La Dark Entries merita tante tantissime lodi. Insieme alla Mannequin, alla Captured Tracks, alla Vinyl On Demand, è in quell'area sacra di ricerca archeologica del mondo wave, synth, lo-fi che era rimasto sepolto dopo gli anni 80.
Senza Josh Cheon progetti come Dark Day, The Product (di prossima pubblicazione), Neon Judgement, Borghesia, Live of Angels e molti altri non avrebbero sicuramente avuto facile modo di riscoprirsi e di far capire che quale grado di evoluzione estetica e tecnica si era raggiunti in quel periodo storico.
Una sola eccezione a questa linearità: il disco di debutto del duo Linea Aspera.
Questo duo inglese formato da Ryan Ambridge (Synths/Programming) e Alison Lewis (Vocals/Synths). aveva rilasciato precedentemente solo alcune cassette autoprodotte con una strumentazione rigorosamente analogica (Roland SH-09, Roland Juno 6, Vermona DRM MKiii, Korg Poly 800) che ritroviamo anche in questo loro primo Lp.
Il progetto si presenta apertamente come chiaro incrocio di tante influenze ottantiane, la prima Ebm, la cold-wave più scheletrica, un synth-pop classico e malinconico, un post-punk poco audace e molto curato, piuttosto, nella sua forma esteriore.
Un tessuto debole nel suo complesso, trasparente e dalla personalità inconsistente. Se parliamo male dei tanti revival new wave che si susseguono di anno in anno, è dovuto in parte a progetti come questo, un involucro fabbricato su misura.
L’opener “Synapse”, come la seguente “Eviction”, sono due precisi calchi di ritmiche minimal wave, con riverberi di atmosfere carpenteriane e della scena belga, su cui si muove la monocorde voce di Alison in una pastosa litania emotiva.
In un malriuscito tentativo d’ipnosi le canzoni si mangiano a vicenda, mostrando un’espressività opaca che sopprime il fascino noir di pezzi interessanti come “Synapse” o l’electro pop col rossetto nero di “Hinterland”.
“Malarone”, primo singolo uscito, è lo specchio ideale di un’opera in cui la personalità è stata schiacciata da tanti/troppi innesti citazionistici: su una partenza space-synth molto evocativa si va a delineare un grigio orizzonte chirurgico in cui solo il sobbalzare leggero della voce riesce a suggerire un’idea armonica.
Per il resto è un cut-up medico-insettofilo dal gusto indifferente, che dimostra quanto una band possa non impressionare la pellicola emotiva.
In conclusione possiamo solo sperare che si dimostri un unicum per un’etichetta solitamente geniale e di riferimento per il suo lavoro artistico.
(18/12/2012)