I Mamuthones dell'ex-Jennifer Gentle Alessio Gastaldello sono uno dei gruppi di punta della psichedelia occulta italiana. In attesa del loro nuovo lavoro, li abbiamo raggiunti per un'intervista.
Alessio, per cominciare: da chi è composta la band attualmente?
Attualmente la band è composta, da me (synth/voce/percussioni), Matteo Polato (chitarra) e Francesco Lovison (basso synth) della band padovana degli Slumberwood, autori di due ottimi album e presenti nella compilation "Nostra signora delle tenebre" e Andrea Davì, eccellente musicista padovano proveniente dalla band The Beautiful Bunker (anche loro su "Nostra Signora delle tenebre") e attivo in molti altri contesti che vanno dal jazz alla musica contemporanea fino ai Lay Llamas. Maurizio Boldrin, batterista leggenda del beat padovano negli anni 60 e poi nella band di Pino Donaggio, ha lasciato la band nel gennaio 2015 dopo aver pubblicato Collision #4. Suona anche nei brani di "Symphony For The Devil".
A proposito di "Nostra Signora delle tenebre", come mai avete scelto proprio "The Thing" di Morricone come pezzo da coverizzare? La vostra versione è molto bella, tuttavia mi sarei aspettato da voi qualcosa di antropologicamente legato "all'occulto" di casa nostra...
In realtà il pezzo ci è stato proposto dal curatore della compilation, Marco Damiani, mio grande amico. Il pezzo ci è piaciuto molto e ci siamo attenuti alle consegne. Pur piacendomi molto l'horror, non posso ritenermi un grande conoscitore per cui non avevo un mio film o tema preferito da proporre. Non mi dispiaceva poi l'idea di cogliere la sfida, essere costretti a misurarsi con qualcosa che non avevamo scelto.
Riguardo "Symphony For The Devil", com'è andata la cosa?
Un po' di cazzeggio e un po' la voglia di “mettersi alla prova”. Le cover hanno per me un grande fascino: rappresentano una sfida, l'occasione per rendere omaggio a un mostro sacro mettendoci del proprio, perfino arrivando a dissacrarlo, come forse abbiamo fatto noi. Una delle mie cover preferite in assoluto è “Satisfaction” dei Devo e un po' era lì che volevo arrivare. “Sympathy For The Devil” è uno dei miei pezzi preferiti, nella mia testa è un omaggio ai Rolling Stones, ma anche ai Devo, a Lcd Soundsystem (utilizziamo lo stesso ritmo della Casio PT-20 che usa lui in “Losing my Edge”) e al suo citazionismo (in una versione abbiamo “giocato” un po' con E2-E4, nell'altra con lo shoegaze). Avevamo appena abbozzato la cosa e ne ho parlato con Chris di Rocket Recordings, è venuto fuori che “Sympathy For The Devil” è la sua canzone preferita e ha voluto sentire a tutti i costi il demo, veramente embrionale, che avevo registrato in sala prove per sentire cosa stavamo combinando. Ne è rimasto entusiasta. Noi abbiamo continuato a provarla e l'abbiamo inserita in scaletta nei concerti (con risultati alterni a dire il vero) e non siamo andati avanti con le registrazioni finché Chris questa primavera mi ha chiesto se l'avessi completata. Ho ripreso in mano la cosa e la prima versione che ho mandato era quella che è diventata il singolo. Lui mi ha detto: “Ok, hai il radio edit, ti mancha la versione lunga e un remix e facciamo un 12””. Da lì è venuta fuori l'idea di recuperare “Anylonger”, pezzo derivante dalle session di “Collision #4” e di far remixare entrambi i brani. “Lucretio” l'abbiamo proposto noi, i Giant Swan Rocket. Il risultato in entrambi i casi è stato sorprendente, l'ennesimo stravolgimento.
Come è avvenuto l'incontro con Rocket Recordings?
In modo molto semplice. Inviando una e-mail con un link per ascoltare in streaming i pezzi nuovi. In realtà, quello che è stato pubblicato da loro non è esattamente quello che avevamo presentato. Noi avevamo un album pronto, un album che è stato presentato a varie etichette qui in Italia e, non ti nascondo un po' di rammarico in questo, un album che è stato rifiutato e/o ignorato. Abbiamo iniziato a guardarci fuori e Rocket è una delle etichette che abbiamo contattato. Chris ha subito mostrato un forte interesse, anche se non era convinto dell'insieme. Ci ha proposto di rivedere alcune cose e di pubblicarle nello split. Dopo un primo momento di smarrimento ho ripreso in mano il lavoro e devo dire che, grazie anche alle osservazioni di Chris, i pezzi hanno preso una luce diversa. Per me si è trattato per la prima volta di lavorare, anche se in differita, con una sorta di produttore, e devo dire che non mi è dispiaciuto affatto. Anche per completare “Symphony For The Devil” gli scambi con Chris e John sono stati molto proficui. Ora stiamo lavorando al nuovo album e spero l'esperienza si ripeta.
L'album omonimo del 2011 aveva un suono scuro, rituale e monolitico, mentre i pezzi dello split sono molto più ritmati. Si è sostanziato in questo cambiamento l'intervento della Rocket o si è trattato di una vostra scelta?
Non esattamente. I pezzi sostanzialmente erano già così ed erano già parte dei nostri concerti. Erano però inseriti in un album che legava questi pezzi ad altri più in linea con l'album omonimo di cui parli. Rocket ci ha invitato a esasperare questo nuovo aspetto, anche con degli arrangiamenti e dei mix più "asciutti", un cantato più in primo piano e a presentarli uno dietro all'altro. Probabilmente fosse uscito l'album come l'avevo pensato, lo stacco col lavoro precedente sarebbe stato meno evidente. Anche se devo dire che per me, l'aspetto rituale è ancora molto presente, il ritmo, la danza, io li trovo estremamente rituali.
L'album su cui state lavorando in che direzione va?
Ho in testa molte cose, in un certo senso molto ambiziose, ma siamo a uno stato del lavoro in cui non so cosa riuscirò a concretizzare. Per ora stiamo lavorando su 3/4 brani, molto diversi tra loro e abbastanza "scritti" rispetto al nostro standard, riprendendo il discorso di prima tendenzialmente molto ritmati. Però è nostra intenzione fare anche qualcosa di molto free e anche dilatato. Insomma, ieri sera, finite le registrazioni, ci siamo dati questa immagine: "Un puzzle schizofrenico, completo ma con le tessere incastrate sforzando un po' le cose".
Andiamo agli inizi: che mi dici dei Jennifer Gentle? Sembravate poter sfondare anche dal punto di vista commerciale...
Prima di tutto dovremmo metterci d'accordo sul concetto di "sfondare dal punto di vista commerciale"... Finché ne ho fatto parte c'è stata una crescita costante e sinceramente non avrei potuto chiedere di più. Siamo partiti registrandoci e stampandoci i cd, curandone la "promozione" con la stampa, ci siamo pure trovati una distribuzione estera che vendeva più copie della distribuzione italiana, ci organizzavamo da soli i concerti e abbiamo suonato tra gli altri con i Mogwai, abbiamo portato noi per la prima volta in Italia gli Acid Mothers Temple e infine abbiamo firmato, mi pare prima band europea, ma potrei sbagliarmi, un contratto per tre dischi con Sub Pop, ne ho pubblicato uno ed effettuato un tour negli Usa di 16.000 km, 40 concerti in 45 giorni. E sicuramente ho dimenticato qualcosa... ah sì... prima ancora di firmare per Sub Pop ci siamo tolti lo sfizio di suonare al Cbgb's, tutto in 5 anni. Ho dato tantissimo a quella band, ho ricevuto tantissimo indietro e ho imparato moltissime cose.
Perché "sei uscito dal gruppo"?
In un momento in cui si trattava di impegnarsi molto per il gruppo (si doveva iniziare a registrare il secondo disco per Sub Pop con tutto quello che ne sarebbe seguito, e si iniziava a parlare di un tour in Cina) io ho messo su famiglia e per forza di cosa mi sono fatto da parte. In realtà, a posteriori, credo il rapporto tra me e Marco in quel momento non fosse più così magico e non abbiamo nemmeno cercato di trovare un'alternativa a questo.
Divergenze artistiche?
Non credo... non girava più bene... le nostre vite non erano più in fase.
A quel punto avevi deciso di smettere di suonare o i Mamuthones erano già nella tua testa?
No, rimasi molto disorientato dalla cosa, per quanto la sentissi come inevitabile. Non avevo nessuna idea pratica per il futuro, di certo non volevo una nuova band, smettere di suonare in senso stretto mi era abbastanza indifferente... io non suono! Nel senso, non mi metto mai a suonare per il gusto di farlo, all'epoca poi il mio unico strumento era la batteria. Quando suono registro, compongo, o ci provo... all'epoca si trattava di ripartire da zero, anche con la pratica della registrazione, con i Jennifer avevamo sempre lavorato in analogico, la mia nuova condizione operativa era incompatibile con i macchinari analogici, ho preso una scheda audio, installato il cubase e iniziato a sperimentarlo un po'. Comunque, prima di incidere una nota avevo già deciso il nome Mamuthones, l'immaginario di riferimento, le atmosfere che volevo e per questo ho pensato che, oltre alle percussioni che avevo già in casa, dovevo aggiungere un organetto ad aria. E da lì sono partito.
Tra l'altro, rispondendoti mi viene voglia di riportarti una cosa che ho letto in giro e sulla quale, se ti va, vorrei sentire la tua opinione. Leggevo un commento in rete di uno dei tanti musicisti frustrati che popolano i social network, tirava un po' di merda su tutta la musica italiana... da X-Factor ai Verdena, arrivando a mettere nel calderone, come se poi come numeri e potenzialità commerciali le cose potessero stare insieme, i gruppi dell'Italian Occult Psychedelia che "sono più attenti alle copertine dei loro dischi che a come suonano". Ecco, la cosa mi ha fatto inizialmente molto ridere, perché pensare di infilare noi e i nostri gruppi "fratelli" nello stesso post in cui si parla di X-Factor, dai, fa ridere. Poi però mi ha fatto riflettere e sinceramente, parlando con te che hai dedicato sempre molta attenzione alla "scena" (maledetto/benedetto l'hai inventata tu!) io voglio rivendicarla questa cosa (anche se devo dire che all'interno dei gruppi IOP ci sono anche dei musicisti tecnicamente molto preparati). Sì, io non so suonare in senso stretto, sono un pessimo musicista da questo punto di vista. Due idee in vita mia però le ho avute, e sì, una era proprio che l'immaginario, l'idea del tipo di musica che vuoi fare, quello che vuoi esprimere venga prima di tutto. E dunque che anche le copertine siano fondamentali. Non disporre di un immaginario proprio o non saperlo esprimere in modo adeguato, con coerenza, secondo me sono sempre stati dei grossi limiti di molti gruppi italiani. Molte volte si è andati a rimorchio del gruppo (straniero) del momento. Io credo che i Mamuthones e gli altri gruppi dell'IOP abbiano imposto un loro immaginario, molto italiano, e questa è una cosa fondamentale.
Mah, Alessio, che dirti? Una risposta seria considererebbe il fatto che che la Rete, nella sua funzione omologatrice, spinge a mettere sullo stesso piano cose diversissime... tuttavia, credo che il tipo in questione abbia semplicemente peccato d'ignoranza buttando nel medesimo calderone piano X-Factor, Verdena e Italian Occult Psychedelia. Ecco, a proposito d'immaginario: è l'immaginario scelto che ha influenzato la musica dei Mamuthones o è in base alla musica che hai "scelto" quel determinato immaginario?
Ok, ma non mi interrogavo sul perché in rete alla fine si facciano i calderoni, mi interessava la tua sul fatto che i gruppi dell'IOP possiedano un proprio immaginario molto definito e "italiano" e che questo sia altrettanto importante quanto la musica che suonano, anzi la completano, la valorizzano. E così in sostanza ti ho già risposto! Nel mio caso è un po', passami l'espressione, chiedersi se è nato prima l'uovo o la gallina. Io fondamentalmente volevo un progetto votato alla ritualità ancestrale, agli archetipi, avevo in mente una serie di immagini, di suoni, e ho incrociato queste maschere, che non conoscevo, ed è stato un attimo decidere il nome della band. Ripeto non c'era una nota incisa ma la direzione dove andare mi era chiarissima.
Be', sul discorso dell'immaginario vale il discorso del kraut-rock, anche in quel caso la cosa riguardava maggiormente il suono. Se ci fai caso, ogni qual volta che scene, artisti, band si sono affrancati dal dogma dall'americanocentrismo (e dall'anglocentrismo), cercando di attingere dalle specificità culturali dei propri luoghi d'appartenenza, sono riusciti a mettere su discorsi originali. L'Italian Occult Psychedelia è uno di quei casi, ed è interessante perché l'immaginario si è rivelato elemento unificatore di una scena pur in presenza di band e di suoni diversissimi tra loro. Tornando a Mamuthones, qual è la band italiana cui vi sentite più vicini, sia dal punto di vista dell'immaginario che del suono?
Mah... proprio per come l'hai inquadrato tu (benissimo) il discorso, io credo non ci siano affinità musicali così strette tra le band. E' proprio un discorso di immaginario e di attitudine, quando abbiamo suonato noi al Thalassa, quel giorno, eravamo l'unica band propriamente detta. Ovviamente se ci si ferma a un ascolto superficiale, uno potrebbe anche dire che quella giornata era una macedonia senza senso, in realtà invece il senso c'era eccome, nonostante gli stacchi di suono e line-up veramente marcati tra una band e l'altra. Forse potremmo dire i Father Murphy per le tematiche religiose? Secondo te?
Father Murphy, assolutamente. Senti, a proposito di scena italiana, so che ultimamente avete suonato in Inghilterra. Com'è stata l'accoglienza in terra d'Albione e avete constatato attenzione per le "cose italiane"?
Molto buona. Al Liverpool Psychedelic Festival è stato fantastico, sia noi che Mai Mai Mai abbiamo fatto un gran concerto con una grande risposta. C'è molto interesse per il "nostro" giro. Ho appena fatto un'intervista per un ampio articolo in uscita riguardante l'IOP, mi arrivano e-mail con richieste di consiglio su quali band ascoltare, la musica viene trasmessa alla radio. Ieri qui è uscita un'intervista che Nicola dei Lay Llamas ha fatto a me, insomma, nessuno ha ancora suonato a Wembley ma c'è molto interesse per le "cose italiane".
"In More Alien Than Aliens" ci sei solo tu dietro la sigla Mamuthones. Ti stai preparando a un futuro dietro le manopole?
Anche su "Sator" ero solo io. In entrambi i casi, comunque, è tutto suonato, non c'è elettronica, se è questo che intendi con dietro le manopole, niente di preconcetto nei confronti della musica elettronica, dovessi ritenere di averne bisogno per quello che voglio esprimere, non esiterei a utilizzarla. Per ora mi bastano le manopole dei synth. Come non escludo di registrare in futuro di nuovo qualcosa da solo, per ora sto lavorando sapendo di avere a disposizione tre ottimi musicisti, che sono anche tre ottime persone con cui lavorare e passare del tempo insieme, e il desiderio è quello di spingere molto in questa direzione, abbiamo infatti appena completato la pre-produzione di quattro brani molto "suonati".
(14 febbraio 2016)
The First Born (con Fabio Orsi) (A Silent Place, 2008) | |
Sator (Boring Machines, 2009) | |
Mamuthones(Boring Machines, 2011) | |
More Alien Than Aliens(CORPOC / Boring Machine, 2013) | |
Collisions Vol. 4 (split con gli Evil Blizzard)(Rocket Recordings, 2015) | |
Symphony For The Devil(Rocket Recordings, 2015) | |
Fear On The Corner (Rocket Recordings, 2018) |