Così come Milestones presentava alcuni elementi che anticipavano il jazz modale di Kind Of Blue e le sessioni per la registrazione di Seven Steps to Heaven (almeno i brani registrati a New York) contenevano gli elementi "fondativi" per il free-bop dei gruppi davisiani degli anni 60, In A Silent Way è il sontuoso prologo a quel controverso ma fecondissimo periodo denominato "Davis elettrico" e che abbraccia gli anni compresi tra il 1969 e il 1975. Un prologo che è comunque già un capolavoro: alcune soluzioni verranno adottate in modo più radicale in Bitches Brew, ma l'idea dei brani ricostruiti in post-produzione, le intuizioni "istantanee" in sala d'incisione, e in definitiva il radicale cambiamento delle concezioni musicali di Davis, partono da questa opera.
Non si deve pensare che Miles giungesse a questo punto della sua carriera con le idee chiarissime: in effetti, anche nelle formazioni dei suoi gruppi, il suo approccio artistico stava compiendo una metamorfosi che portava a frequenti cambiamenti di rotta, e che differiva anche di parecchio tra quanto veniva prodotto nei concerti e i risultati delle sessioni di registrazione. Ma Davis, come spesso era accaduto in precedenza e ancora diverse volte succederà, saprà ribaltare in corso d'opera queste incertezze, dimostrando di saper genialmente cogliere le idee giuste al momento giusto.
Anche la formazione che suona nel disco è la conferma di questo momento di passaggio: mentre il fido Shorter rimane al suo posto ai sax (o meglio unicamente al sax soprano, l'unico che si percepisce nel disco, mentre le note di copertina di Lp e CD "prima serie" erroneamente indicano "sax tenore"; l'errore è stato poi corretto nella versione rimasterizzata del 2002), Joe Zawinul, "corteggiato" da Miles per le sue capacità compositive e per la sua riconosciuta abilità al piano elettrico, si aggiunge come terzo alle due tastiere di Herbie Hancock e Chick Corea. La presenza del chitarrista inglese John McLaughlin rappresenta il desiderio di Davis di dare sempre più spazio a questo strumento, da lui naturalmente inteso come chiave d'ingresso alla musica giovanile e all'universo rock (ancora per qualche mese, Davis accarezzerà il progetto di un disco con Jimi Hendrix, svanito almeno un paio di volte per motivi fortuiti, e reso poi impossibile dalla morte di Hendrix nel settembre 1970). La sezione ritmica rimane composta da Dave Holland al basso e da Tony Williams alla batteria, preferito momentaneamente a Jack DeJohnette che già stava suonando nelle formazioni dei concerti.
Il prodotto finale si presenta sotto forma di due estese composizioni (una per facciata nell'originale Lp), apparentemente dei medley, dal titolo rispettivamente di "Shhh/Peaceful" e "In a silent way/It's About That Time".
Non è chiarissimo in quali delle due sessioni, datate 18 e 20 febbraio 1969, fu eseguita la musica che portò al montaggio dei due brani: a tal riguardo esistono differenze anche notevoli fra alcune discografie ufficiali e i ricordi dei musicisti. Il secondo brano viene per esempio spesso accreditato alla seconda seduta, mentre dichiarazioni di McLaughlin e Zawinul fanno pensare il contrario. Il libretto del CD attribuisce comunque l'intero disco alla seduta del 18...
Più che un medley, "Shhh/Peaceful"si presenta come un montaggio di tre varianti di una medesima sezione, il cui sviluppo è affidato alla chitarra, all'organo di Zawinul e al piano elettrico di Corea.
Su un pedale di due note di Holland, accompagnato da Williams al charleston, il brano monta lentamente, tra apparente staticità ed improvvise aperture operate dalle brevi frasi di Davis: l'effetto generale, oltre che di drammatica tensione, è quella di una vigile inquietudine, che coinvolge l'ascoltatore e lo porta a percepire e "dare significato" anche alle minime variazioni dell'accompagnamento.
Intorno al sesto minuto uno stacco delle tastiere, un arpeggio di chitarra e il silenzio della batteria per alcuni secondi, danno inizio alla seconda sezione: due pianoforti elettrici contrappuntano frasi blues della chitarra, che si sviluppano fino a diventare quasi un vero e proprio assolo; l'entrata di Shorter al soprano e il suo magistrale assolo sembrano infine la logica evoluzione di questa sezione, che si chiude improvvisamente, con un taglio di poche battute aggiunte in postproduzione. Si torna quindi al gioco tra il piano di Corea e la chitarra di McLaughlin, che duettano ancora per un paio di minuti. Ancora una volta la sezione si estingue improvvisamente, per dar luogo alla ripetizione totale (operata con copie da nastro a nastro) della prima, dando al brano la forma di un rondò virtuale. È soprattutto la tromba di Davis a "risvegliarci" dalla trance e dalla straniazione causate dalle compresenti tendenze al continuum e alla variazione, a farci rendere conto della circolarità della narrazione, e a farci pensare all'esistenza di un "tema" della composizione.
Di sicuro fino a quel momento, a livello sia formale sia timbrico, nel jazz non si era mai assistito a niente di simile...
"In A Silent Way/It's About That Time"è invece un medley in senso stretto: il materiale originale consiste infatti in due distinte composizioni, la prima delle quali di Zawinul (verrà pubblicata anche nel disco omonimo del tastierista austriaco registrato nel 1970 e pubblicato nel 1971).
L'introduzione è proprio affidata alla melodia di Zawinul: fraseggi a tempo libero della chitarra vengono sostenuti da due liquidi piani elettrici (sicuro quello di Hancock, probabile quello di Zawinul); in breve però il compito di esporre il tema passa al soprano e di seguito alla tromba di Miles. L'atmosfera è pastorale, bucolica, malinconica e "terrena". (È noto che il brano era stato volutamente "semplificato" da Miles rispetto alle sua complessa struttura armonica originale, a quanto pare anche con qualche "mugugno" da parte di Zawinul; il quale però in seguito, nel suo disco, inciderà una versione del brano non poi così differente...).
Un brusco stacco introduce all'atmosfera completamente diversa del secondo tema, astratta e molto più ritmata. Si inizia con la tromba di Davis, poi si alternano (o si sovrappongono), su un semplice ritmo mantenuto da basso e batteria, fraseggi affidati alla chitarra e al soprano (ma quello di Shorter è un assolo vero e proprio), a frasi caratterizzate da accordi del piano elettrico, con l'organo di Zawinul a fungere saltuariamente da tappeto. Ogni tanto viene a galla, senza che il ritmo tenuto dalla batteria cambi, un riff di basso che diventa il "centro" caratterizzante la composizione.
Miles si fa attendere per diversi minuti, ma quando rientra si intuisce il disegno definitivo: la tromba si fa sempre più aggressiva e "aperta", mentre il riff di basso trascina con sé una batteria per la prima volta dall'inizio del disco decisamente rockeggiante. Il groove è semplicemente entusiasmante, e alla luce di ciò che sta succedendo anche il titolo del brano acquista maggior significato, in una traduzione che potrebbe essere "In una maniera silenziosa/è arrivato il momento" (di cambiare...).
Senonchè, dopo un breve ritorno al tema della sezione, una dissolvenza introduce un'ulteriore geniale ambiguità: la ripetizione letterale di "In A Silent Way" (e di ripetizione dovrebbe trattarsi, ovvero i musicisti avrebbero - pure secondo Gianfranco Salvatore, importante storiografo del Miles elettrico - risuonato il brano da capo, anche se le due sezioni sembrerebbero identiche).
Con questo ennesimo "ritorno", il disco raggiunge la sua forma compiuta e il suo magico (e attuale) significato complessivo: un'opera che segna un forte cambiamento ma che continua contemporaneamente a rimanere, a maggior ragione in una prospettiva storica, saldamente nell'area del jazz nel suo significato più autentico (creatività, improvvisazione, controllo delle "dinamiche" dei brani, attenzione all'impasto sonoro), e che nel mantenere questo equilibrio si avvale di precisi segnali (il ritorno dei "temi"... la batteria metronomica ma contemporaneamente dinamizzante di Williams...).
È piuttosto ozioso chiedersi quanto Davis avesse messo di consapevole in questo processo, e quanto invece il tutto fosse dovuto a genio ed intuizione artistica: di sicuro però la sua voglia di cambiare, e più tardi addirittura rifiutare - a parole - il jazz, veniva contemporaneamente stimolata dall'entusiasmo verso musica nera giovanile come il R&B di Sly Stone e James Brown (di cui Miles intuiva il potenziale comunicativo) e da ascolti di musica classica e contemporanea (di cui Miles comprendeva il potenziale artistico).
Anzi, non è neppure illecita una lettura "alta" degli esiti dell'opera: consapevolmente o meno, Davis pare inserirsi in qualche modo nel dibattito tipicamente novecentesco sulla musica come "evento puro", come pure nella tendenza a riservare sempre maggiore attenzione alla ritmica e al "suono" come elementi fondamentali della musica, a scapito di melodia ed armonia, messa in atto da diversi moderni (Stravinskij su tutti). Infine, In A Silent Way potrebbe essere interpretato pure come un tentativo di conciliazione della supposta incompatibilità tra il principio di iterazione, tipico di tanta musica folklorica, soprattutto orientale, e quello di sviluppo, eterno problema della musica colta occidentale.
In altre parole, verrebbe da dire con una estrema semplificazione, tenendo un occhio rivolto "in su" e un altro rivolto "in giù", Miles riesce, magicamente e persino aldilà delle sue intenzioni e proclami, a stare nel jazz e contemporaneamente a cambiarlo.
In questo senso, Bitches Brew sarà un passo più deciso verso dimensioni "altre", anche se per quel che riguarda la sua appartenenza al jazz in senso stretto, varrà il discorso fatto per questo disco.
Ma questa, giustamente, è un'altra storia...
Postilla: come già fatto per diverse opere di Davis, e probabilmente di altre verrà fatto in futuro, nel 2001 sono state pubblicate le complete sessions di "In A Silent Way" (Box 3 CD, Columbia 65632). Contengono naturalmente il materiale del disco originale, le versioni alternative di "Shh/Peaceful" e di "In A Silent Way" (il brano di Zawinul), oltre che brani utilizzati precedentemente per completare "Filles de Kilimanjaro", altri poi inseriti in "Water Babies" e "Circle In The Round", e un lungo blues intitolato "The Ghetto Walk".
12/06/2012