Quattro anni dopo il geniale "Beautiful Scars" ci sono novità per Kip Hanrahan. Le pulsioni sonore della sua musica hanno ridestato l'interesse per il suo originale mélange di jazz, classica, soul, latin-rock, be-bop, funk e free-jazz, concentrando l'attenzione sul nuovo album "At Home In Anger", un ritorno sotto i riflettori della critica che rende merito a un musicista trascurato dai media.
Sembravano eccessive le lodi che sottolineavano il suo ritorno dopo diecii anni di apparente inattività, ma il percorso artistico di Kip Hanrahan concentra flussi culturali eterogenei e impressioni cinematografiche, che sgorgano dalla collaborazione con Jean-Luc Godard.
Non mancano le consuete contaminazioni tecnologiche, che accolgono le suggestioni del video artista Nam June Paik, e resta vivo l'intenso incrocio di culture sonore che allinea tradizioni differenti animate da una sensualità comune.
Nel continuo muoversi tra Rio de Janeiro e la Virginia, l'artista riafferma il potere della contaminazione, attraverso la rinuncia all'ecumenismo ideologico che ha smorzato il potere diabolico e trasgressivo della acculturazione.
Ogni performance catalizza elementi familiari scalfendone i contorni, la rumba di "Vida Sin Miel" è torturata da strazianti note di violino elettrico, mentre "No Baby (1)" incrocia voci e fiati con arrogante minimalismo, e spetta a "Suenos Da Vida Colonial" innalzare i toni poetici ricchi di malinconia, creando spazi irregolari in un vortice di suoni e ritmi sempre incalzanti e bollenti.
Kip Hanrahan ha ridefinito il senso del ritmo, con un sound personale che si evolve pur nell'apparente staticità stilistica. Le impetuose "Kuduro Of Assassins And Laughter" e "Gift" sposano il tono sensuale di "Como En Vietnam", "At Home In The Night" e "Unfinished Dusk" con una leggiadria che rende "At Home In Anger" un album più diretto e immediato.
Un flusso sonoro inarrestabile e compatto che trasuda abilità tecnica notevole e una ispirazione che accarezza i maestri del jazz senza evocarli.
Immagini forti e corporee si agitano tra percussioni, trombe, violini, chitarre free form e voci dal suono esotico e straniante; l'abile regia sonora di Kip Hanrahan non cede il passo alla noia e il tutto scorre come un film. L'inevitabile disagio di un approccio casuale alla sua musica viene istantaneamente convertito in uno stato di trance erotica che apre le porte a un nuovo mondo sonoro.
La chiave è a vostra disposizione: non restate fuori sull'uscio, qui scorre sangue, sudore e molte lacrime.
20/01/2012