Candida ma dovuta premessa: non conoscevo i Cursive prima di avvicinarmi a questo “Happy Hollow”.
Nella bulimia del mercato discografico odierno, specie nel campo cosiddetto “indie”, credo non sia umano conoscere tutti i gruppi e gruppettini che ci sono, anche quelli, come i Cursive, che hanno finora riscosso discreta fortuna sia di pubblico che di critica; già, perché il gruppo guidato da Tim Kasher ha già nel suo palmares cinque album, diversi EP e singoli nonché addirittura una raccolta dei “primi lavori” (“The Difference Between Houses and Homes: Lost Songs And Loose End 1995-2001” del 2005).
Tra le righe delle tracce contenute in questo sesto album si riesce ad intuire che Kasher non è uno sprovveduto e nemmeno il solito giovine che butta là un po’ di chitarra-basso-batteria tanto per fare; lo sfondo è sempre emo ma questa volta virato più in pop-rock, il tocco in più di questo “Happy Hollow” è però data dalla partecipazione, in alcuni pezzi, di una sezione di fiati che impreziosisce diversi pezzi dell’album, il singolo “Doroty At Forty” o “Big Bang”, ad esempio.
Ma l’apporto di sax e trombe non si ferma qui, dà impulso a cavalcate hardcore come “Doroty Dreams Of Tornadoes”, rende messicaneggiante la ribellione di “Rise Up! Rise Up!”, imbastisce il funky di “Bad Science” ma soprattutto ricama una gustosa base simil-free jazz per quella che è forse la canzone più articolata e meglio riuscita di “Happy Hollow”, “Retreat!”.
Tolto il contributo dei fiati il disco rimane buono ma abbastanza anonimo, ci sono un paio di ballate rock un po’ facilone (“Bad Sects” e “Into The Fold”) e alcuni pregevoli pop-rock con svariati cambi di ritmo (“At Conception” e l’interessante “So-So Gigolò”) ma ci fermiamo qui.
Come detto in apertura, devo ammettere che pur non conoscendo il lavoro pre-“Happy Hollow” della banda di Omaha e pur non essendo questo album una cosa fulminante, riesco ad intuire le ragioni del successo di critica e di pubblico riscontrato da Kasher & C.; nonostante il fatto che “Happy Hollow” non sia certo da gridare al miracolo e malgrado la scelta di mischiarsi col pop non sembri essere azzeccata, queste 14 tracce non sono quasi mai tanto banali da confondersi con la maggior parte dei gruppetti di oggi e questo è già un punto a favore dei Cursive.
Pur non conoscendo i Cursive però mi sento abbastanza sicuro nell’affermare che il gruppo di Omaha potrebbe aver fatto di molto meglio in passato, sicuramente potrà (e dovrà) fare di meglio in futuro.
23/12/2006