E' sempre difficile rapportarsi con un album di Quintron, vuoi
perché il marpione ci ha abituati a lavori frammentari e improbabili, come il
magistrale "Satan Is Dead", a scorribande noise terrificanti e inavvicinabili,
come il suo debutto percussivo "Internal Feedback 001-011", vuoi perché sempre e
comunque il suo gusto per la bizzarria, per un sound eccentrico e mutante, le
sue manie di destrutturazione musicale, hanno permeato anche gli episodi più
mansueti (ad esempio, il celebre "Are You Ready For An Organ Solo?") della sua
discografia.
Ma facciamo un passo indietro, chi è mai questo Mr.
Quintron? Jay Poggi, questo il suo vero nome, è uno dei più folli personaggi
della variegata e policroma scena underground di New Orleans; organista
antiquario, innamorato del timbro sgraziato di strumenti improponibili (spesso
attrezzature di serie C, o anche giocattoli) e astrusi, inventore fulminato (tra
i suoi brevetti abbiamo la spit machine, una drum machine che funziona
esclusivamente con la saliva umana, e la famosa drum buddy, che utilizza un
sistema di specchi che trasformano la luce in suono), cultore di una sorta di
proto-garage tastieristico grumoso e ludico, si è costruito una carriera
costellata di stramberie colossali e torrenziali flussi di genialità sregolata,
conquistando il cuore del pubblico più smaliziato e le divertite lodi della
critica più attenta. Le aspettative, dunque, prima di premere "play", sono molto
alte.
E' un vero peccato, dopo diversi ascolti, accorgersi di come esse
siano state deluse: molte cose sono cambiate in casa Quintron, dai tempi
dell'ultimo, allucinato "The Frog Tape". Miss Pussycat, compagna di vita e
d'arte del nostro eroe, si affaccia sempre più prepotentemente fuori dal suo
sgargiante teatrino di burattini, verso il contenuto della proposta musicale del
progetto Quintron, e questo porta la sua gracchiante voce in primo piano in
numerosi episodi.
Ma per il fan più affezionato, il primo shock è un altro:
si tratta di un album costituito interamente da canzoni (fatta eccezione per lo
stacchetto comico "Tea Time"), mentre il formato di brano dominante sui vecchi
lavori era quello strumentale. Questa evoluzione, iniziata già con "Are You
Ready", è qui portata alle estreme conseguenze: è un album, dicevamo, di
canzoni. E di canzoni mediocri, sorrette da un organo più spento del solito che
solo raramente ("Shoplifters") va a impennarsi negli acuminati barlumi di folle
inventiva a cui siamo abituati.
La sensazione, al primo ascolto, è che i
brani siano tutti uguali. In seguito, i più attenti potranno scoprire la
sfrenata danza fosforescente di "Witch In The Club", o magari l'incessante
pulsare di "Fly Like A Rat", letteralmente un rave in una palude, sorretta da
una monotona batteria elettronica, ma tutto sommato coinvolgente (se si
sopportano gli urli di Miss Pussycat, ovviamente). Per il resto è veramente
difficile salvare qualcosa: ci sono concessioni all'easy listening più goffo e
becero ("Dream Captains"), insensati tribalismi elettronici irrisori, conditi
con l'usuale (e ormai stantia) drum buddy ("Swamp Buggy Badass"), parentesi
nonsense che non fanno ridere ("Squirrel Gardens"), e brani che, semplicemente,
non sanno di niente ("Chatterbox", "Love Is Like A Blob", la cover di "God Of
Thunder" dei Kiss).
Sembra proprio che la stagione di Mr. Quintron sia
al tramonto, se, a meno di dieci anni da "Satan Is Dead", quest'insapore e
oltremodo scipita mimesi dell'r&b è tutto ciò che riesce ad allestire.