Intenti ad approfondire una forma tutta personale di musica elettronica, gli islandesi Gus Gus giungono al settimo disco in studio, due anni dopo lo splendido “24/7”. Assunte per l'occasione tre vecchie conoscenze del gruppo come Urður "Earth" Hákonardóttir, Högni Egilsson e Davíð þór Jónsson, con “Arabian Horse” il trio continua un discorso di perfezione formale e di contenuto iniziato con il precedente album. Naturale propaggine delle dieci tracce pubblicate nel 2009, la nuova prova sviluppa e approfondisce temi solo accennati in passato.
L'attuale intento dei Gus Gus sembra quello di mostrare al mondo le linee guida per compilare delle canzoni dance. Rimanendo fedeli all'isolamento che caratterizza la registrazione delle loro sedute di studio, “Arabian Horse” è stato realizzato in una abitazione immersa tra i ghiacci nel mezzo dell’Islanda. Questa atmosfera elegiaca, spartana e fiabesca, si traduce in suoni altrettanto estatici. Allergica al manierismo o alla sterile rivisitazione, la musica del trio è una fresca e studiata miscela di suoni vivaci, vividi, votati alla distensione house progressiva, formula della quale la band è rappresentante quasi unica.
Fra progressioni di synth modulari che prendono il sopravvento (l'iniziale “Selfoss”, la fluida “Changes Come”) e decisi trance-pop stellari (mai uguali a se stesse le varie “Be With Me”, “Deep Inside” e “Magnified Love”), il disco assume una personalità statuaria e inattaccabile, mostrando i muscoli mentre accarezza note delicate. Dove il battito si tramuta in deciso martellamento techno (le forti tinte soul di “Over” e “When Your Lover's Gone” e “Within You”) i toni variano, alternando algida freddezza e calore viscerale. Lasciati per strada i brillanti vocalizzi femminili nella title track e la stramba “Benched” (battuta bassa, melodie ariose e accenni idm), l'album conclude il suo percorso con maestria e possenza.
Mai domi e assoluti pionieri di uno stile autentico ormai dimenticato, i tre cesellatori dance provenienti dal freddo prendono in mano la materia e la plasmano ottenendo risultati perfetti da ogni punto di vista. La loro arte è classica ma non manieristica, avveniristica ma non pretenziosa. Come il palpitante destriero bianco in copertina, l'album dei Gus Gus è fatto di vento e sangue, cuore e velocità.
11/06/2011