Per il nuovo "Fox Confessor Brings the Flood" la formazione schierata ricalca la summenzionata. Le armi principali della Case sono due: a) la voce, sublime, potente, ariosa, profonda, capace di passare dal timbro sbarazzino (nei New Pornographers) a quello evocativo (quando canta country), dotata di grande varietà di registri eppure naturalissima, un vero e proprio dono divino. b) La capacità di scrittura, immediata, melodica eppure mai banale, accorata ed incisiva. Non a caso i brani più belli di questo "Fox Confessor" sono quelli più liberi ed aperti, in cui voce e melodia hanno più spazio per dipanarsi ed evolversi. Parliamo di "Star Witness", retta da un semplice, ma perfetto, passo di batteria e chitarre scandite, in cui la Case è sirena che ammalia e seduce, mostrando grandissima personalità di interprete e sfruttando controcori celestiali con sapienza; e di "Maybe Sparrow", figlia di un'esecuzione profondamente sentita e aggressiva, stesa su violini dolenti.
L'altro valore aggiunto del disco sono i musicisti, esemplari nel loro spazzolare country, nel mettere ogni nota al punto giusto, nel pennellare atmosfere diverse eppure coerenti, come in "Hold On, Hold On", country-western dall'aria tesa, in cui gli strumenti si caricano all'assalto, senza mai porsi in modo tale da offuscare la voce della Case; o come quando disegnano il notturno urbano dal mood cupo di "The Needle Has Landed", che pur si sorprende in qualche impennata melodica distesiva. Il meglio però lo offrono nel brano d'apertura, "Margaret vs. Pauline": tranquillo recital, in cui all'accompagnamento country viene affiancato un sottofondo jazzato.
Non mancano poi brani che osano maggiormente, affondando le loro radici in ambienti misteriosi e dall'andamento poco lineare, come l'epica e inquietissima title track, con un gran lavoro alle chitarre, e come "Dirty Knife" dall'incedere assassino, sottolineato dai violini. Qualità emerge poi anche dai brani di secondo piano come la rilettura del traditional "John Saw That Number", praticamente un country-rock, condotto a velocità moderatamente sostenuta e pronto a sfruttare note di piano e organo vagamente rock'n'roll; e "That Teenage Feeling", bozzetto sentimentale amoroso condotto a passo di danza.
L'avrete ormai capito: "Fox Confessor Brings the Flood" è un bel disco, ascoltatelo. Detto ciò, chiudiamo con la nota dolente. L'album, per quanti punti a favore abbia, lascia l'impressione che questi non siano stati impiegati al meglio: i brani sarebbero potuti essere sviluppati meglio e più a lungo, e nella versione definitiva non riescono a dire tutto quanto potevano, potenzialmente, offrire. In un epoca in cui ci si lamenta, a ragione, della produzione discografica sterminata e sbrodolona, una volta tanto che serviva dilungarsi non è avvenuto: un vero peccato che degrada un plausibile mezzo capolavoro a "soltanto" buono.
(31/03/2006)