I Dilaila sono uno dei segreti "pop" meglio custoditi in Italia nel corso degli anni Duemila. Tinte noir, narrazioni coinvolgenti, melodie spiazzanti e l'ugola caldissima di Paola Colombo caratterizzano un percorso melodico sincero, talvolta struggente, a conferma dell'ottimo stato di salute dell'attuale sottobosco tricolore. È anche grazie alle loro canzoni se possiamo serenamente confermare la rinascita della "musica leggera" nel Belpaese. Li abbiamo raggiunti attraverso Paola Colombo, anima e voce del gruppo, tra nuove prese di coscienza e frizzanti argomentazioni...
Cinque anni di assenza sono tanti. Come avete trascorso questo periodo?
Inizialmente abbiamo avuto una lunga crisi d’identità, arrivando in alcuni periodi ad allontanarci dalla nostra musica, a trovarci meno frequentemente in sala prove, a chiederci quanto ci fosse di giusto e quanto di sbagliato nel modo in cui ci eravamo mossi fino a quel momento. Ma è servito a maturare una maggiore coscienza… una volta ricomposti i pezzi del puzzle ci siamo messi a scrivere, suonare, registrare “Ellepi”. Poi, col disco finito fra le mani, ci siamo messi a lavorare perché avesse tutta l’attenzione che secondo noi meritava.
Poi c’è una questione terminologica. Vedi, la parola “indipendente” è la più inflazionata di questi anni. E anche la più impropriamente usata. Ho sentito parlare di “mondo indie”, “cultura indie”, “moda indie”… porcherie che hanno a che vedere con tutto tranne che con l’indipendenza! L’unica definizione del termine che ammetto è quella etimologica: roba che viene prodotta, distribuita e promossa attraverso canali che non fanno parte del circuito major. Dopodiché presenziando ossessivamente ai concerti l’uno dell’altro, facendo proposte fotocopia, indossando le Converse, le t-shirt bizzarre e gli occhiali alla Clark Kent ci sentiremo tutti più tranquilli, appartenenti a un mondo. Ma saremo sempre il sottobosco, mai gli alberi.
Chi è “Ally”?
Un personaggio di fantasia. L’eroina di una favola noir.
Dal vivo siete ancor più energici, e la tua ugola, consentimi di dirlo, raggiunge vette ancor più elevate. Come state preparando le vostre tournee?
Stiamo cercando di creare uno spettacolo che abbia un senso dinamico, con diversi livelli di intensità. In passato eravamo più “attacca il jack e via” sul palco, troppo presi dal nostro viaggio personale per fare attenzione alla reazione della gente davanti a noi. La cosa aveva un suo fascino disturbante. Ora facciamo più attenzione a chi ci sta davanti, lo coinvolgiamo nel nostro viaggio.
Non cerchiamo un’esecuzione perfetta, non esercito la voce e non studio canto. Cerco solo di esprimere al meglio quello che i testi dicono, di rendere l’idea delle sensazioni che li hanno generati.
In “Tutta l’aria che c’è” è apprezzabile anche una certa sensibilità ecologica. Matt Johnson e Marvin Gaye sono stati tra i primi a tracciare nei loro testi simili bordate. Mentre oggi sono sempre meno gli artisti che trattano con una certa passione tali tematiche, nonostante la palese attualità del problema. Da dove nasce questo testo? Di chi è stata l’idea?
Volevamo scrivere un pezzo che parlasse di questi temi in modo candido, un po’ naif, come se anche noi arrivassimo dalla via Gluck. Sono preoccupata per questa deriva del disimpegno che sta investendo la società italiana e il mondo della cultura. Ci sono dei problemi enormi ma tutti sembrano voler guardare dall‘altra parte. Il testo è mio, gli altri mi hanno aiutato a portarlo a termine. Con questi temi si rischia sempre di scadere nella verbosità sterile e su un brano frizzante come questo sarebbe stato un peccato.
Cosa gira nel lettore di Paola Colombo in questo periodo?
Uhm …intanto “The Suburbs” degli Arcade Fire, che sta girando nei lettori di tutto il mondo conosciuto, da quel che mi risulta. Una raccolta live di Mina. Franco Battiato. Una raccolta di canzoni famose che mi piacerebbe cantare in pubblico - e non è detto che non lo faccia. Alcune bozze di nostri inediti. “Canzoni dell’appartamento”. Unòrsominòre. Valentina Dorme. “Armstrong” degli Scisma. Vado avanti!?
In “The Sleeper” si evince una certa teatralità a tratti “noir“. Sarà questa la vostra prossima “reincarnazione” musicale? Cosa si aspettano i Dilaila dal futuro?
Mi diverte dare una forma visiva oltre che sonora alle canzoni. Creare un immaginario.
Però la tua domanda è troppo difficile, non so cosa aspettarmi. Sembra che la svolta di “Ellepi” stia piacendo alla critica e al pubblico, o almeno questa è l’impressione. E poi soprattutto piace a noi.
Preferisco concentrarmi su questo momento, coltivarlo con cura e raccoglierne i frutti, se ce ne saranno. Poi al futuro ci penseremo…
Amore+psiche (Ekomusic, 2003) | ||
Musica per robot (ilrenonsidiverte, 2005) | ||
Ellepi (Pippola, 2010) | ||
Tutorial (Niegazowana/Audioglobe, 2014) |
Sito ufficiale | |
Myspace |