Crass

Crass

Anarchy in the Uk

Punk-band portabandiera del movimento anarchico, comune radicale dedita a innumerevoli cause politiche, i Crass hanno fatto della fusione tra musica, slogan e iconografia un tutt’uno, fondando un vero e proprio filone alternativo, destinato a divenire un riferimento per tutto il movimento underground degli anni Ottanta. Ricostruiamo la strana storia del collettivo di Penny Rimbaud, Eve Libertine e Steve Ignorant, una saetta anarchica nell’era della Thatcher

di Amerigo Sallusti

Sul piano della conoscenza e della propensione alla militanza, l’apporto dei Crass al movimento anarchico è pari (e senza esagerare) a quello dei suoi maggiori teorici e propagatori, Pietr Kropotkin ed Elisee Reclus, per fermarsi a due nomi. Proprio in quest’ultimo periodo è uscita per la Crassical collection la seconda ristampa in ordine di tempo dei primi lavori in vinile della band. La prima, The Feeding Of The 5000, seguita ora a stretto giro da Stations Of The Crass. Straordinarie anche solo le copertine, specie nel caso delle originali prime uscite in formato vinile. “Lenzuoli” marchiati in ogni spazio dal peculiare tratto stilistico delle produzioni del collettivo. Bianchi e neri come unici colori, alla maniera di Kathe Kollvitz. La grande pittrice tedesca, autrice degli “indimenticabili” volti rugosi, delle “significanti” mani callose degli operai delle miniere della Slesia e della Ruhr.

CrassIl tratto di copertina di The Feeding Of The 5000 è nitido, pulito. Un quartiere nord-irlandese sotto assedio con le forze speciali appostate e pronte a sparare. Case in mattoni piuttosto malconce. Dei bimbi che giocano accovacciati per la strada. Appeso a un muro un grande manifesto raffigurante il volto tumefatto di un martire della lotta indipendentista dell’Irlanda del Nord. Un bimbo di nero vestito che porta un bandierone dei Crass. E poi il cantato... Continuamente inframmezzato da imprecazioni. Da rabbia. Cruda, inaudita, belluina, primitiva. Spaventosa. La blasfemia era espressa in canzoni come “So What”. Inoltre, e apparentemente in termini paradossali per l’epoca, c’era un invito aperto a politiche pacifiste in canzoni come “They’ve Got a Bomb”, con tanto di simbolo Cnd (Campaign for Nuclear Disarmament, l’organizzazione antimilitarista britannica che proprio in quegli anni stava svolgendo una dura battaglia contro l’installazione di missili nucleari, in territorio britannico, in funzione anti-sovietica) all’interno del disco e il messaggio femminista urlato di “Women”.
Il primo pezzo, “The Sound Of Free Speech”, nient’altro che un lungo silenzio. A evidenziare la violenza (verbale e fisica) delle “cosiddette” maggioranze nei confronti delle minoranze nei paesi a democrazia occidentale. L’Inghilterra su tutti. Poi “Asylum”, caratterizzata dalla sola voce femminile come “Shaved Women”. Parole taglienti, gridolini sopra e fuori dalle righe. Un accompagnamento musicale teso e “militaresco”. E ancora “Do They Owe Us A Living”, un inno. Punk. Punto. La voce che pare fuoriuscire da una gola scorticata. Abrasiva e rabbiosa. Chitarra e basso che ne amplificano le caratteristiche. La batteria incessante e “monocorde”.
L’anticapitalismo, inoltre. “Non fa per me spazzare il pavimento della fabbrica” canta Steve Ignorant in “Reject Of Society”, sorretto da un muro di suono. Quindi “They’ve…”, un pezzo tiratissimo con la “solita voce sgraziata” ad accompagnare una deragliante batteria in primo piano. Con un sorprendente vuoto, improvviso, all’interno della canzone, che durante i concerti era accompagnato da un buio improvviso e dalle immagini di un’esplosione atomica. Col protrarsi di quel silenzio che faceva carta straccia di qualsiasi senso del ritmo.
A chiudere, “Angels”, in cui i Crass campionano brani radiofonici, compreso il frastuono e le interferenze tra un canale e l’altro, tra cui il seguente: “Credo sia Jim Callaghan il più pericoloso dei due, perché ha più successo”. All’epoca Callaghan era il leader del partito laburista. E il meno pericoloso? Margaret Thatcher. La lezione di Antonin Artaud!

Un uomo con una pistola al posto della testa lì per essere morso da un serpente è la figura centrale della copertina di Stations Of The Crass. Album che segue di un anno il precedente. Il 1979 è, tra l’altro, un anno nodale per il movimento punk, che comincerà proprio da li a dividersi in diversi tronconi culturali e musicali. I Crass identificano quell’anno alla loro maniera nell’interno della copertina del disco. Quattro punk appoggiati di schiena a un muro con i volti della regina Elisabetta, di papa Wojtyla, della statua della libertà e, dulcis in fundo, del primo ministro inglese Margaret Thatcher, altrimenti conosciuta come la Lady di ferro.
L’album è musicalmente poliedrico. La band sperimenta suoni diversi provenienti da influenze disparate. In “White Punks On Hope” vi è un attacco diretto ai Clash per essersi venduti a una major multinazionale. Il pezzo è una vera e propria rivoluzione musicale. Si parte “alla punk” per virare repentinamente verso pesanti bassi dub e chitarre reggae. E il testo… "L’uomo nero ha problemi e un suo modo di affrontarli/ per cui non illuderti di essere utile con la tua merda liberal bianca".
“Big Man” è un rap (!) punteggiante contro il machismo, contro i maschilismi imperanti anche tra le schiere “rivoluzionarie”. Gruppi punk compresi. E su note disco arriva “Walls”, brano che comincia e che è caratterizzato dalla ricerca di una frequenza radio. Joe de Vivre dà alla sua voce una marcatura folk evitando gli aspri gorgoglii alla Eve Libertine. Le tematiche sono quelle della liberazione femminile, “soavemente denunciate”. E come disse Penny Rimbaud, “‘Walls’ è un pezzo di disco music d’avanguardia. Era agli esordi della sperimentazione”.
Segue non solo in senso materiale ma in termini contenutistici “Demoncrats”. Un parlato rauco e sordo alle morbidezze canore del brano che lo precede. Chitarre e basso sono raglianti e la batteria è claustrofobica.
Fu il loro album più venduto.

CrassL’inverno 1978/1979 è meglio conosciuto in Inghilterra come l’inverno dello scontento. Che i Crass hanno ben descritto e raccontato con la loro musica e i loro concerti. Londra aveva una popolazione di più di 100.000 occupanti abusivi. L’occupazione unita al sussidio di disoccupazione era una scelta politica per schiere di alternativi che si tramutarono in punk. Nelle elezioni del maggio (1979) la Thatcher sbaragliò i laburisti, che si erano inimicati la classe operaia applicando durissime misure di risanamento (imposte dal Fmi) rivolte esclusivamente alla riduzione dei salari e al taglio dei servizi pubblici. Il National Front, poi, cominciava a radicarsi nei quartieri popolari in preda alla crisi della disoccupazione e a preoccupanti fenomeni di razzismo.
Iniziavano i primi incidenti ai concerti dei gruppi schierati a sinistra, provocati dai fascisti e dai nazisti. Nacquero quindi l’Anti Nazi League e il Rock Against Racism. I Crass vi parteciparono. Non erano infatti un semplice gruppo musicale anarchico, ma anche un collettivo, una comune, destinata a sopravvivere e prosperare come organizzazione underground radicale nei giorni bui e durissimi della Thatcher, producendo tra l’altro un corpus vario e consistente di testi culturali, di happening e performance teatrali e visive.
E quindi International Anthem, la loro rivista: “Sostenere la Gran Bretagna? Fanculo la Gran Bretagna. Troppe volte è stato chiesto ai lavoratori di fare uno sforzo per il loro paese. Il loro paese? Quale paese? Il risultato di anni di governo inefficace, di casino, di pericolose, compiaciute e ipocrite bugie. Il governo uccide. Giusto? Irlanda. Giusto? Vietnam. Giusto? La democrazia è una bugia. Un totalitarismo a due facce. La realtà non cambia. La democrazia è un signore feudale bicefalo, il suo cavallo è un pungolo che mi blocca la gola... Questa è la nostra cazzo di musica, il nostro cazzo di tempo e nessun manager imbrillantinato e rincoglionito ci deve mettere il becco. L’uomo della strada ha infine trovato la sua voce”.
Penny Rimbaud (Jeremy John Ratter) ne è stato il leader. Batterista e scrittore della maggior parte dei testi. Sebbene tale parola sia straniante rispetto a un coacervo anarchico. Attualmente partecipa al collettivo (che ha contribuito a creare) Last Amendment (precedentemente conosciuto come Crass Agenda) che nasce ai primi del Duemila a seguito di una reunion dei Crass dedicata a un concerto contro la guerra del Golfo. Quella sera il combo si chiamava Crass Agenda, per l’appunto, e vide la partecipazione, tra gli altri, di Ian MacKaye dei washingtoniani Fugazi e degli attivisti Fun Da Mental.
Last Amendment (insieme a Gee Vaucher ed Eve Libertine, entrambe voci dei Crass) negli anni ha proposto rielaborazioni del cabaret Dada e interpretazioni del movimento Beatnik.

Ma prima di tutto ciò, ci fu lo Stanford Rivers Quartet, gruppo musicale sperimentale, in cui già allora il futuro tecnico del suono dei Crass, John Loder (che qualche tempo dopo fonderà l’etichetta discografica indipendente Small Wonder) misurava le proprie capacità ai/sui limiti dei suoni im/possibili. Nello Stanford Rivers Quartet così come nei successivi Exit si corroboravano vicendevolmente su partiture eterodosse diversi musicisti che avrebbero poi dato vita ai Nostri. Su tutti Penny Rimbaud e Gee Vaucher.
E allora free jazz, musica d’avanguardia, elettronica radical/industriale.
Già con gli Exit cominciò l’abitudine di distribuire volantini in sala e di “legare” i pezzi durante i concerti con informazioni e prese di posizione politiche. Nacque sempre con gli Exit l’idea di proiettare video in sala prima, durante e dopo le performance musicali. Questo fu possibile grazie all’ingresso nella band del filmaker Mick Duffield, che avrebbe seguito i Crass sino alla fine dell’avventura.
Nel 1972 collaborarono inoltre all’organizzazione del festival Ices (International Carnival of Experimental Sound) una rassegna internazionale d’avanguardia di due settimane disseminata sul territorio urbano londinese a cui parteciparono artisti provenienti da tutto il mondo.
E arrivò quindi la Dial House. Il ritrovo che divenne poco alla volta una vera e propria comune anarchica appena fuori Londra. Da qui scaturirà l’ultima band pre-Crass, i Ceres Confusion, a metà tra lo psyco-rock e i Faust meno cosmici.

I Crass seppero creare in pochissimo tempo un’aura addirittura magica sul loro agire collettivo. Sul come fare la musica. Sulla musica come strumento di comunicazione. Decine di gruppi scrivevano loro ogni settimana per chiedere suggerimenti, consigli; per dar la disponibilità a suonare insieme a loro nei concerti quando fosse toccato alla loro città. Ma anche per poter registrare con loro. Sì, perché i Crass avevano fatto dell’autonomia e dell’indipendenza artistica il loro credo, diventando così un modello per tutte le giovani punk-band di quel periodo. Che desideravano, per l’appunto, registrare con la Crass Records e in seguito con la Corpus Christi, l’etichetta parallela dei progetti musicali secondo l’ideologia Crass.
Nel maggio del 1980 i Nostri fecero uscire un singolo insieme alle Poison Girls, anarco-punk band al femminile. Su un lato incisero “Bloody Revolutions” (classico suono Crass: batteria e basso sincopati, chitarra snervante e testo urlato) e sull’altro comparve il classico delle Poison “Persons Unknown”. I proventi del disco dovevano servire a finanziare la nascita di un centro anarchico a Londra.

Il 1981 vide la nascita del loro terzo Lp, Penis Envy. La copertina e il retro della stessa sono già una dichiarazione “tutta politica”. Una bambola gonfiabile incellofanata, contrapposta all’immagine del retro, un animale squartato in un macello.
Questa volta vi sono solo voci femminili quindi non vi è il contributo di Steve Ignorant e Pete Wright. Il progetto rappresenta una vera e propria sfida femminista ai cliché. Tutti. “Bata Motel” è un pugno nello stomaco. È la rivolta delle donne contro il ruolo imposto loro dalla società maschilista. Riff di chitarra taglienti per un power-punk tutto spigoli. In “Systematic Death” Eve Libertine canta: “Povera ragazzina, povera piccina/ le riempiranno la testa di inutili porcherie/ le insegneranno tutti i trucchi... voglio toglierti gentilmente la maschera”. Qui la musica risente dell’influenza punk-dark di San Francisco, Flesheaters per intenderci.
L’album scorre con sonorità meno asprigne e spigolose del solito, sino ad arrivare ai due pezzi in chiusura, “Healt Surface” e “Dry Weather”, con Eve Libertine e Joy de Vivre a duettare insieme. Testi durissimi, con musiche che paiono addirittura anticipare la world music odierna.

Il 1981 fu, tra l’altro, l’anno della morte in carcere per sciopero della fame del comandante dell’Ira Bobby Sands.
La morte di Sands e di altri nove giovani uomini (come lui per lo sciopero della fame) impressionò il mondo. Scoppiarono rivolte in tutta l’Irlanda e la stessa Londra venne messa in stato d’assedio.
Nello stesso anno prese il via il campo pacifista femminile di Greenham, destinato a dare il La all’apertura di una campagna antimilitarista nazionale che nel momento di massimo sviluppo potrà contare su più di cento campi “della pace” permanenti.
E all’inizio del 1982 si svilupperanno gli avvenimenti che porteranno alla guerra anglo-argentina della Falklands/Malvinas.

Crass - Penny RimbaudCarcere, pace, guerra: questi argomenti corroboravano i Crass che nel 1982 diedero alle stampe Christ The Album. Un cofanetto nero per due trentatré giri e un enorme poster in cui era ritratta Margaret Thatcher con una gigantesca “porzione di feci” in mano. Oltre a un libretto di 28 pagine attinenti lotte e riot che incendiavano tutta l’Inghilterra. Era una dichiarazione di guerra.
“Major General Despair” è l’espressione massima della rabbia del movimento anarco-punk nei confronti dei commercio internazionali d’armi: “Cerchiamo un mondo nuovo, ma cosa vediamo? Soltanto odio, povertà, aggressione, miseria. Tanti soldi spesi per la guerra quando tre quarti del mondo è disperatamente povero”. Quasi una slam-poetry a ritmo punk.
E poi “Nineteen Eighty Bore”, con un’iniziale commento della Thatcher sull’occupazione del Nord dell’Irlanda e un repentino attacco di batteria e chitarra al fulmicotone, sovrastati dalle belluine urla di Steve Ignorant. A seguire, “The Greatest Working Class Rip Off”, contro il movimento neonazista inglese. Puro punk-rock.
Notevole anche “British Control”, con Joy de Vivre che “insegue” Steve Ignorant all’interno di un cerchio di fuoco fatto di chitarre urticanti e basso da togliere il respiro.
Questo il primo dei due trentatré giri. Il secondo è/dovrebbe essere un live. Cut-up, declamazioni, registrazioni di rumori... Monte Cazazza?

L’ultimo album, Yes Sir I Will, apre con una copertina schietta. Un ritaglio del Sun, debitamente ingrandito, che riportava una conversazione tra il principe di Galles e un soldato gravemente ustionato nella guerra delle Falklands.
Il filo conduttore musicale cambiava nuovamente. Un lungo monologo (quasi defatigante) su un sottofondo sonoro stridente, addirittura fastidioso. Non vi è alcuna comunicazione nella musica, negli strumenti volutamente ridotti a “intona rumori”. Sino a un improvviso pianoforte suonato da Penny Rimbaud in “Did You Know, What Did You Care”. L’unico momento vero di musica e quindi giudicabile, ma singolarmente. Impossibile quindi abbozzare un giudizio complessivo per un lavoro così ostico.

Di lì a poco i Crass si scioglieranno. Anche questa volta in coerenza coi tempi. Come il loro ultimo e indecifrabile lavoro appena descritto. O forse no. Nel 1984 i minatori verranno definitivamente sconfitti dalla Lady di ferro dopo uno sciopero nazionale durato più di un anno. I Crass, come tanti altri musicisti, li avevano sostenuti. Ma ora la sconfitta era profonda, irreparabile. Fatta di una rabbia muta. Proprio come Yes Sir I Will.

Crass

Discografia

The Feeding Of The 5000 (Small Wonder, 1978)
Stations Of The Crass (Crass, 1980)
Penis Envy (Crass, 1981)
Christ The Album (Crass, 1982)
Yes Sir I Will (Crass, 1983)
Ten Notes On A Summer's Day (antologia, Crass, 1985)
Best Before (antologia, Crass, 1986)
Pietra miliare
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