioglie i nodi che stringono gli stati d’animo pilotati nel “manicomio postmoderno”: un albergo abitato da censori liberal distanti anni luce dalla “feroce libertà” di Frank Zappa.
Tra i portici rock di una Bologna immaginaria, alieni a Sanremo, Maradona e Adriano Panatta, si potrebbe continuare come Sandro Ciotti che incontra Arthur C. Clarke nella telecronaca dei momenti salienti di un libro che è però tutt’altro che una partita, bensì un’Olimpiade di riflessioni sulla vitalità estinta di un modello rock che dovrebbe anzitutto pomparci di ribellione, invece di iniettare il nulla da ogni angolo mediatico spacciandolo per adrenalina. Insomma per dei veri viaggiatori. Tutti gli altri? Zitti e buoni.

Salvatore Setola su OndaRock

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