Interamente strumentale, la (breve) partitura utilizza quattro tempi secondo una scala di densità sonora crescente. All'inizio esistono solamente una vibrazione oscillante scurissima in subfrequenza, disturbata da puntelli gorgoglianti, aleatori e rarefatti (a cui si sostituiscono, verso la fine, note ancor più sfuggenti e rarefatte di cello). Nella seconda parte si fanno avanti gli archi, che portano subito la tensione alle stelle (fiati, sonagli, grancassa) e quindi la modulano verso note tremolanti horror, duetti straniati di strumenti alla rinfusa, e nuove esplosioni in fortissimo. Walker qui fa la figura di un ibrido amatoriale tra Penderecki e l'Herrmann di "Psycho".
La terza parte riparte dalle frequenze gravi (stavolta ricavate dalle note tenute degli archi all'unisono) per farle poi entrare in risonanza reciproca, lasciando spazio a innalzamenti dinamici e puntate liriche degli archi solisti. Nell'ultima parte si dà spazio a staffette tra strappi e corse orrorifiche (acute e gravi), ad addensare progressivamente la tessitura fino a momenti di reale cacofonia violenta (tra folk-noise e gli Oneida di "Up With People"), quindi a trasportarla a forza verso una nuova staffetta con concertina e dispositivi elettronici, una banda schizofrenica (a tratti orchestrale-stravinskiana) e una conclusione stupefatta, quasi purificatrice.
Concepito originariamente come colonna sonora per un balletto della CanDoCo Dance Company (base a Londra, a cui prendono parte persone disabili), rappresentato il 26 aprile 2006 in esclusiva assoluta a Manchester, coreografato e scenografato dal marpione del jet-set Rafael Bonachela, è un piccolo banco di prova per il Walker in qualità d'ipotetico compositore spurio. Tra i movimenti che lo compongono (privi d'indicazioni metronomiche), il secondo è gratuito, il terzo è vagamente inconcludente, il quarto è il più urgente e il più drammatico, il migliore. Il primo? Pura retorica. Il vero precedente è la sonorizzazione di "Pola X" (1999).
Tiratura limitatissima.
(07/11/2007)