Misophone

Spettri delle nostre vite

intervista di Gabriele Benzing

Ci sono mancati, i Misophone. Dall’uscita di “Lost At Sea”, nel 2013, avevano fatto perdere le loro tracce. Ora, finalmente, i loro contagiosi carillon psych-pop sono tornati, in una forma più ambiziosa che mai: un doppio album di ben 30 brani, intitolato “A Floodplain Mind”. Abbiamo chiesto a M.A. Welsh, metà del duo inglese (al fianco di S. Herbert), di raccontarci come sono andate le cose e che cosa ha in serbo il futuro per i Misophone.

Anzitutto, una domanda praticamente obbligatoria: dal vostro ultimo disco (e dalla nostra precedente intervista) è passata ormai una decina di anni, un tempo lunghissimo per una band prolifica come la vostra. Ci racconti un po’ che cosa è successo nell’universo Misophone nel frattempo?
Ho perso i contatti con S. un po’ di tempo fa. È sempre stato una figura sfuggente e solitaria, ma stavolta sembrava che fosse sparito oltre i confini del mondo. Per un po’ ho pensato che la possibilità di un nuovo album dei Misophone fosse tramontata per sempre. Pensavo che fosse finita. Poi è arrivato un pacco alla mia porta. Non c’era niente dentro, se non un ritaglio di giornale e una chiavetta Usb con un’etichetta che diceva: “It begins...”. Era lui! Poi sono arrivati i file digitali e “A Floodplain Mind” ha cominciato seriamente a prendere forma. Ci abbiamo lavorato per anni.

A Floodplain Mind” suona al tempo stesso come un classico album dei Misophone e come qualcosa di profondamente diverso, dalle voci all’atmosfera complessiva dei brani. Che differenza pensi ci sia rispetto ai vostri dischi precedenti? Lo consideri più come il punto di arrivo di un percorso o come un nuovo punto di partenza?
Non so se sia diverso o meno. Volevamo solo fare le cose per bene. Abbiamo trascorso anni a mettere a punto ogni singolo suono e volevo assicurarmi che si sentisse che le parole erano cucite con la musica. Insieme volevamo creare qualcosa che forse non avevamo mai fatto prima. Qualcosa di cui essere orgogliosi! Inoltre, più gente ci diceva che avrebbe suonato e cantato con noi nel disco, più pensavamo che avremmo fatto meglio a tirar fuori i pezzi al più presto. Non è un punto d’arrivo. È l’inizio di ciò che abbiamo sempre voluto registrare. Anche se non riesco a credere che l’abbiamo finito... non riesco a credere che stia entrando nel mondo come una cosa completamente formata...

Come si è svolta la registrazione del nuovo disco? Il vostro processo creativo di solito vedeva affidata a M. la responsabilità di testi e voce, mentre S. si occupava delle melodie. In “A Floodplain Mind” questo equilibrio è cambiato in qualche modo?
Abbiamo un archivio pieno di centinaia, se non migliaia di canzoni. Non un archivio digitale, ma un archivio fisico con canzoni che risalgono fino a vent’anni fa. Sono sicuro che non siamo gli unici. Ci ha dato (e ci dà) molto da cui attingere. Nella maggior parte dei casi queste canzoni seguono lo schema di sempre. Parole e musica, cantare e armeggiare. In questo disco c’è stato qualche esperimento in più, credo. Nei brani di spoken word abbiamo giocato con la manipolazione del suono in maniere diverse dal solito. Ma per lo più è emerso uno schema familiare, anche se in qualche modo questa volta è stato meglio. S. ha creato qualcosa di magico... almeno per me – ha trovato una grande ricchezza nei mondi sonori di queste canzoni, che forse non era presente prima. Per me è un genio.

MisophoneFin dai versi iniziali di “All The Ghosts Of Evening” (“These are the days I’ll remember/ Always with a hint of sadness”), tutto il disco è percorso da un senso nostalgico del passato. Pensi che la vostra musica possa essere accostata a quella che in “Spettri della mia vita” Mark Fisher (riprendendo Jacques Derrida) definiva “hauntologia”, la “persistenza del non più” che infesta il nostro presente?
“Hauntologia”… ci piace questa idea! Siamo sempre stati attratti dal passato. Come molte altre persone. È un fascino sciocco, ingenuo e romantico. È fittizio, ma confortante e strano nella stessa misura. Alcune di queste canzoni sono molto vecchie e durante l’evoluzione dell’album abbiamo scoperto che continuavamo a collegare cose diverse tra loro. L’album è cresciuto grazie a queste connessioni. Per le poche persone che hanno ascoltato le nostre altre canzoni, speriamo che apprezzino questi piccoli momenti.

Con “William And Mary” avete deciso di reinterpretare una canzone della tradizione folk inglese. Secondo te, che cosa rende queste canzoni ancora capaci di parlare oggi al nostro cuore?
Le vecchie canzoni hanno preso polvere nel corso degli anni, ma è nella polvere che lasciamo le nostre impronte. È questa la cosa importante.

Un altro tema ricorrente del disco è l’immagine della natura (colline, brughiere, foglie cadute, panorami innevati), che spesso riflette un senso di angoscia interiore. Quanto è importante per voi riscoprire il tempo necessario per osservare la realtà, per indugiare sulle cose che ci stanno intorno?
Penso che i boschi, le colline, i fiumi e il mare siano spazi in cui il tempo sembra meno importante nel breve termine, ma si sente l'importanza del tempo in modi che la mente inconscia assorbe. Sono luoghi in cui sentirsi vivi. Passare il tempo a osservare è un grande privilegio, ma è una cosa di cui non si dispone abbastanza. Vorrei che avessimo più tempo.

In “Sky” avete affidato uno spoken word in spagnolo a Zazil Yakín Xipé: come è nata questa idea?
C’erano alcune parole che avevo scritto e che erano troppo personali per me per essere cantate, ma che volevo fossero presenti nell’album. Yakín Xipé ascolta i Misophone fin dall’inizio, ma scrive anche canzoni molto belle. Abbiamo pensato che la sua traduzione avrebbe permesso a queste parole di assumere una nuova identità. Ci piace molto il contributo che ha dato alla canzone, ma anche all’album. È stato un vero piacere averla coinvolta.

Misophone“A Floodplain Mind” è un disco ricco più che mai di ospiti. Secondo te, qual è il segreto per una collaborazione fruttuosa?
Quando qualcuno riesce a portare un po’ di magia in più, qualcosa al di fuori della tua portata… ecco qual è il segreto!
È la cosa che probabilmente ci ha reso più felici dell’album. Persone che ammiriamo molto hanno apportato il loro talento all’insieme. È magnifico. Ogni persona che ha offerto un contributo ha reso le canzoni qualcosa di più. Qualcosa che non avremmo potuto fare da soli.
Chris Vibberts è un artigiano e un artista assoluto, che ha contribuito con sitar, lapsteel, khim, marxofono e melodica con una generosità incredibile. Un album dei Misophone con un marxofono mi sembra fantastico.
Tom Rocton, un vecchio amico, ha arrangiato e registrato una mini-orchestra in “The Flood”, per la sua gentilezza di cuore, ma ha anche portato di nuovo il suo brillante trombone. È incredibile per noi. È incredibile! Maxence Danet-Fauvel ha portato il suo talento di attore, talento che noi semplicemente non abbiamo, e ha dato vita a un esperimento strumentale. Robin Allender, che ammiriamo da molto tempo, ha inviato una parte di chitarra straordinaria, così come Boys Age. Maja Lena, Noa Mal, India Blue, Aubben Renee, Rachel Hayward hanno prestato le loro bellissime voci, Satoko Takahashi, Noémie Akamatsu, Jeremy Lussiez, Florent Charpentier, Loris Martinez, Bastien Ponsart, Matthew de Roode, Lewis Jones hanno portato qualcosa che noi non avremmo mai potuto fare.
Siamo estremamente grati per tutto questo. Ci sono alcune collaborazioni che si erano quasi concretizzate per questo disco, ma che sono saltate all’ultimo minuto. Collaborazioni da non credere, che spero possano tornare nel prossimo album.

Se potessi evocare il fantasma di un artista con cui registrare una canzone, chi sceglieresti (e perché)?
Ivor Cutler. Perché era, è e sarà sempre magnifico. Seguito a ruota da Nicolae Neacșu, il grande violinista, cantante e narratore rumeno. È al tempo stesso un collegamento diretto con il passato remoto e un richiamo al ruolo fondamentale della musica nel presente. E quando suonava il violino con un solo crine di cavallo, sembrava (per parafrasare Garth Cartwright) il suono della Terra che si apre.

L’estetica dei vostri dischi è stata spesso legata alle tonalità seppia di vecchie fotografie e cartoline. Da che cosa è nata invece la scelta dell’artwork dal sapore autunnale di “A Floodplain Mind”?
Abbiamo sempre amato le immagini congelate nel passato. Questa volta abbiamo voluto provare qualcosa di diverso. Dipingo da quando ero bambino. È la prima volta che un mio dipinto viene utilizzato nel mondo dei Misophone. Spero che funzioni. Mi sembrava adatto ai temi della musica.

Una certa reticenza ad apparire è sempre stata una delle caratteristiche del progetto Misophone (c’è anche un brano del nuovo disco che ha a che vedere con il fatto di nascondersi dal mondo di fuori, “Curse The Crows”). Qualche anno fa, Hamja Ahsan ha scritto una sorta di (ironico) manifesto degli introversi (“Introfada. Lotta antisistema del militante introverso”), rivendicando il valore contemplativo dell’introversione contro un sistema sociale basato sull’estroversione forzata. Ti riconosci in questo genere di contrapposizione?
Non ha molto senso, vero? Ci nascondiamo dal mondo, ma permettiamo a queste canzoni di entrarvi. Credo che gli introversi siano spesso in grado di avere le intuizioni più grandi, ma raramente ricoprono i ruoli più prestigiosi. Il prestigio però non è tutto. Chi è in grado di determinare l’elezione del re, spesso mantiene la corona più a lungo del re stesso, ma in stanze non viste... Non sono sicuro del fatto che siamo introversi o meno.

M.Oltre all’edizione su cd curata dall’etichetta francese Another Record, avete realizzato anche una versione di “A Floodplain Mind” su cassetta con l’etichetta giapponese Galaxy Train. Che cosa ti affascina delle cassette rispetto ad altri supporti?
È buffo. Come molte altre persone, siamo cresciuti con una venerazione quasi sacra per le compilation su cassetta che ci venivano passate. Condividevamo le compilation, registrate direttamente dalla radio o da altre cassette (per questo ricordo che andavamo a casa di un amico che aveva un impianto “tape to tape” e ci ossessionavamo per fare la compilation perfetta). Per me, per molto tempo, il vinile ha avuto quel fascino spettrale di qualcosa di perduto. In particolare i 78 giri. Ma le cassette hanno assunto una strana bellezza malinconica. È buffo pensare alla nostra musica su nastro con questo album, ma è anche molto bello. La Galaxy Train ha pubblicato musica molto interessante nel corso degli anni e noi siamo fan della loro produzione da molto tempo. È fantastico che abbiano voluto contribuire a far conoscere questo album a un nuovo pubblico. Speravamo in una pubblicazione in vinile, ma siamo i peggiori nemici di noi stessi in questo senso. Oltre due ore di durata significano un bel po’ di vinile da usare!

Dopo la recente acquisizione di Bandcamp da parte di Songtradr, si è parlato molto del rischio che anche una delle piattaforme di streaming più attente alla posizione degli artisti possa subire dei cambiamenti in peggio. Che cosa ne pensi delle possibilità offerte oggi agli artisti dai servizi di streaming?
Non uso Spotify per ascoltare musica. È un mondo che non capisco davvero. È chiaro che la gente è preoccupata e questa è una cosa triste. Internet sembra aver democratizzato e allo stesso tempo avere esautorato la musica e i musicisti, in un curioso paradosso. Bandcamp è stato la piattaforma principale per molte persone creative e fantasiose e per alcuni una finestra su un futuro più luminoso. Spero che possa continuare a esserlo e, se non sarà Bandcamp, che lo diventi qualcos’altro. Il mondo è un luogo incomprensibile e sempre più terrificante, ma la musica, l’arte e la creazione devono essere il perno a cui legare la nostra speranza.

Cosa consiglieresti di ascoltare a chi è stato conquistato da “A Floodplain Mind”?
Troppe cose... ma questi sono alcuni vecchi amici a cui torniamo spesso: “Nothing Important” di Richard Dawson, “Groung” di Zabelle Panosian, “Les ‘Haïdouks’ D’Autrefois” (dei Taraf de Haïdouks, ndr), “Le magiche storie di Gatto Teodoro” e le musiche di scena de “Il mio amico fantasma” (entrambe serie tv inglesi degli anni Sessanta e Settanta, ndr), “I Lost Something In The Hills” (di Sibylle Baier, ndr), il suono della pioggia, “Kalimanku Denku” (brano tradizionale bulgaro, ndr), “Gena’s Birthday Song” (dal cartone animato sovietico “Čeburaška”, ndr), “Ivor Cutler: Looking For Truth With A Pin” (documentario del 2005 sull’artista scozzese, ndr), “(Tumble) In The Wind” di Jackson C. Frank, i primi nastri di Daniel Johnston.

Avete già anticipato di essere al lavoro su un nuovo disco, a proposito del quale avete parlato di “foglie umide in un vecchio bosco stanco” e dei “bordi di un tendone da circo”… Che cosa dobbiamo aspettarci dai Misophone per il prossimo futuro?
Abbiamo un nuovo album già scritto. Speriamo di registrarlo presto. È ambientato in un luogo molto particolare. Un luogo reale, ma anche un luogo della nostra mente. È diverso da “A Floodplain Mind”. È un insieme di canzoni, ma anche un’unica canzone. Una lunga canzone! Non vediamo l’ora di iniziare a lavorarci. E poi il prossimo... È bello essere tornati.

(10/12/2023)


Carillon rotti e canzoni perdute

di Alessandra Reale

Melodie pop dal gusto un po’ retrò, sperimentalismi sonori dai sinistri riverberi, voci ovattate che sembrano provenire da un mondo lontano, immaginifici racconti in grado di risvegliare le più ataviche paure. Tutto questo si fonde insieme nello psych-pop a tinte pastello di M. Welsh e S. Herbert, in arte Misophone, due prolifici musicisti inglesi che in circa dieci anni di attività hanno pubblicato ben quattordici album (tra i quali il meraviglioso "Be Glad You Are Only Human"), hanno già pronte in un cassetto centinaia di canzoni e continuano incessantemente a scriverne di nuove. M. Welsh ci ha aperto le porte sull’universo musicale dei Misophone, diradando il velo di mistero che sembrava aleggiare sulla band e conquistandoci letteralmente con la sua leggerezza e la sua grande disponibilità.

Iniziamo dai veri e propri esordi. Ci puoi dire qualcosa relativamente ai vostri percorsi musicali? Quando avete scoperto il vostro amore per la musica? In che modo ciascuno di voi ha realizzato che voleva essere un musicista?
Ho sempre amato la musica... In realtà nella mia infanzia c'era molta poca musica che suonava, tutto era molto silenzioso, ma c'era una musicassetta di "Sgt. Pepper" che ricordo di aver trovato all'età di sette anni. Ne diventai ossessionato... Mi faceva desiderare di scovare nuova musica... Mi sento ancora come allora...
S. è in grado di suonare praticamente tutto ciò che raccatta, mentre io raccatto qualsiasi cosa riesca a malapena a suonare.
Quando i Misophone hanno iniziato a fare e registrare musica, all'inizio si trattava solo di divertimento, ed era una cosa sempre nuova ogni volta. Se non altro, il piacere nel fare musica adesso è ancora più intenso. È una bellissima sensazione... e questo perché noi non scriviamo e registriamo musica come farebbero una band o un musicista dal vivo, si tratta di un processo di costruzione costante, e ciò con cui finisci non è necessariamente quello con cui pensavi di aver iniziato... La registrazione diventa parte del processo di scrittura... Sono certo che non siamo i soli a fare questo.

Quando e come vi siete conosciuti? Come ha preso forma il vostro progetto musicale Misophone?
È stato circa dieci anni fa, quando abbiamo iniziato a trastullarci con questo vecchio registratore Tascam a quattro piste. Un solo accordo con un garbuglio di parole senza senso, registrato alle due della mattina. Niente di scritto, solo un vomito di suoni. Per lo più inascoltabile.
Poi abbiamo iniziato a scrivere "vere" canzoni prima di stampare il disco... e tutto è partito da lì. Centinaia di canzoni. Non pensavamo che qualcuno le avrebbe mai ascoltate... ma dopo un po' di tempo avevo preso l'abitudine di distribuire copie gratuite degli "album" che facevamo nel negozio di alcolici dove ho lavorato per anni, e alcune persone sembravano gradire. Abbiamo addirittura avuto Rob dei Massive Attack che collezionava le sue copie di ognuno degli album provenienti in successione dal negozio, sebbene potrebbe averlo fatto per un atto di cortesia... o per un leggero disagio... o un po' per entrambe le cose. Gli album hanno subìto modifiche nello stile, ma li stavamo facendo per noi stessi, perciò è quello che volevamo che fossero... e lo è ancora. Spesso parliamo di ciò che potremmo fare dopo... realizzare un album con solo uno strumento, o solo su roba elettrica, o solo con strumenti che abbiamo costruito, e così via...

Abbiamo letto da qualche parte che il nome "Misophone" è venuto fuori da un pitch bend. Puoi raccontarci qualcosa in più su questa storia?
Sul vecchio quattro piste c'era un pitch bend a cursore e abbiamo scoperto che se tu registravi una qualsiasi cosa, un pianoforte, una chitarra, un glockenspiel, spingendo nel frattempo rapidamente avanti e indietro il pitch bend, veniva fuori sulla registrazione come una specie di sigla televisiva perduta di un programma per bambini degli anni 50/60.... o come un carillon rotto... E noi lo adoravamo.
Abbiamo chiamato il pulsante scorrevole il "misophone" ...solo una parola inventata, e il nome si è come incollato.
Solo l'anno scorso ho sentito che la parola "misofonia" corrisponde a una condizione medica in cui si ha avversione per i suoni della quotidianità...

Uno degli aspetti più intriganti del vostro progetto sta nella sua aura di mistero. Sul web circolano molte poche notizie su voi due e perfino i vostri nomi sono ridotti alle loro iniziali. Cosa c'è dietro a questa scelta?
Siamo un paio di asociali, ma di persona siamo lontani dall'essere misteriosi.

Tu scrivi i testi e S. scrive le melodie. In che modo combinate queste due parti insieme? C'è uno schema ricorrente nella costruzione delle vostre canzoni?
Per lo più, prima io scrivo le parole, poi S. scrive e registra una melodia, io registro il cantato e altri elementi, poi produciamo insieme... ma non sempre... normalmente è compreso il rovistare tra i cassetti della cucina... ma ci sono centinaia di scarabocchi pronti ad essere trasformati in canzoni.

Da dove prendi ispirazione per i tuoi testi oscuri? Ci sono degli autori o delle letture che hanno una particolare influenza sul tuo songwriting?
Sono facilmente influenzato dalle cose che ho appena visto. O da quello che ho appena letto. Se qualcuno dice qualcosa che mi piace, mi faccio una nota a mente. Mi piace il suono delle parole. Ma amo pure le vecchie canzoni folk, perché anch'esse hanno narrazioni fantastiche. John Jacob Niles è uno bravo a rigurgitarle, però amo anche le cose che fanno Alasdair Roberts o Will Oldham. Come la frase "the way nooses hold necks still in excellent poise" (da "Rich Wife Full Of Happiness" di Bonnie 'Prince' Billy, nda), maledettamente straordinaria. O scavando tra le vecchie murder ballad, le broadside ballad, i medicine show e i minstrel, quelli che Tom Waits chiamava "i tabloid verbali del giorno". Ma mi piace leggere un sacco di cose differenti: racconti brevi, poesie, pezzi da novanta... non c'è nessuno stile o genere predefinito al quale aderire. Si tratta solo di consumare quel che viene dopo...

Le atmosfere magneticamente inquietanti che si respirano nella vostra musica sono fortemente influenzate dai numerosi suoni spettrali e dagli strani rumorismi che inserite nei brani. Qual è il vostro rapporto con la sperimentazione? Come vi approcciate a un brano quando lavorate con quei suoni? Quali sono gli effetti più strani che avete mai sperimentato?
Entrambi siamo stati sempre attratti da certi tipi di rumore... Ricordo di aver sentito "I Am The Walrus" per la prima volta quando avevo otto anni, e mi chiesi cosa diavolo fosse a creare quel suono... Mi piacciono i rumori che aggiungono qualcosa alle immagini nella tua mente quando stai ascoltando un brano musicale, o che sembrano essere semplicemente parte della canzone, non giusto buttati lì dentro... specialmente quelli che ti riportano alla mente, e non sei sicuro di sapere perché, qualche peccato d'infanzia precedentemente dimenticato o qualche ricordo... Ma penso che alcuni "suoni" siano incredibilmente musicali proprio in sé, come i cigolii e gli scricchiolii in alcune delle composizioni di Gavin Bryars o il suono della pioggia su una finestra nella notte.
Molti dei suoni li scopriamo per caso durante le registrazioni, come ad esempio il suono di un uccello alla finestra; alcuni li ricerchiamo... Il nuovo disco "Before The Waves Roll In" contiene un maggior numero di suoni campionati rispetto a quanti ne abbiamo mai usati in precedenza, comprese alcune strane registrazioni casalinghe e field recording, provenienti dagli anni 40 e 50, che sono dei piccoli cimeli piuttosto sconvolgenti.
Penso che la sperimentazione e la libertà di sperimentare siano importanti, e c'è della roba che mi piace ascoltare ogni tanto che davvero spinge il suono verso nuove direzioni... Ma mi piace quando la sperimentazione aggiunge qualcosa alla melodia o, più di ogni altra cosa, quando essa costruisce la tensione prima che la melodia si manifesti. Ad esempio ascolto molto di più "Safe As Milk" che "Trout Mask Replica".

Che relazione avete con il pop psichedelico? Come vi rapportate alla scena psych-pop passata e presente? Ci sono degli artisti che apprezzate in modo particolare?
Ad essere onesto, ultimamente ho ascoltato un mucchio di vecchia musica proveniente dall'America... "The Stuff That Dreams Are Made Of" è una fantastica compilation derivante da vecchi 78 giri... Ma apprezzo un sacco di cose diverse. Potrei elencare un centinaio di gruppi o cantanti che amo. Long ‘Cleve' Reed & Little Harvey Hull che cantano "Original Stack O' Lee Blues" è uno... ma Waits, Beefheart, Lee Perry, Daniel Johnston, Operation Ivy, la colonna sonora di Bambi (c'è un demo intitolato "Rain Drops" che è strepitoso), Washington Phillips, Eels, Pulp, Will Oldham, Sparklehorse, Ivor Cutler, Gavin Bryars, Bacova's Ceska Kapela, Abdel Halim Hafez, Fred Astaire, Half Cousin, Moondog, Neutral Milk Hotel, Micah P. Hinson, Johnny Cash, Cohen, Elliott Smith, Smog, M. Ward, The Beach Boys, Jeffrey Lewis,  Arvo Part, Lord Tanamo, Bill Ryder Jones, Richmond Fontaine, Falling Sickness, Danny Elfman, King Creosote, The Specials, Noah Lewis... Sono tutti lì... Amo quando trovi qualcosa che non hai sentito per anni e lo metti su... quella sensazione che si prova. Ma lo "psych"... Non lo so, è piacevole a volte lasciarti trasportare verso altre destinazioni.

Ad oggi avete pubblicato due dei vostri album ("Where Has It Gone, All The Beautiful Music Of Our Grandparents? It Died With Them, That's Where It Went..." e "Be Glad You Are Only Human") in versioni limitate, numerate ed estremamente accurate per la piccola etichetta svedese Kning Disk, e un nuovo album ("Before The Waves Roll In") sta per essere pubblicato con questa stessa deliziosa label. Cosa puoi dirci relativamente alla vostra storia con la Kning?
La Kning è una label incredibile, che ha davvero cura dell'arte e della musica. Mattias produce disegni e copertine fatte a mano molto belli, e ha un sacco di pubblicazioni in vinile e in edizione limitata. Hanno addirittura pubblicato musica su fonografo! Siamo davvero entusiasti per l'uscita di "Before The Waves Roll In" con questa label, la musica dell'album è pronta da oltre due anni, ma a loro piace prendersi il tempo che serve. È finora il nostro album più grande in termini di portata e finalità. Proprio in questo periodo la Kning sta tirando fuori delle pubblicazioni davvero interessanti, come l'Lp di Jockum Nordström och Joakim Åhlund, che non solo sembra splendido, ma ha anche delle immagini originali e incredibili. È bello essere tornati lì alla Kning.
Abbiamo anche un altro album, intitolato "Another Lost Night", che è in uscita per una label giapponese, la Lirico, e di cui siamo molto fieri. La data di pubblicazione sarà confermata presto e allora ci saranno maggiori informazioni a riguardo. Questo album include roba piuttosto calma e sobria, e qualche momento piuttosto rumoroso. Non vedo l'ora di far uscire quei brani.
Infine, nel corso degli ultimi anni l'etichetta indipendente Another Records ha pubblicato gli album "I Sit At Open Windows" e "Songs From An Attic". È stato bellissimo lavorare con questa etichetta e alcuni dei gruppi che hanno pubblicato, come François And The Atlas Mountains, stanno andando a gonfie vele - anche questa un'ottima cosa.

Nelle vostre canzoni c'è spesso una sorta di atmosfera balcanica. Pensi che i Misophone abbiano delle radici nella musica dell'Est europeo? Che rapporto avete con quella cultura?

Non considero la musica come totalmente radicata in un luogo, anche se siamo stati influenzati da elementi della musica dell'Est europeo. S. ha vissuto in Ungheria per un certo periodo, non troppo lontano dal confine con la Romania, ed entrambi abbiamo trascorso del tempo nell'Europa dell'Est. Mi piace la gente e la musica folk così diversa di quei Paesi e della comunità Rom. Ma c'è musica proveniente da ogni parte del mondo che mi piace... anche se "world music" è un termine che non sopporto. Ci sono in giro alcune ottime compilation: "Give Me Love -Songs Of The Broken Hearted", "To What Strange Place - Music Of The Ottoman American Diaspora", "Hot Women", "To Scratch Your Heart Out", "Texas Czech Bohemian Moravian Bands"... Tutte straordinarie... Tutte diverse una dall'altra.

A volte la vostra musica suona come la colonna sonora di un film horror. Che cosa occorre secondo te a un film o a una canzone per essere davvero spaventosa?

Ho un'immaginazione iperattiva. Non serve molto in un film per spaventarmi...

Lo-fi e registrazioni da cameretta sembrano rappresentare una parte significativa della vostra estetica. Pensi che l'imperfezione possa essere usata come un mezzo di espressione? Quali aspetti del processo di registrazione casalingo ti attraggono di più?
Penso che possa essere così, ma non dovrebbe essere questa l'unica cosa su cui basarsi. Ovviamente alcuni vecchi dischi di Howlin' Wolf suonano più espressivi che se qualcuno li avesse ripuliti e avesse usato Auto-Tune in qualche studio costoso, ma non necessariamente la colpa è dello studio... Lasciare degli elementi di imperfezione, però, può essere grande. Come il rombo di tuono in "No More Workhorse Blues" dei Palace Brothers. È questione di atmosfera; la canzone ha a che vedere con lo spazio tanto quanto con la melodia. E questo può essere fantastico.
Ma non è esattamente quello che facciamo noi. La nostra apparecchiatura di registrazione è a buon mercato perché è quella che abbiamo, registriamo a casa perché il pensiero di qualsiasi altra forma mi riempie di terrore, spesso non registriamo nella stessa stanza. Non penso che avremmo potuto fare in un'altra maniera. Abbiamo trovato i nostri modi per ottenere quello che vogliamo dalla nostra limitata apparecchiatura.
Quando si registra nella propria cameretta/scantinato, come il primo Daniel Johnston o Yonlu, quello che a volte riesce a togliere il fiato non è tanto il fruscio dei microfoni o la voce stonata o il sibilo del nastro. È il fatto di sentirsi come se si stessero ascoltando i segreti di qualcun altro... È qualcosa di intimo, a volte anche doloroso; e permette a gente che in mezzo alla folla si sente insicura o nervosa di esprimere sé stessa in un modo che sarebbe stato impossibile in qualunque altra situazione... Catturare quel momento è la parte magica.
Non pretenderei mai di dire che sia qualcosa di cui siamo capaci.

Avete nominato spesso Daniel Johnston come una delle vostre maggiori influenze. Quali lati preferisci del suo songwriting e del suo approccio artistico?

Ha l'abilità di creare splendide melodie e i suoi testi sono così onesti e tristi e manipolatori e brutali e felici e sinceri, tutto allo stesso tempo. Ma quando unisce una melodia straordinaria con un verso che ti fa venir voglia di piangere, è semplicemente insuperabile. Prendete una canzone come "My Yoke Is Heavy" o "True Love Will Find You In The End" o "Grievances" o "Lonely Song" o "The Sun Shines Down On Me"... Hanno tantissime emozioni diverse dentro e fuori di sé, e poi arriva un verso che ti mette al tappeto. Il mio album preferito è "Dont Be Scared"... Per me sono le canzoni che ha realizzato in quei momenti tranquilli e segreti a distinguerlo. Quelle prime cassette degli anni Ottanta... Per quasi tre anni non ho ascoltato altro che Daniel Johnston. Le connessioni all'interno delle sue canzoni e tra di loro, prese come un tutt'uno, sono brillanti in una maniera sbalorditiva. È come se tutto fosse su una mappa, predeterminato. Le sue canzoni mi trasmettono più emozioni della musica che chiunque altro abbia mai realizzato. Ma alcune sono piuttosto orribili!

Vi piace realizzare cover di canzoni di altri artisti? Secondo te qual è la chiave per fare davvero propria la canzone di un altro?

A volte... Qualche cover l'abbiamo realizzata. "Petroleum Lampa", alcuni brani di Daniel Johnston. Anche in "Before The Waves Roll In" ci sono alcune cover, ma dovete aspettare per vedere di che cosa si tratta. Se le facciamo nostre o meno starà agli altri giudicarlo.

Il lato visuale del progetto Misophone ha molto a che vedere con le vecchie immagini e con una sorta di atmosfera "fuori dal tempo". Vi occupate direttamente di questi aspetti?

Abbiamo ricevuto molta libertà dalle etichette con cui abbiamo lavorato per quanto riguarda l'influenza sul lato visuale. Mattias della Kning è uno straordinario designer, ha capito quello che volevamo e ha realizzato alcuni lavori favolosi. La Another Record ha preso molte immagini dalle cartoline francesi di fine secolo. È stato splendido lavorare con loro, perché abbiamo un'idea vivida di quello che vogliamo dal punto di vista visuale e loro sono stati incredibilmente generosi e pazienti rispetto al nostro coinvolgimento in questi aspetti.
Sono molto eccitato anche per il lavoro che la Lirico produrrà per l'album "Another Lost Night", abbiamo già realizzato alcune cose davvero grandi insieme...

La "splendida musica dei nostri nonni" è davvero morta? Ascoltando i vostri dischi si direbbe di no...
Grazie...

Adesso spostiamoci dal passato al futuro (molto prossimo). Sappiamo che avete un nuovo album, "Before The Waves Roll In", pronto per essere pubblicato quest'estate. Puoi darci qualche anticipazione in proposito?

"Before The Waves Roll In" è composto di 20 brani. È più orchestrale (alle mie orecchie) di qualunque altra cosa abbiamo pubblicato prima. Ne sono molto orgoglioso. Ci sono alcuni contributi della cantante americana Aubben Renée e del trombonista francese Alone With King Kong. Aubben ha lavorato in un sacco di modi diversi e con un sacco di artisti diversi, con il nome di Craven Canary, ma ha anche molti altri progetti, come gli Shedding Feathers e un gruppo di nome French Films About Trains che scrive canzoni folk veramente splendide. Ha una voce adorabile ed è sempre un privilegio lavorare con lei, anche se in realtà non ci siamo mai incontrati. Alone With King Kong è un gentiluomo francese, un artista solista in tutto e per tutto e un superbo suonatore di trombone. Ha contribuito con alcune grandi parti di trombone in un certo numero di brani, il che è stato molto eccitante per noi, ha aperto l'ambito delle canzoni verso un nuovo territorio. Speriamo che vi piaccia.
Anche "Another Lost Night", che comprende 13 nuovi brani, sarà pubblicato molto presto... Sia Aubben che Kong danno ancora frutti, Aubben canta come backing vocals in un brano e Alone With King Kong si scatena a modo suo in uno dei momenti più rumorosi e chiassosi dell'album. Sono davvero impaziente di far uscire queste canzoni...

E che cosa ci puoi dire dei piani dei Misophone per un futuro più lontano?

Continuare a registrare e vedere quello che succede. C'è sempre un'altra canzone... E mi piacerebbe provare a vivere in maniera un po' più sana.

(26/07/2012)


Discografia

Plastic Flower (self-released, 2002)
Tree Songs (self-released, 2003)
If Music Be The Food Of Love, Why Am I Still Hungry? (self-released, 2004)
At The Water (self-released, 2004)
What Is Lacking (self-released, 2005)
From Beyond The Bridge (self-released, 2006)
I Sleep Like The Dead 1 (self-released, 2007)
I Sleep Like The Dead 2 (self-released, 2007)
Life Is Good (self-released, 2007)
Where Has It Gone, All The Beautiful Music Of Our Grandparents? It Died With Them, That's Where It Went... (Kning Disk, 2008)
Be Glad You Are Only Human (Kning Disk, 2009)
I Sit At Open Windows (Another Record, 2009)
Songs From An Attic (Another Record, 2011)
Laughing At The Moon (Lirico, 2012)
Another Lost Night (Lirico, 2012)
Songs From The Cellar (self-released, 2013)
Before The Waves Roll In (Kning Disk, 2013)
Lost At Sea (Another Record, 2013)
Dust In The Corners(Another Record, 2013)
And So Sinks The Sun On A Burning Sea... (Another Record, 2021)
A Floodplain Mind (Another Record / Galaxy Train, 2023)
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