Kills

Kills

Minim-al(t) rock

Per chi ama il rock allo stato brado, senza astrusi ritocchi decorativi o incursioni virtuosistiche meramente tecniche, Alison Mosshart e Jamie Hinche hanno rappresentato una vera e propria boccata di ossigeno. Ripercorriamo la loro parabola, dal minimalismo rock blues degli esordi al successo di "No Wow", sino alla svolta alt-pop dei lavori più recenti

di Claudio Lancia e Raffaele Teodonno

Intro 1
Quando il loro secondo album, No Wow, li portò alla ribalta internazionale, l’impressione fu che si trattasse di una band fuori dal tempo, con un suono personale, che non strizzava l’occhio a questo o quel gruppo di fan di genere. Garage-rock? Si, forse, ma anche no… Lo-fi? Beh, sì, tecnicamente, forse, ma che significa in termini di sonorità? Il duo anglo-americano, con radici familiari scozzesi, si è spesso autodefinito blues, ma anche qui siamo lontani dall’ortodossia che caratterizza tale stile.
Per chi ama il rock allo stato brado, senza astrusi ritocchi decorativi o incursioni virtuosistiche meramente tecniche, i Kills rappresentano nel nuovo millennio una boccata di ossigeno.Ciò che cattura è il beat incalzante, la rabbia a volte anche solo accennata, ma sempre presente sullo sfondo, la non-noia dei brani, parafrasando il titolo del citato breakthrough album. I Kills offrono composizioni più o meno riuscite, ma quasi tutte digeribili, facili da ascoltare, pur non seguendo la definizione comunemente nota di pezzi “orecchiabili”

Intro 2
Figlia di un commerciante d’auto usate (quintessenza dello spirito commerciale della periferia americana) e di un’insegnante d’arte, Alison VV Mosshart iniziò la carriera nella sua città, in Florida, con la punk-band Discount, di cui si avvertirà l’influenza nell’album d’esordio dei Kills. La band raggiunse un discreto successo con la solista teen-ager che spiccava sugli altri membri per talento e creatività. Mentre ancora frequentava le scuole superiori, Alison partì con la band per un tour europeo, e durante una delle tappe, in un appartamento di qualche città britannica (nessuno dei due pare abbia mai specificato quale, ma probabile trattasi di un qualche quartiere di Londra) Alison udì della musica provenire da un altro appartamento della stessa palazzina. Così avvenne il primo incontro con  Jamie Hinche, il quale era a sua volta membro di spicco di una rock-band locale, gli Scarfo.
La cronaca vuole che Alison abbia avuto un colpo di fulmine talmente intenso per le composizioni di Jamie, da avviare una corrispondenza intercontinentale finalizzata allo scambio di registrazioni ed idee relative a possibili progetti musicali. Per 3-4 anni i due si mantennero in contatto a distanza, e solo verso l’inizio del nuovo millennio, anche a seguito dello scioglimento dei Discount e di una condizione psico-fisica alquanto provata, Alison decise di rompere gli indugi trasferendosi a Londra per collaborare direttamente con Jamie.

Black Rooster
Il duo tanto immaginato e, in qualche maniera, “preparato” dall’annoso scambio epistolare, vide la luce nel 2000, con le prime esibizioni nel quartiere londinese di Soho. Con i nomi d’arte di VV e Hotel, tuttora in uso e cari agli affezionati della prima ora, i futuri Kills si crearono rapidamente uno stuolo di fedelissimi, con il loro sound scarno, essenziale, trascinante, contraddistinto dalle straordinarie qualità vocali di lei e dall’indubbio talento compositivo di lui. Non passò molto tempo che subito la stampa underground londinese tracciò il primo ingombrante paragone: l’accostamento fu niente poco di meno che con i Velvet Underground del periodo Nico. Giusto o errato che fosse, il confronto provocò l’accrescimento dello status della band, che rapidamente divenne una delle next big thing più strombazzate della scena indie londinese.
Dopo due anni come VV e Hotel, dopo aver scartato decine e decine di possibili nomi, finalmente il duo optò per la ragione sociale The Kills, giusto prima di pubblicare il primo Ep, Black Rooster (2002). Successo commerciale scarsino, ma elogi pressoché unanimi della critica di settore, che scorse l’enorme potenziale della formazione. I concerti divennero via via più curati ed affollati rispetto al primissimo live show, datato febbraio 2002, momento chiave nella vita di Alison,  la quale decise di tatuarsi la data sulla mano sinistra.

Keep On Your Mean Side
Nel 2003 ecco il primo album, Keep On Your Mean Side, il quale riprese tre tracce dall’Ep d’esordio. Gli elementi che caratterizzeranno il particolare suono dei Kills sono tutti già presenti: Keep On Your Mean Side è un disco semplice, dove il minimalismo alt-rock si coniuga con certe attitudini punk newyorkesi di fine anni 70, evidenti radici blues e dosi di sana elettronica. Il sound si presenta inevitabilmente acerbo, anche se godibilissimo nel susseguirsi di asprezze e melodie alternate ad arte, e alcuni influssi appaiono ancora un tantino forzati. Il vortice distorto di “Hitched”, le dilatate “Wait” e “Monkey 23”, le trascinanti “Cat Claw”, “Fried My Little Brain” e “Fuck The People” sono fra i momenti da segnalare. Inevitabili arrivano le prime associazioni fra VV ed altre storiche interpreti femminili, quali Patti Smith o PJ Harvey (basti ascoltare “Superstition” o “Pull A U”), oltre alla già citata Nico.
Realizzato con l’ausilio della drum machine e registrato con un real lo-fi 8-track recorder, l’album venne distribuito dalla Domino Record. I riscontri commerciali furono tutt’altro che eccezionali ma, considerando il loro status underground, comunque significativi. L’album ottenne recensioni tanto positive da renderne possibile la distribuzione anche negli Stati Uniti, e nel 2009 sarà oggetto di una corposa reissue con cinque tracce aggiuntive, fra le quali una cover di Captain Beefheart e una dei Jonathan Fire-Eater. Almeno per il momento, però, poco o niente si venne a sapere dei Kills nell’Europa continentale.

No Wow
L’eco iniziò a diffondersi con il tour anticipatorio di No Wow, che nel febbraio 2005 arrivò come una stilettata nel panorama alt-rock contemporaneo, con la sua riuscita miscela di blues e wave, di chitarre ed elettronica. Da un lato il duo si appoggiò alle tendenze indie del nuovo millennio, dall’altro all’estetismo degli anni 80, inciampando però su un drumming un po’ troppo statico e ripetitivo. Ancor più basico, scarno, cupo, diretto, trattenuto, incisivo del disco d’esordio, No Wow si dipana in brani qualitativamente impeccabili, e grazie a una correzione di mira in corsa sui singoli pubblicati, arrivò anche il successo commerciale: a “Love Is A Deserter” seguì infatti la più diretta “The Good Ones”, la quale seppe come spianare la strada.
In No Wow le influenze punk e blues si fanno più tenui, o meglio, rappresentano lo sfondo di un sound nuovo, piuttosto diverso da quello proposto da altri protagonisti del momento, come i popolarissimi White Stripes, ai quali i Kills vennero (indebitamente) accostati anche in Italia. Meno colorati ed iconici rispetto alla band di Jack White, decisamente più claustrofobici e intensi, i Kills preferiscono le tinte di un notturno bianco e nero, il maledettismo di Nick Cave, i soliti richiami a PJ Harvey, e saltuarie derive, come nel caso del country di “Rodeo Town”. Di sicuro non si trovano in questo album compromessi con il mercato: VV ed Hotel continuano sulla linea tracciata sin dagli scambi di file e cassette da un lato all'altro dell'oceano, avvenuti qualche anno prima. Per il mercato europeo venne pubblicato anche un bonus disc, comprendente versioni remix (alcune finirono anche sui singoli estratti) e outtake assortiti.

Collaborations 1
Il successo di No Wow non passò inosservato nella comunità alt-rock anglosassone, in particolare Alison Mosshart da semi-sconosciuta divenne un'ambita vocalist. Sono del 2006 le sue collaborazioni con due monster band: VV partecipò infatti al buon "Riot City Blues" dei Primal Scream e duettò su “Meds”, la title track del fortunato disco dei Placebo di quell’anno.

Midnight Boom
Nel 2008 esce Midnight Boom, album che sancisce definitivamente il successo commerciale dei Kills, entrando nella top 50 di mezza Europa e arrivando in cima alla hit US Hotseekers, una sorta di classifica dei “dischi caldi” d’oltreoceano.
Qualitativamente è un mezzo passo indietro, in quanto si dimostra più prevedibile, più pulitino e meno asciutto rispetto al precedente. L’atmosfera diviene meno claustrofobica e decisamente pop, più di qualche brano possiede tutte le caratteristiche per sfondare nel mainstream culturale nordamericano, ma non mancano certo i motivi di interesse per i vecchi fan, come le distorsioni di “M.E.X.I.C.O.”, le divagazioni da dancefloor di “Cheap & Cheerful” o l’indubbiamente riuscita “U.R.A. Fever”.
Si ha la sensazione di avere fra le mani un prodotto più studiato a tavolino, organizzato ad arte per cercare l’affermazione eclatante su entrambe le sponde dell’oceano. Le canzoni funzionano così bene che i Kills diventano una delle band maggiormente saccheggiate da film e serie televisive di successo. In particolare “Sour Cherry” diventerà un cult hit dopo essere stato utilizzato in "Gossip Girl", diventando uno dei motivi più noti dell’annata.
Ma non è l’unico appuntamento televisivo che si approprierà delle composizioni dei Kills: nello stesso anno "Doctor House", "Criminal Minds", "90210", "Friday the 13th" e numerosi film includeranno brani della band.

Collaborations 2
Nel frattempo i Kills diventano ancor più visibili, per motivi che esulano dalla mera produzione musicale. Nel 2008 Jamie incontra Kate Moss, la celebre modella, che diventerà la sua nuova compagna e, successivamente, moglie tre anni più tardi.
Alison, a sua volta, si avvicina, almeno professionalmente, a uno dei musicisti più noti ed ammirati della scena alt-rock britannica, John Anthony Gillis, alias Jack White, già leader, e icona rock, dei White Stripes.
Alison e Jack, insieme ad altri due volti noti della scena rock mondiale, Jack Lawrence dei Raconteurs e Dean Fertita dei Queens Of The Stone Age, danno vita ai Dead Weather, titolari nel 2009 di un esordio di straordinario successo in Nord America, "Horehound", al quale seguirà soltanto un anno più tardi l’altrettanto acclamato "Sea Of Cowards", che si muoverà sugli stessi binari blues-rock del predecessore.
Quella con i Dead Weather si dimostrerà una collaborazione in grado di lanciare in maniera definitiva la carriera della cantante dei Kills, facendo lievitare enormemente il suo livello di popolarità. A questo punto Alison appare distante dal suo progetto originario con Jamie: si mormora che la creatività del duo, dopo aver mostrato qualche segno d’usura già in Midnight Boom, non sia più ai livelli degli inizi.

Blood Pressures
Nel 2010, tuttavia, VV e Hotel tornano in studio per registrare quello che sarà il loro quarto album, pubblicato nel marzo 2011: Blood Pressures. E’ il risultato del lavoro di una band che ha ormai raggiunto un buon livello di maturità, arricchito dall'esperienza di Alison con i Dead Weather, e ha la fortuna di essere immesso nel mercato in un momento nel quale le aspettative nei confronti della band sono decisamente ridimensionate. In un contesto simile diventa più facile colpire positivamente l’ascoltatore medio. Si parte senza timori reverenziali, con "Future Starts Slow" e "Satellite" (scelto come primo singolo) che si dimostrano subito un bel sentire, dando il tono all'intero disco. È garage-rock di ottima fattura, meno minimalista rispetto al passato; ci sono le melodie, ma c'è anche la giusta dose di "rumore", con il plus della sempre efficace (e spesso sensuale) voce femminile di Alison, ormai una sorta di Debbie Harry (mora) della scena indie contemporanea.
I Kills non hanno paura di graffiare, e lo ribadiscono in tracce quali "Nail In My Coffin" o "DNA", dove il crunch delle chitarre si fa sentire. Ma c'è spazio anche per qualche riuscitissimo midtempo che dà ulteriori punti al progetto: "Baby Says" (che sarebbe un potenziale singolone da crepacuore), con i suoi echi wave, e la conclusiva "Pots And Pans", un blues elettrico che chiude i giochi in maniera magistrale. Più trascurabile l'altra ballad "The Last Goodbye", l'unica traccia nella quale viene trascurata la chitarra in favore del pianoforte. Anche quelli che potrebbero apparire dei riempitivi, svelano in realtà altri aspetti interessanti del duo, vedi l'impronta beatlesiana data alla breve "Wild Charms" oppure i richiami Roxy Music in "Damned If She Do". La scaletta è completata dalle prescindibili "Heart Is A Beating Drum" e "You Don't Own The Road". Con il passare delle settimane Blood Pressures si imporrà come il disco più accessibile dei Kills, cosa non necessariamente riprovevole, e dopo appena due mesi di vendite comunque soddisfacenti (Top 10 in Francia e Belgio e nuovamente Top 50 in Uk e Usa), la band deciderà di rendere disponibile in free download l’intero album sul proprio sito web. Un segno dei tempi, che dimostra quanto i dischi siano ormai diventati poco più che veicoli promozionali, e quanto oggi le band possano concretizzare guadagni importanti esclusivamente attraverso una fitta rete di concerti.

Nonostante il discreto successo commerciale, almeno nel circuito underground, Alison VV e Jamie “Hotel” rimangono a fine 2012 tra gli artisti più sottovalutati della scena alt-pop mondiale. E questo potrebbe anche non essere del tutto negativo: in fondo è piacevole sorprendersi ad ascoltare album come No Wow o Blood Pressures, concepiti da una band come i Kills, dalla quale non ci si attende necessariamente un capolavoro. Anche se poi magari finiscono per andarci davvero molto vicini.

Ash And Ice

Dopo cinque anni contrassegnati dagli impegni della Mosshart e da alcuni guai fisici di Hinche, a giugno del 2016 è la volta di Ash And Ice, il quinto lavoro in studio, di nuovo su etichetta Domino. Ash And Ice nonferma la formula consolidata del duo, che non sposta una virgola rispetto al passato, licenziando un lavoro gradevole ma ripetitivo.
Le basi sintetiche di “Hard Habit To Break”, il minimalismo d’antan di “Hum For Your Buzz”, l’incrocio di voci in “Bitter Fruit” e “Echo Home” (immancabile ballad da mattonella), il pianoforte che prende il centro della scena in “That Love”, sono spunti attraverso i quali i Kills tentano di dare una certa discontinuità ad un lavoro altrimenti davvero monocorde. Ma i risultati restano al di sotto delle aspettative, specie quando le spirali simil-afro dell’avvolgente “Days Of Why And How” si spengono troppo presto, quando “Let It Drop” e “Siberian Nights” scorrono in maniera oltremodo anonima, e quando persino le tracce posto in apertura e chiusura lasciano completamente indifferenti (fra l’altro “Doing It To Death è stata scelta come singolo di lancio). Fra le migliori del lotto vanno segnalate "Heart Of A Dog", "Impossible Tracks" e "Black Tar". Che in cinque anni questo rappresenti il meglio di quanto sono riusciti a scrivere, non può che suonare come un pericoloso e preoccupante campanello d’allarme.

Nel 2017, per festeggiare i 15 anni dalla pubblicazione dell'Ep d'esordio, il duo ne sforna uno nuovo, interamente acustico, Echo Home - Non Electric Ep, contenente cinque tracce, fra le quali la cover di "Desperado" di Rihanna.

A fine 2020 esce invece Little Bastards, raccolta di venti fra b-side e rarità, tratteggiata sul primo periodo di attività, quello che va dal 2002 al 2009. Ci sono tracce che avrebbero meritato maggiore fortuna e visibilità, come “Superpowerless”, diffusa nel 2008 come retro di “Last Day Of Magic”, oppure come il vivace minimalismo urban-blues di “Passion Is Accurate”, il rock’n’roll distorto e scartavetrato di “Kiss The Wrong Side”, il “garage-pop” di “Night Train” e “Blue Moon”, la sensualità di “Baby’s Eyes”, la malinconia di “The Void”.
Arricchiscono questa compilation una versione demo, finora inedita, di “Raise Me”, e ben quattro cover : “I Put A Spell On You”, evergreen originariamente portato al successo da Screamin’ Jay Hawkins, “Forty Four” di Howlin’ Wolf, “Sugar Baby” di Dock Boggs e una personale rivisitazione di “I Call It Art” di Serge Gainsbourg. Per i più curiosi, “Little Bastard” era il nomignolo simpaticamente attribuito alla drum machine con la quale i Kills approntarono le loro prime incisioni, che fungeva anche da registratore a otto piste e sequencer, una sorta di membro aggiunto durante i primi passi della band.

Trascorso il periodo della pandemia, a ottobre del 2023 i Kills tornano, dopo sette anni di assenza, con l'intenzione di rendere il proprio sound più ricco di sfumature. Il chitarrista Jamie Hince ha dichiarato di aver iniziato a comporre il materiale contenuto in God Games per destinarlo a un side project, ma cammin facendo si è reso conto di quanto queste canzoni sarebbero state benissimo dentro un nuovo album dei Kills. Ha quindi completato il lavoro con il consueto team formato da Alison Mosshart e dal producer Paul Epworth.
C’è qualcosa di spirituale nei dodici inediti di God Games, non soltanto per il titolo prescelto ma anche per i cori gospel che arricchiscono il declamato di “LA Hex” e per lo svolgimento catartico di “Going To Heaven”. Non si tratta però di una svolta religiosa, semmai di una “spiritualità laica” che si estrinseca in un album di garage-blues-rock solido e viscerale, dark e metropolitano, con l’unica pecca dettata dal ricorso alle moderne tecnologie di registrazione che disintegra il verace l’approccio lo-fi degli esordi. Le chitarre scorticate di “103”, i riff molto White Stripes di “New York”, l’andatura a suo modo trionfale di “Wasterpiece”, l’approccio retro di “Blank” sono altre sfaccettature che caratterizzano una ripartenza senz’altro convincente.