Inserito nel calderone del "pre-war folk" dopo l’uscita del suo primo, omonimo disco, Vetiver (al secolo Andy Cabic) dimostra, con questo "To Find Me Gone" di essere, piuttosto, una discreto act di folk-rock che ha ben chiaro davanti a sé l’orizzonte di una musica semplice ma, nello stesso tempo, capace di coinvolgere anche l’ascoltatore più distratto.
Cabic ha messo su undici composizioni dominate dalla sua voce delicata e da un senso di desolante, avvolgente nostalgia. Il risultato è di certo piacevole, ma non fa per niente gridare al miracolo, come qualcuno va millantando. "To Find Me Gone", infatti, è uno di quei dischi che, almeno personalmente, farò fatica a riascoltare ancora, anche perché manca di momenti davvero temerari e definitivamente oltre la media.
Certo, il rituale dolciastro e trasognato di "Been So Long" presenta delle sfumature di grande spessore emozionale, il tam-tam incalzante e la pseudo-frontiera di "You May Be Blue (con tracce di Volebeats) e il piccolo caleidoscopio di corde pizzicate e archi di "No One Word" sono spie luminosissime di un’ispirazione di tutto rispetto, ma Cabic non riesce a mantenere inalterato questo livello di intensità per tutta la durata del disco. Già con "Idle Ties", infatti, la spensieratezza country è di quelle stanche e risapute, pur nella sua indole dimessa e vagamente euforica. La stessa malinconia di "I Know No Pardon", con un messaggio di non violenza tra le righe, è quanto di più stanco e risaputo ci si potesse aspettare. Toccherà anche le corde giuste, ma è ordinaria amministrazione (così come lo è quel brulicare d’organo sullo sfondo).
Ciò che si avverte immediatamente in "Maureen" è un sentimento di distacco, un vivo senso di evanescenza, forse più agognata che raggiunta. Da questo punto in poi, la musica procede con maggiore stanchezza, quasi come se tutto il nuovo Vetiver si fosse concentrato nella prima parte del disco. E "nuovo" per modo di dire.
Insomma, come si dice: non sempre il gioco vale la candela ("The Porter") e, alla lunga, la noia può fare davvero brutti scherzi ("Double"). Con "Red Lantern Girls", Cabic ha forse pensato di mettere mano al pezzo più rappresentativo del lotto, per la sua capacità di lavorare la musica con discrezione e parsimonia, prima di un’improvvisa, liberatoria esplosione elettrica. Ma, sotto sotto, è un brano che non riesce a nascondere tutta la sua artificiosità, ravvisabile proprio in quella netta contrapposizione tra la prima e la seconda parte: quasi messe insieme a forza, senza tenere conto né dell’una né dell’altra.
Così, finiamo per innamorarci dei momenti più disimpegnati, come quella "Won’t Be Me" che galoppa su una immaginaria linea di confine Buffalo Springfield/Flying Burrito Brothers. E’ una fantastica botta di vita senza troppi fraintendimenti, prima di annegare, sbadigliando, nel languido crepuscolo psichedelico di "Down At El Rio", convinti che, anche se non si tratta di un disco brutto, "To Find Me Gone" sia solo uno dei tanti. E per me è troppo poco.
26/06/2006