Teen Sound Records

La Teen Sound Records di Massimo Dalpozzo, divisione di Misty Lane, pare aver lanciato da tempo una sfida con se stessa sfornando periodicamente nuove produzioni e nuove band, naturalmente sempre in un ambito oscillante tra il sixties-beat italiano e internazionale, il garage e la psichedelia.
Raro possa sbagliare un colpo: anche tra fine 2007 e l'inizio di questo 2008 ha pubblicato tre piccoli capolavori, per versi diversi, tre band italiane, che vanno a rimpinguare l'ormai vastissimo catalogo della Misty Lane Appreciation Society, un patrimonio discografico e artistico italiota unico nel suo genere che è riuscito a gettare un prezioso ponte tra il panorama garage nostrano e quello internazionale.


The Narcotics - "All The Purple Pussies"
 

NarcoticsDi italiano questi quattro ragazzi hanno proprio poco a dir la verità: si stenta a credere siano bolognesi. A partire dalla straordinaria grinta "americana" del lead vocalist Muddy George nell'iniziale dylaniana/strascicata "All The Purple Pussies", giù nelle "garagistiche" "Fuckin' Shootin' Star", "Stuck In The Station", "Troubles (Give Me A Hard On)", "Vanishing", ballata ricca di chiaroscuri, così come "(My) Death Party".
In queste canzoni eseguite con rigore e passione, giocate sui duetti serrati dei chitarristi Juan Ventura e Ramblin' Flep, sembra di riascoltare i Miracle Workers degli anni 80, quelli di un disco glorioso come "Overdose" (1988), senza sapere che in fondo all'album si cela una martellante cover proprio della band di Portland, "Love Has No Time", tratta dalla loro prima opera.
Muddy George ha qui la possibilità di sfoderare al meglio i suoi timbri vocali animaleschi, davvero molto affini a quelli dell'indimenticabile leader dei Miracle Workers, W. Gerry Mohr.
Spruzzi dei padrini di Rochester The Chesterfield Kings e di Fuzztones in "Jenny", ma anche nei titoli suddetti: in "Narcotic Mess-a-round" Muddy si spinge ancora più in là ; come non ravvisare nella sua vigorosa performance le corde dell'Iggy Pop più maturo?
Un'impeccabile "Take Me To The Streets", giocata su un mirabile equilibrio elettro-acustico, sigilla una mezz'oretta di hard-garage senza tempo, di quello che non ti lascia riprender fiato neanche per un attimo.

Riferimenti sul web:

www.myspace.com/xxxthenarcoticsxxx 

The Temponauts - "A Million Year Picnic"

TemponautsIl piacentino Simone Modicamore, alla guida dei bravi Rookies, aveva siglato tra il 2004 e il 2005 anche due interessanti lavori acustici con gli Warm Morning.
Ribadisce ora il suo eclettismo vocale e di chitarrista partecipando a questo nuovo progetto di The Temponauts, una straordinaria creatura sonora guidata da Stefano "Pibio" Silva, autore di 11 brani su 12 di "A Million Year Picnic", completato dalla cover del classico soul di Jamison, "That's How Strong My Love Is".
Straordinaria perché da perfetti Temponauti, i nostri cinque riescono a innestare gli stupendi intrecci vocali e chitarristici di Silva, Ferrari, Vascelli e Modicamore su una sensibilità ritmica e compositiva moderna, decisamente personale, una lezione che viene da molto lontano: Byrds, Beach Boys, ovvero i maestri in assoluto dell'estetica adottata dai Temponauts in "A Million Year Picnic".
Melodie e armonie spaziali, aeree, elargite a profusione in "Captain Frustration", "Toxic & Lazy", "Come Back Saturday", "The Down Bums", "Atomic Fire Sister", dense di fascinosi e avvolgenti incisi: ricordate gli australiani Church, quelli più sognanti? Persino la cover suddetta subisce un "trattamento" speciale, perdendosi tra le nuvole, nel blu dipinto di blu!
The Temponauts sanno comunque diventare più incisivi e graffiare con chitarre aggressive nelle sorprendenti "Operation: Coroner" e "Not In The Morning". Ma se volete coglierli al massimo dell'ispirazione, dovete ascoltare le intricate "Men Of Dangerous Maybe" e la finale "The Return Of Josie Wales", pura aerea psichedelia, trionfo cerebrale di quella che pare una concept-opera messa a punto sulla loro navicella spaziale, proiettata nel nuovo millennio con perfida dolcezza, a delineare nuovi, sbalorditivi orizzonti espressivi.

Riferimenti sul web:

www.myspace.com/temponauts 

The Cavemen - "Fiore Nero"


CavemenHa senso nel 2008 comporre un album nella più pura tradizione del beat italiano dei sixties?
A un primo ascolto di questo "Fiore Nero", secondo album dei non più giovani The Cavemen per la Teen Records si rimane un tantino perplessi davanti a versi come "...tutti x uno balliamo lo shake!".
Ma poi, quando ci riprovi, rimani conquistato dall'aggressività e dalla sincera attitudine con cui Michele Biondi, Matteo Lamargese & c. riescono nell'ardua impresa di riattualizzare una materia così stagionata, soprattutto a causa della lingua madre.
E' soprattutto l'incisività delle fuzz-guitar e dei soli a compiere questo piccolo miracolo, i languidi a tratti rabbiosi vocalismi dei due in "Fiore Nero", "Io sto qui", "Non mi odiar", "L'ora delle streghe", nelle lente, amare e nostalgiche "Sogno" e "Il lungo addio" (con tastiere d'annata in bella evidenza), tra i picchi del disco.
Decisamente gustoso lo strumentale "Mexicali", sorta di hard-surfin' con la tromba di Diego Frabetti.
Tre cover dei lontani sixties completano l'album: la più nota è "La lezione del capellone" di Michel Polnareff, seguita da "Il treno della morte" (The Jaguars) e "Prima c'era luce" (New Trolls), tutte reinterpretate con quella decisa impronta personale che permea tutto il lavoro.

Riferimenti sul web:

www.myspace.com/thecavemenbeat
www.thecavemen.it

The A'dam Sikles - "Out Of The Circle Game" (2008)

A'dam SiklesAlcune note di sitar aprono Om, brano iniziale di “Out Of The Circle Game”, primo album dei romani A'dam Sikles, ultima incarnazione di Massimo Del Pozzo, qui in veste di lead vocal, chitarrista e compositore. 
L'avvio orientaleggiante e meditativo è già un ottimo preludio ai toni malinconici e autunnali che avvolgono un disco che si avvale di preziosi apporti strumentali di diversi collaboratori (flauti, violini, violoncello, horn, harpsichord, dulcimer, tabla drum).
L'approccio garage è notevolmente stemperato dalla delicatezza compositiva di brani come “Feel The Pain (Roby's Song)”, “Mary Grace's Mind”, “The Big Green” e lo strumentale “Victor's Lullaby”.
La versatilita' degli A'dam Sikles è poi confermata dalla bossa di “Sunshine Girl”, dall'atmosfera folk/barocca degli altri strumentali “Daisy” e “Sugarplum Fairy”.
Le più energiche “Yellow Day”, “Rain Child”, “She Lives In My Mind”, con l'organo di Daniele Onorati in bella evidenza, mostrano invece il lato più vigoroso degli A.S.
Quello che colpisce in “Out Of The Circle Game” è come le influenze esterne, barrettiane in primo luogo, siano metabolizzate mirabilmente originando un sound ricco, ben amalgamato nelle sue diverse componenti ma soprattutto decisamente personale: il risultato sono delle canzoni armonicamente affascinanti, sature di splendidi cori e dalla perfetta taratura che a primo ascolto colpiscono spirito e mente, a secondo conquistano sensi e memoria insinuandovisi con sobrietà ed eleganza rari di questi tempi.

Riferimenti sul web:

www.myspace.com/adamsykles

www.mistylane.it  
www.myspace.com/teensound 

The Strange Flowers – “Aeroplanes In The Backyard” (2008)

The Strange FlowersIn una cosa gli Strange Flowers, pisani, eccellono nel loro “Aeroplanes In The Backyard”: scrivere  ballate mid-tempo pigre e indolenti, accattivanti nella loro attitudine proto-garage.
Mai aggressivo il vocalist Michele Marino (autore di musica e testi) sa catturare con le sue movenze decadenti, mentre il chitarrista Nicola Cionini nei suoi interventi misurati colpisce acidamente (“Clouds Of Blonde Girls”).
Tutto l'album si muove secondo queste coordinate, risultando di volta in volta piu' psichedelico (“Aeroplanes/Yellow Of Sun”) o morbidamente colloquiale (“Helen Says”).
Summa di questi elementi la finale “Everyone Has A Spot In The Sunshine”, quasi sette minuti di splendore lisergico con la chitarra solista che si libra acida e sfolgorante a suggellare un album in bilico magicamente tra tentazioni hard e oasi psichedeliche.

Riferimenti sul web:

www.myspace.com/strangeflowers 
www.strangeflowers.net

Les Playboys – "Abracadabrantesque" (2008)


Les PlayboysCinque maturi giovanotti francesi dediti a un fuzz-garage rock di estrazione sixties che con questo secondo lavoro celebrano i 30 anni di vita musicale.
Hanno preso il moniker da uno dei più grandi successi di Jacques Dutronc, tra i rocker francesi più in vista negli anni 60. E' nel 1976 che tre degli attuali membri dei Les Playboys (F. Albertini, F. Lejeune, F. Durban) fondano uno dei primi punk-garage act francesi, Les Dentistes, ma è dall'entrata di Pierre Negre alla chitarra solista nel 1979 che diventano una Nuggets/Pebbles band, accodandosi in sostanza a Fuzztones, Lyres e Chesterfield Kings nel revival garage internazionale.
Incidono il primo album nel 1985 e attraverso varie vicissitudini giungono a questo “Abracadabrantesque” che è la celebrazione in una mezz'oretta del loro beat-garage ancora freschissimo, molto vicino nello spirito al party-sound dei sempreverdi americani Fleshtones.
Brani dai tipici titoli “capelloneschi” come “Les jours ou' tout va da travers”, “Je revendique”, “Pour qui me prenez-vous?”, “Mieux vaut etre seul” incarnano paradossalmente nel 2009 la colonna sonora ideale di feste beat in casa di quarant'anni fa, ma i vocals insolenti di Albertini, il fuzz-guitar onnipresente a sottolineare riff ingenui e le tastiere non invadenti non suonano datati: sono portatori sani di una rabbia esistenziale ruspante e naif, alla Nino Ferrer (Albertini lo ricorda molto nel timbro vocale), ancora coinvolgente.
Abbiamo a che fare quindi con dei Fleshtones francesi? Decisamente sì, basti ascoltare le grezze “Mon obsession”, “Abracadabra” e “Qu'est-ce que je peux faire”.
“Animal”, lento e rarefatto, è l'unico brano a prendere le distanze dal mood generale del disco.
Lets' have a party with the Playboys!

Riferimenti sul web:

http://www.mistylane.it/

Tony Borlotti e i suoi Flauers - "A che serve protestare" (2008)
 
Tony BorlottiEntusiasmante l'inizio di questo nuovo lavoro di Tony Borlotti e i suoi Flauers, con "E voi e voi e voi", vecchio brano di Gene Guglielmi, sorta di blues in crescendo sottolineato dall'aggressiva entrata del farfisa a metà brano. E' un ideale dialogo tra un alieno e i terrestri a sottolineare i fatali numerosi lati negativi esistenziali di questi ultimi.
"A che serve protestare" sfoggia tutto l'armamentario beat italiano sixties, sia dal punto di vista strumentale (armonica, farfisa, chitarre riverberate/distorte, cori, voce solista ingenua ma pungente) che nelle tematiche: il rapporto con la religione ("Giovane prete"), la voglia di libertà ("Viaggio di un provo/"Viva la libertà"), l'amore ("Un giorno ancora"/"Gli occhi tuoi"), la protesta ("A che serve protestare?"). Azzeccata anche la graffiante cover "No no no no" dei mitici Sorrows e lo strumentale beat "Bagordo Shake".
Da sottolineare la cantabilità e l'energia di "Viva la libertà" (brano di Carlo Pavone), con la tagliente chitarra solista di Mick Coppola, "Lei se ne va" e l'atmosfera Sergio Leone/graffiti di "A che serve protestare", con tromba e fisarmonica, sottilmente ironica, tutti brani che negli anni 60 avrebbero potuto scalare le classifiche beat. Nostalgica e strumentalmente ricca la finale "Il peso delle ore".
Un revival italiano intelligente, ricco di humour ed estremamente fresco, quello di Tony Borlotti e i suoi Flauers, che finisce con l'essere senza tempo, per tutte le stagioni.

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The June - "Magic Circles" (2009)

The JuneAnche questi The June sembrano in pieno sballo "indiano", a giudicare dall'introduttiva "Barber Shop", carica di sitar e bansuri meditativi. Ma è solo l'inizio: da "Rolling Desperate" in giù, attraverso "Better Than You" si rivelano un trio mod robusto dal chitarrismo vitale.
Poi in "Big Black Mouth" e "Sir Eugene Maddox" emergono cori brillanti tra duri riff Jam-style.
"Daisy", con mellotron, flauto, tromba e chitarre riverberate li fa cadere in piedi tra densi aromi Oasis.
I tre italiani che più anglofili non si può continuano a opporre cantati melodici e armonici a solide strutture strumentali in "Getting High" e "Living In The Park".
E mentre in mente si alternano fantasmi Beatles ("Rain") e Byrds ("Notorius"), The June affondano i manici-bisturi nella sopraffina psichedelia pop di "Sketches Of Sound", "Revolver" e "Makes Me Feel Good".
"Magic Circles" è un rilucente gioiello a cavallo tra i 60 e i 70: non chiedetevi come i tre parmensi siano riusciti a raggiungere questo magico equilibrio in poco meno di una mezz'oretta. Godetevi "Magic Circles" in un unico afflato elettrico!

Riferimenti sul web:

www.myspace.com/teensound
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Los Immediatos - "Second Chance" (2009)

Los ImmediatosGli spagnoli Los Immediatos giungono al secondo appuntamento discografico con la Teen Sound dopo il debutto su For Monsters R. del 2007, indirizzato verso un fresco power-pop.
In "Second Chance" i ritmi rallentano e i brani - "Something's Wrong With You", "A Crying Shame", "Princesa" - imboccano il sentiero di un pop-garage mai aggressivo, corroborato dal vox e acetone organ e dalla doppia chitarra di Mazarro e Perez.
Ed eccolo il power-pop emergere, con precise connotazioni spagnoleggianti, in episodi come "No Vuelvas", "So Sad About Me", "Sad About Us", la cover "I Wonder" (The Gants).
Los Immediatos sanno essere anche delicati come in "Everybody Knows" e nel songwriting leggiadro di "Happy Story" e tornare graffianti nell'altra cover "Bajo El Sol" (Juan & Junior).
La soffice ballata "Garden Paradise", ricca di keyboards colorati, conclude un disco dall'approccio garage leggero e gradevole.

Riferimenti sul web:

http://www.mistylane.it/ 
www.myspace.com/teensound