Massive Attack in difesa dei Kneecap: "La notizia non sono loro ma il genocidio a Gaza". Weller, Pulp, Fontaines Dc, Idles e altri firmano un appello

01-05-2025
I Massive Attack hanno preso posizione a favore dei Kneecap, il trio rap di Belfast finito al centro delle polemiche nel Regno Unito e negli Stati Uniti per i contenuti controversi di alcune loro esternazioni. Gli attacchi sono arrivati dopo che, al Coachella Festival, il gruppo ha lanciato slogan contro Israele, e in seguito alla diffusione di vecchi video in cui inneggiavano a Hamas e Hezbollah, oltre a dichiarazioni come: "L’unico Tory buono è un Tory morto".
In seguito alle critiche, i Kneecap hanno pubblicato un messaggio di scuse rivolto alle famiglie dei parlamentari britannici Jo Cox e David Amess, assassinati negli anni scorsi, dichiarando inoltre di non aver mai sostenuto né Hamas né Hezbollah.

Nel pieno delle pressioni politiche - con esponenti della destra che chiedono l’esclusione dei Kneecap dai festival estivi come Glastonbury o TRNSMT - i Massive Attack hanno scelto di intervenire pubblicamente. In un post sui social, hanno criticato l’ipocrisia dei politici che, da un lato, chiedono la censura di una giovane band punk, e dall’altro tacciono sui crimini in corso a Gaza: "Se chi ci governa non trova tempo né parole per condannare, per esempio, l’uccisione di 15 operatori umanitari a Gaza, l’uso della fame come arma contro la popolazione civile o la morte di migliaia di bambini per mano di uno Stato con le tecnologie militari più avanzate al mondo, quale valore hanno i loro suggerimenti su chi dovrebbe salire sul palco di un festival?", scrive la band di Bristol.
Da sempre schierati a favore della causa palestinese, i Massive Attack ribadiscono il proprio impegno: "In oltre trent’anni di carriera abbiamo denunciato pubblicamente l’occupazione illegale, l’apartheid e l’impunità con cui vengono uccisi i palestinesi. Sappiamo quanto costi il silenzio dei politici e quanto sia rischioso esprimere solidarietà a un popolo oppresso".

Pur riconoscendo la gravità delle dichiarazioni passate dei Kneecap, soprattutto in relazione agli omicidi di Cox e Amess — "le parole contano e non c’è spazio per leggerezza o irresponsabilità" — il gruppo trip-hop accusa politici e media conservatori di strumentalizzare l’indignazione per distrarre dall’orrore in corso a Gaza: "La vera notizia non sono i Kneecap. La notizia è Gaza. È il genocidio in atto. È il silenzio complice, il consenso passivo e il sostegno a crimini contro l’umanità".
A sostegno dei Kneecap e della libertà di espressione si sono schierati anche decine di artisti che hanno firmato una lettera aperta promossa dall’etichetta Heavenly Recordings. Tra i firmatari ci sono Pulp, Idles, Fontaines D.C., Paul Weller, Primal Scream, Pogues, Sleaford Mods e gli stessi Massive Attack.
"La scorsa settimana - si legge nel documento - abbiamo assistito a un tentativo chiaro e coordinato di censurare e cancellare i Kneecap dalla scena pubblica". Un’azione che, secondo i firmatari, rappresenta una minaccia alla libertà artistica: "In una democrazia, nessun politico dovrebbe decidere chi ha il diritto di esibirsi davanti a migliaia di persone". Infine, la lettera sottolinea che l’importanza della libertà di espressione prescinde dalle opinioni espresse: "Che si condividano o meno le idee dei Kneecap è irrilevante. Ciò che conta è difendere il diritto di ogni artista a esprimersi liberamente. Questa campagna di censura va condannata, e chi guida l’industria musicale ha il dovere di opporsi a ogni tentativo di silenziare le voci scomode".

Nei giorni scorsi, gli stessi Kneecap, trio rap nordirlandese che da anni trasforma la rabbia e la memoria storica del conflitto nell'Irlanda del Nord in performance viscerali e provocatorie, avevano diffuso un comunicato che tentava di ricollocare la narrazione dentro coordinate più complesse: il rifiuto della violenza contro i civili, la condanna implicita degli attacchi del 7 ottobre, e un’esplicita presa di distanza da ogni forma di sostegno a organizzazioni armate. Una linea di demarcazione netta, che i tre rapper tracciano ricordando il proprio retroterra segnato dai Troubles e da una lunga storia di violenza settaria. “È un principio che conosciamo bene”, scrivono, lasciando trasparire il peso della memoria collettiva nordirlandese.
Ma è la seconda parte del comunicato a colpire di più per toni e contenuto: il gruppo denuncia quella che definisce “un’ondata di isteria morale” alimentata dall’establishment, che avrebbe scavato negli archivi alla ricerca di frasi decontestualizzate per dipingere il collettivo come istigatore d’odio. “Vogliono farvi credere che le parole fanno più danni di un genocidio”, accusano, nel tentativo di ribaltare il frame mediatico e riportare l’attenzione sulla crisi umanitaria a Gaza, dove — secondo i Kneecap — “due milioni di palestinesi sono ridotti alla fame” e “almeno 20mila bambini sono stati uccisi”.
Il comunicato si chiude con un passaggio carico di ambivalenza: le scuse ai familiari di Jo Cox e David Amess, due parlamentari britannici uccisi in attentati distinti, che però non bastano a placare le accuse mosse da una parte dell’opinione pubblica. “Il nostro è sempre stato un messaggio di amore, inclusione e speranza”, affermano, rivendicando un’identità artistica che non conosce confini e che, a detta loro, continua a unire generazioni, classi e culture.
Ma l’eco delle loro parole a Coachella — dove hanno criticato apertamente l’amministrazione USA — ha avuto un effetto boomerang nel Regno Unito, scatenando reazioni violente e un’ondata di indignazione politica. “I veri crimini non li trovate nelle nostre performance: sono nel silenzio e nella complicità di chi detiene il potere. Vergogna”, concludono, con il tono crudo che li contraddistingue.