Jayn H Maiven è una musicista britannica che si è imposta nella scena dark-folk nel 2014 con un Ep di appena 22 minuti che l’ha segnalata come una delle più promettenti muse dark degli anni 10, alternando momenti dilatati ai confini dell'ambient a esplosioni di violenza tra doom e post-rock. I suoi rituali vedono come protagonisti una religiosità pagana e il fascino per la decadenza che oscilla tra speranza e desolazione. Inizia la sua carriera come voce degli Steals, ma rapidamente intraprende una strada solista col moniker Darkher, in cui ha possibilità di realizzare i suoi progetti, senza i limiti imposti dagli inevitabili compromessi dovuti al far parte di una band.
The Steals è stato un passo necessario per la mia maturazione. Avevo bisogno di cambiare e fare quel salto nell'ignoto per crescere come musicista e artista.
(J H Maiven)
I suoi brani sono strutturati su brevi arpeggi di chitarra, paesaggi oscuri e canto da strega, con un carisma e una capacità ipnotica che ricordano una via di mezzo tra le sue due colleghe Chelsea Wolfe e Anna von Hausswolff, fino ai brani folk apocalittici del duo Gira-Jarboe. Colpisce - in particolare nelle sue esibizioni live - la discrepanza tra il suo aspetto fragile, quasi diafano con lunghissimi capelli rossi, e la capacità di calamitare a sé sguardi e ascoltatori come ipnotizzati da un canto e un andamento che trascina, come un trip lisergico, all’interno di un mondo legato a una religiosità pagana che mette la natura e l'isolamento in primo piano. Al contempo la duplicità è presente anche nel doppio aspetto della sua musica, contemporaneamente inquieta e serena, oscura come possono essere gli incubi ma cullante come i sogni, dove l’oscurità delle trame e dei testi né angoscia né opprime, ma sospende dalla realtà l’ascoltatore grazie a una grande voce e a semplici arpeggi di chitarra semplici e minimali.
Assoldati il batterista Christopher Smith e il chitarrista Daniel Land esordisce nel 2014 con l’Ep The Kingdom Field che raccoglie tre brani pubblicati semi-clandestinamente nel 2013 (con un Ep omonimo autoprodotto) e un inedito. Quattro tracce di perfetto dark-folk che danno subito l’idea di enormi potenzialità. Tra questi spicca la bellissima “Hung”, con chitarra e voce ridotte al minimo senza altra strumentazione. La voce angelica e la lentezza del brano sembrano far provenire le note da un mondo al confine tra luce e oscurità, tra la morte e la speranza. “Foregone” diventa uno dei suoi manifesti, tanto da essere riproposta nell'Lp successivo, e si arricchisce con batteria e basso con ritmi più decisi. Il ritmo è martellante, simile a una marcia che ci conduce - tramite un canto disperato - a tematiche di morte e sofferenza interiore. “Ghost Tears” è una ballata che sarebbe stata benissimo in uno degli Lp di Chelsea Wolfe, mentre in chiusura troviamo il brano inedito, interamente strumentale “The Kingdom Field”, che dà il titolo all’album.
Nonostante la brevità l’Ep mostra una capacità di scrivere canzoni di impatto e d'atmosfera totalmente dark, caratteristica che si potenzia ulteriormente con l’album della maturità nonché della definitiva affermazione Realms (2016). Wissenberg incrementa potenza e atmosfera e sembra scoprire tanti elementi cha hanno fatto la fortuna del post-rock. Non sono pochi i momenti che ricordano i Godspeed You! Black Emperor, dalle intro lente all’incedere imponente dei crescendo finali. Il progetto Darkher, quindi, trova un’alchimia particolarmente riuscita di dark-folk, post-rock e doom che sa essere struggente (il canto estraniante), violento (i martellanti riff finali) e minimale (le intro tra minimal folk e ambient).
La lenta introduzione di “Spirit Waker” precede i ritmi marziali di “Wars”, carichi di pathos e solennità, e la disperata “Moths”, con finale lento e potente: episodi che danno chiaramente l’idea di questo nuovo percorso dove non c’è staticità ma un’evoluzione graduale delle tracce che cambiano radicalmente nel corso di pochi minuti, pur mantenendo sempre la medesima identità dark. I brani mantengono una struttura simile, ora più cupa (“Buried”, divisa in due parti) ora più decisamente post-rock (“Hollow Veil”), mantenendo in comune la violenza del finale.
Quando la malinconia prevale, lo fa con il folk di classe di “Lament” e “The Dawn Brings A Saviour”. C’è una filosofia nei testi, quel senso di alterità e alienazione che è tipico del mondo gotico, dove il fascino per la morte o per la solitudine è figlio di una non accettazione del giovanilismo imperante o della dittatura del “divertimento”, dove il rifugio per questa generazione “altra” sta nel fascino della decadenza, come per i romantici del Diciannovesimo secolo era il fascino per le rovine (i dipinti di Caspar David Friedrich, ad esempio).
The Buried Storm (2022), pubblicato dopo ben sei anni dal precedente “Realms” (2016), mostra una musicista più matura alla ricerca di sonorità più intime e testi poetici ed enigmatici. “Sirens Nocturne” dà inizio all’album con un bordone dark-ambient su cui si inseriscono archi e un canto sussurrato che diventa nel finale quasi un'invocazione religiosa. Il brano va avanti sostanzialmente senza cambiare per più di quattro minuti, divenendo di fatto pura atmosfera dark.
Inizia “Lowly Weep”, tipico brano di Jayn H Maiven. Introduzione lenta con il violoncello fa da base su cui si costruisce un crescendo inesorabile che culmina nel finale doom lento e martellante. E’ questa la tipica formula del progetto Darkher, che si ripete anche in altre tracce, le migliori dell’album. Tra queste “Love’s Sudden Death”, maestosa e macabra allo stesso tempo, capace di coniugare le sonorità elettriche di Chelsea Wolfe e il tono da ballata lugubre di Marissa Nadler. Dello stesso tenore, ma per certi versi un vertice tragico, è “Immortals”, sintesi assoluta della poetica oscura di Maiven, maggiormente melodica nella prima parte fino a un’imperdibile chiusura a metà tra dark e crescendo post-rock di chitarra e archi.
Gli altri brani sono più prossimi al dark-folk, ma lo fanno con uno stile riconoscibile (“Where The Devil Waits”, “The Seas”), con un canto angelico sommerso dal nero più assoluto.
The Kingdom Field(Prophecy Productions, 2013) | |
Realms (Prophecy Productions, 2016) | |
The Buried Storm(Prophecy Productions, 2022) |
Ghost Tears | |
Foregone | |
Hollow Veil | |
Moths acoustic version | |
Lament |
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