Per la serie "ripeschiamoli". A un anno dalla sua prima pubblicazione (luglio 2004, per Subliminal Sound), "Ta det lugnt" viene recuperato e riedito dalla Memphis Industries, con la speranza di dare maggiore visibilità a un prodotto, questo terzo album degli svedesi Dungen, annoverabile tra le migliori uscite degli ultimi tempi. L'accoglienza estremamente positiva ricevuta in questo periodo da praticamente tutta la stampa del settore non è però sinora bastata a far decollare le quotazioni del progetto del polistrumentista svedese Gustav Ejstes, che rimane tuttora, a torto, sconosciuto ai più.
Ejstes ha dato vita a un lavoro dall'ottimo sapore psichedelico, innamorato dei tempi che furono ma senza mai suonare troppo vecchio o esclusivamente revivalista (piuttosto fuori dal tempo), traboccante di ispirazione, a suo modo sperimentale e al contempo dotato di fervida vena melodica. Dallo strepitoso spiegamento di strumenti usato per plasmare i brani si erge protagonista un chitarrismo di base acid-rock, in perenne bilico tra luccichio e distorsione. I brani, spesso forgiati su un impasto folk, sono sorprendenti nella loro struttura ed evoluzione, e vantano un suono vivido e fremente.
Si comincia con "Panda", in cui possenti riff, quasi hard, si alternano ad arpeggi delicati, il tutto al passo sostenuto dell'incisivo picchiare di batteria e di un discreto basso funky. "Gjort bort sig" è brano di matrice psych-folk, recitato su un giro di chitarra elettrica carico d'epos, "Festival" parte invece con acustica, basso e batteria: pian piano la elettrica entra in gioco, prima limitandosi a contrappuntare docile, poi si scopre padrona, stringendosi in vortice con rintocchi di piano, che cesellano una splendida atmosfera incantata e da rapimento dei sensi. Seguono due suite. La prima è "Du är för fin för mig", aperta da violini melanconici e traboccanti di grandeur, colpi di chitarra e battiti di mano a scandire l'attraversamento di una foresta celtica, flauti a donare aura medievale. Dal nulla una schitarrata crepitante e acidissima travolge la melodia e muta pelle al brano che si trasforma in infuocata ed esplosiva jam. La seconda è invece la title track, "Ta det lugnt", dominata in tutte le sue parti dal pianoforte, epica declamazione retrò in stile Ghost all'inizio, poi strimpellii e recitato da cabaret la trasportano in una morbida galoppata jazzata finale, per batteria, piano e sax.
La sesta traccia, lo strumentale "Det du tänker idag är du i morgon", è un motivetto cangiante e variegato, seppur in struttura normalizzata rispetto a quanto ascoltato sinora. E' il preludio a una seconda metà più calma ma non meno bella. "Lejonet & kulan" sono due minuti di noir sottolineato da profonde note d'organo (l'aria è un po' quella, permettetemi il paragone, di "A Saucerful of Secrets") che fanno da intro alla detonazione di "Bortglömd", che alterna nel suo incedere parti durissime a momenti ad alto tasso di pathos. Arrangiamento classico e tono disteso per la bellissima e tenera canzone leggera di "Lipsill", mentre la melodia disperata e altrettanto di livello di "Sluta följa efter" è martoriata, con piano e violini costantemente aggrediti da strati di chitarra distorta e malaticcia.
Questo è quanto. "Ta det lugnt" è disco davvero prezioso, centrato, cristallino, perfettamente a fuoco, non innovativo eppure personale, ad ogni modo bellissimo. Se non ne eravate ancora a conoscenza, è giunta finalmente l'ora di rimediare.