In occasione del terzo disco della band californiana, abbiamo raggiunto al telefono il bassista John Famiglietti. Le sue risposte mettono in luce la voglia del quartetto di non sentirsi limitato nel proprio percorso musicale e creativo, ma anche il desiderio di non snaturare le idee di base che hanno portato alla formazione del gruppo ormai dieci anni fa.
Il nome del vostro sito è semplicemente "youlillloveeachother", la cosa è strana perché di solito i nomi sono collegati a quello della band. Da dove viene "youwillloveeachother"?
Il sito in realtà si chiamava inizialmente "healthnoise.com", ma poi ci sono stati offerti dei soldi per il nome perché volevano utilizzarlo per un blog sulla salute. Abbiamo quindi deciso di accettare e di fare un nuovo sito. "youwillloveeachother" è stato fin dall’inizio una specie di simbolo per la band che mostrava il nostro lato più dance.
Vi ho visti dal vivo nel 2009 alla Casa 139, non so se ricordi.
Era a Milano o a Bologna?
A Milano. Ricordo quella volta c’erano quasi delle esplosioni di chitarre, mentre ora il suono è molto più vario, però penso che si senta che questa è l’evoluzione di una band, avete ampliato lo spettro sonoro ma non state facendo cose completamente diverse. Cosa vuoi dirci su questo?
Ecco, questo è il punto. Tutto quello che facciamo ricade sotto le stesse idee di base, ma al contempo sentiamo che non vogliamo essere limitati da niente. Il nucleo di quello che facciamo è sempre lo stesso, ma penso che questo sia il miglior disco che abbiamo fatto.
Quello che mi piace di questo disco, così come dei precedenti, è che il suono risulta già di per sé capace di attirare l’attenzione dell’ascoltatore, quindi è già un elemento importante, però anche le melodie e il songwriting lo sono.
Questo è sicuramente il disco più melodico che abbiamo fatto, oltre a essere quello dal suono più ampio. In generale, non posso che essere d’accordo con quello che dici e ti ringrazio.
Rispetto ai dischi precedenti, ho l’impressione che a livello vocale questo disco sia molto più impegnativo per chi deve cantare, visto che deve farsi sentire su un suono molto stratificato. Hai notato particolari difficoltà per il vostro cantante rispetto al passato?
No, anzi, è stato il contrario, per Jake è molto più facile cantare questo disco rispetto ai precedenti, è vero che il suono è più stratificato, ma è anche molto più melodico. Poi eravamo anche particolarmente eccitati da queste nuove canzoni, quindi anche lui ha avuto più voglia di cantarle secondo me.
Con tutte queste cose diverse che confluiscono nelle canzoni, come le costruite? Ho letto che agli inizi avete dovuto passare tanto tempo a capire come scrivere assieme. Avete poi cambiato qualcosa durante il vostro percorso?
È cambiato molto e comunque ogni volta è diverso, per questo disco abbiamo usato molto di più il computer. In generale, il processo cambia a seconda di chi porta l’idea iniziale. Se sono io, di solito porto giusto un concetto base, una sorta di istruzione e su questo lavoriamo assieme. Ora, con il computer, costruisco l’idea e lavoriamo da lì. Per questo disco, alcune canzoni sono nate direttamente dalle melodie portate da Jake, per noi è stata una cosa nuova costruire tutto il mondo di una canzone partendo da una melodia. In ogni caso, il cambiamento più grande è stato l’aver usato un computer. C’è anche più elettronica rispetto ai dischi precedenti, quindi dovevamo per forza usare un computer.
Noi ascoltatori non di madrelingua inglese probabilmente faremo molta più attenzione a quello di cui abbiamo parlato finora e non faremo caso ai testi. C’è qualcosa che vuoi dirci in generale su questo aspetto?
In realtà non abbiamo mai fatto attenzione ai testi nemmeno noi nei dischi precedenti… Ma in questo sì, siamo stati attenti anche a questo aspetto, si parla molto di morte e di cose del genere.
Quindi il titolo “Death Magic” viene proprio dal fatto che il tema della morte ricorre molto nei testi?
Sì, si parla di morte, ma anche di esistenzialismo e di esperienze reali. Comunque per me non è un problema che la gente giudichi solo la musica nel nostro lavoro e non si interessi dei testi.
Sono scritti da Jake i testi?
Sì, li scrive tutti lui. Su tutto il resto collaboriamo, ma quella è una cosa che fa solo lui, noi altri ci limitiamo a approvarli o no. Rimangono solo quelli che vengono approvati all’unanimità.
Vi ho anche visti dal vivo quando avete fatto da spalla agli Interpol lo scorso gennaio, qui a Milano. Quando avete fatto quei concerti, il disco nuovo era già pronto?
Sì, era già pronto. Comunque dopo che le abbiamo suonate live in quei concerti, abbiamo cambiato molte cose nelle canzoni, nel modo in cui le eseguiamo, e per i prossimi concerti saranno in una veste diversa.
Ora ho visto che avete un po’ di date europee, purtroppo senza l’Italia, spero che in seguito tornerete ancora qui. In questi live che farete ci sarà quindi molta differenza rispetto a come sono le canzoni su disco?
Sì, non una grande differenza ma qualcosa di diverso c’è.
Siete solo voi della band sul palco o avete qualche musicista aggiunto?
Siamo solo noi della band, non lo farei mai di suonare con musicisti aggiunti per i live.
Il vostro album di inediti precedente a questo è del 2009, quindi è passato un sacco di tempo, so che non siete stati fermi come band tra remix e altro, ma qualcuno di voi ha lavorato anche ad altri progetti al di fuori degli Health?
Nessuno di noi ha altri progetti, siamo troppo impegnati a lavorare tecnicamente su ogni cosa perché venga bene. È ormai passato tantissimo tempo dall’ultima volta in cui qualcuno di noi ha lavorato fuori dalla band.
Sapete già i tempi per altre vostre prossime pubblicazioni?
Sappiamo solo che vorremmo che le prossime pubblicazioni arrivassero con un intervallo più normale e non dopo tutto il tempo che è passato tra l’album precedente e questo, questo è l’unico piano che abbiamo. Al momento siamo impegnaati a suonare live, che è una cosa bellissima e che amiamo molto fare, soprattutto ora, dopo che non lo facevamo più da un sacco di tempo.