Tokyo Jihen

Daihakken

2011 (Toshiba / Emi)
alt-rock, jazz-pop

Infaticabile, inarrestabile Ringo Shiina. L'avevamo lasciata giusto l'anno scorso a lottare per la medaglia d'oro, a fianco dei suoi compagni d'avventura Tokyo Jihen, in seguito all'uscita del loro acclamatissimo quarto album "Sports", ed eccola che torna più carica che mai quello successivo, con un attacco bifronte di quelli a cui è praticamente impossibile opporre resistenza.
Se, infatti, proprio in questi giorni è uscito il nuovo singolo solista dell'artista, "Carnation", che la riconferma, dopo due anni di pausa dall'attività in proprio, come musicista e arrangiatrice sopraffina, è di qualche mese fa la pubblicazione del quinto lavoro del suo gruppo sopra menzionato, a nome "Daihakken", il quale presenta una band totalmente rinnovata sotto ogni aspetto, capace ancora di infilare una stoccata vincente dopo l'altra.

Il rinnovamento effettuato non ha comportato, tuttavia, un tabula rasa delle esperienze affrontate nel passato, anche non troppo remoto. Così, l'esperienza jazz-rock, perfezionata nel capolavoro dell'anno scorso, sulla scia delle grande tradizione fusion nipponica,  come pure gli isterici contrappunti grunge di inizio carriera, che sembravano oramai materiale sonoro abbandonato per sempre, fanno capolino in più di un'occasione, talvolta costituendo il corpus sonoro di intere tracce. Eppure, a ben considerarli, questi interventi splendono di una luce del tutto nuova, appaiono trasfigurati rispetto alla loro formulazione originaria, che li vedeva partecipi di trame più dirette ed essenziali. E, in questo disco, di essenziale c'è davvero ben poco: anche negli episodi più pacati, la schizofrenia esecutiva del quintetto permette loro di passare al setaccio, e infine frullare, quasi dieci anni di curriculum musicale come band, ottenendo un suono folle, a tratti claustrofobico. E psichedelico.
Nonostante la continua ricerca da parte della cantautrice di pattern compositivi che riuscissero a combinare mondi e generi apparentemente inconciliabili tra loro (ed è questo il punto su cui fa perno specialmente il suo meraviglioso "Karuki Zamen Kuri No Hana" del 2003, una delle opere più innovative e straordinarie degli ultimi dieci anni), mai la si era vista tanto interessata nell'esplorare un universo dai contorni così sfumati, adrenalinico senz'altro, nondimeno dotato di un'evanescenza intrisa di magica aspettativa.

È in questo modo infatti che viene fuori un brano come "Tengou E Youkoso", il quale, tra didgeridoo schizoide, linea canora affilatissima e una cornice psichedelica simil medio-orientale, forma quella che è una intro-track assolutamente spiazzante, per chi invece sperava in una prosecuzione del discorso introdotto giusto l'annata scorsa. Senza soluzione di continuità, si passa così ad uno scatenato richiamo al post-grunge più uterino in "Zettai Tai Soutaichi", a un divertissement pop-rock nudo e crudo come "Atarashii Bunmei-kaika", in cui Ringo si diverte a citare le eterne bambine del punk nazionale Shonen Knife, approdando infine a "Denki No Nai Toshi", grintosa ballata al pianoforte in cui il binomio voce-strumento si modula in saliscendi cromatici di struggente intensità.
Ciò nonostante, l'ascolto non risulta penalizzato da tanta disomogeneità e, a ben vedere, è proprio una simile ricchezza di stili e arrangiamenti a dar forza all'intero progetto. Sia beninteso che la mancanza di coordinate comuni all'interno di un album è prassi diffusa nel Sol Levante, anche in ambito strettamente mainstream, tuttavia la frammentarietà che ne deriva spesso e volentieri compromette la scorrevolezza dell'ascolto, penalizzando così opere finanche intriganti. Qui no. Qui non si riscontrano battute d'arresto, tutto trova la sua giusta collocazione senza alcun imprevisto, mostrando una consistenza che non dà alcun segno di cedimento.

Molto del merito va senz'altro attribuito alla voce di Ringo, caratteristica e caratterizzante, che si erge a interprete di primo ordine in tutti e cinquanta i minuti di durata. Se fin dagli esordi un timbro così peculiare ha saputo calamitare l'attenzione degli ascoltatori, è negli ultimi due-tre anni che ha saputo raggiungere picchi simili d'intensità. Con la sicurezza di chi sa come giocare al meglio le proprie carte, l'artista affronta disinvolta le ritmiche rabbiose di "Kaze Ni Ayakatte Yume", lanciandosi in esplosioni di pura violenza degne delle migliori Babes In Toyland.
Allo stesso modo, non si pone tante limitazioni nel mostrarsi sensuale e patinata chanteuse d'altri tempi nei numeri più jazz del lotto ("Onna No Ko Wa Daredemo", "Osorubeki Otonotachi"), e un momento dopo, baloccarsi come una bimba davanti alla sua nuova scatola di colori, gettandosi nella mischia con performances palpitanti e spiritose. Da grande compositrice qual è, la Shiina sa come regolare la tensione e le aperture emozionali dei brani, alternando a quadretti più riflessivi lampi di autentica deflagrazione sonora, siano essi dovuti alle sue interpretazioni o al contributo dato dagli altri membri.

Decisamente molto più importanti, al fine della costruzione delle canzoni, diventano infatti i restanti elementi della formazione, che nelle prime fatiche parevano essere soltanto session-men, piuttosto che componenti effettivi di una band. Capeggiati dall'estroso Seiji Kameda, bassista e co-autore di molti degli arrangiamenti, i quattro non esitano nemmeno un attimo a mostrare che, finalmente, anche il loro contributo sa essere davvero rilevante. Che assecondino i "capricci" della Shiina, o si dirigano in tutt'altra direzione, riescono a tenerle sempre testa con costruzioni fantasiose, colorate, ricche di spunti.
Si è già parlato della cornice allucinogena che contorna "Tengou E Youkoso": ebbene, questa tendenza a velare i confini, a dissolvere i contorni della musica è l'unica costante in un lavoro che di costante non ha assolutamente niente. Anche negli episodi più cadenzati, nello sfondo compare sempre una linea ritmica soffusa e dimessa, volta a confondere le carte in tavola, a ingarbugliare un andamento troppo uniforme. E nella sghemba fluidità di "Sora Ga Natteiru", come pure nel taglio tramortito di "Katsure Wa Otoko To Onna", ci si perde in una dimensione di totale incertezza.

Opera dall'encomiabile equilibrio e audace impulso creativo, al crocevia delle più disparate suggestioni, "Daihakken" si rivela una sfida vinta sotto tutti i punti di vista, e un primo significativo passo verso lo sviluppo di una nuova, personalissima definizione di "musica totale". E a noi non resta che augurarsi che una prospettiva simile diventi realtà.

14/11/2011

Tracklist

1. Tengoku E Youkoso For The Disc
2. Zettaichi Tai Soutaichi
3. Atarashii Bunmei-kaika
4. Denki No Nai Toshi
5. Kaitei Ni Sukuu Otoko
6. Kinjirareta Asobi
7. Dopamint! BPM103
8. Osorubeki Otona-tachi
9. 21-seiki Uchuu No Kou
10. Katsute Wa Otoko To Onna
11. Sora Ga Natteiru
12. Kaze Ni Ayakatte Yuke
13. Onna No Ko Wa Daredemo
14. Tengoku E Youkoso For The Tube (Bonus Track)

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