Elegante e raffinata, la voce di Billie Ray Martin è da un ventennio una presenza costante delle classifiche disco e pop-soul. Sin dalle prime collaborazioni con gli S-Express e gli Electribe 101 fino alle avventure con grandi protagonisti del soul come Carla Thomas e Ann Peebles, la cantante tedesca ha conservato un alto profilo.
L'incontro con il produttore norvegese Robert Solheim è l'occasione per dar corpo alle buone potenzialità della sua voce.
Il songwriting composto e fluido e un'elettronica chic garantiscono la soddisfazione di un pubblico eterogeneo, catturato anche dal fascino retrò di "Hollywood Under The Knife".
Salutati come i Carpenters dell'elettronica, gli Opiates sono un affascinante remake dell'era Yazoo-Depeche Mode-Eurythmics, ma non è necessariamente un difetto.
Tecnologicamente perfetto, il progetto degli Opiates non supera i confini della prevedibilità, ma c'è abbastanza carne sul fuoco e il tutto resta gradevole. Il techno-soul-pop leggermente esangue contagiato da una magia impalpabile alimenta sottili emozioni.
Robert Solheim ripropone tutti gli schemi del pop elettronico, synths che duettano con il basso, frivolezze elettroniche che colorano gli spazi grigi delle canzoni senza stupire ma senza neanche annoiare.
Billie Ray Martin sussurra, bisbiglia, a volte si immerge nel soul citando Aretha Franklin (con cui ha collaborato), rileggendo le gesta di Alison Moyet e modellando tentazioni intime senza gioia o sofferenza.
La già nota "Rainy Days And Saturdays" introduce le atmosfere sottilmente noir da C.S.I., che diventano angoscianti nella sensuale "Candy Coated Crime" e cupi nella ossessiva "Silent Comes The Nighttime (Again)".
Altrove il tono cinematografico è più intenso, come nell'intrigante e ambigua "I'm Not Simone Choule", o nella romantica "Oprah's Book Of The Month Club (Part Two)", che evoca le pagine più relaxed di Scott Walker e David Sylvian.
Resta una leggera sensazione di incompiuto, che diventa più forte nella goffa "Jalouisies And Jealouisies" e impedisce all'album di elevarsi spesso dalla normalità.
Il songwriting non è sempre all'altezza, e raramente viene raggiunto il climax emotivo dei modelli che ispirano "Hollywood Under The Knife". Billie Ray Martin sembra più a suo agio nell'unica composizione esterna, ovvero la splendida "Dinah And The Beautiful Blue", una ballata notturna costruita su accordi complessi in cui la voce acquista una profondità altrove ricercata.
Scritto dalla band svedese Anywhen, il brano "Dinah And The Beautiful Blue" è tratto dal loro secondo album intitolato stranamente "Opiates"; le gesta di Thomas Feiner e della sua band sembrano essere un ombra costante dietro le tentazioni più raffinate dell'elettro-soul del gruppo.
La speranza è che le piacevoli suggestioni di quest'album siano solo il principio di un percorso più maturo: un autore più capace e un po' di coraggio potrebbero trasformare un raffinato dejavu in una realtà più complessa e interessante.
P.S. Una versione in doppio cd con inediti remix è prevista per fine marzo 2012.
15/03/2012