Si racconta che Nick Zammuto si sia prodigato come cuoco mentre coltivava in segreto la propria passione per una musica innovativa che fosse figlia di elaborazioni matematiche e scientifiche. Non è dato sapere quale direzione avrebbe preso la sua carriera se non avesse incontrato sulla sua strada Paul De Jong. La storia dei Books (ovvero Paul De Jong e Nick Zammuto) è una delle più affascinanti e coerenti dell'avanguardia contemporanea - la loro elaborazione di matrici folk in salsa elettronica ha dato vita a collage sonori di inattesa bellezza.
Il termine musica de-strutturata, nel caso dei Books, era però limitante e approssimativo. La loro è stata una creazione pura di nuovi tabulati armonici-ritmici sui quali instradare innovative ricerche sonore.
Dopo aver annunciato a gennaio la fine del duo, Nick Zammuto è tornato in pista con una band di quattro elementi, e la nuova identità sonora rivela subito una consistenza ritmica e armonica elaborata e complessa. Ritmi elettronici e naturali s'incrociano abilmente con chitarre ritmiche e soliste dalle sonorità limpide e trascinanti, con suoni che esplorano territori meno folk e più vicini al rock di scuola King Crimson.
Il batterista Sean Dixon, con le sue geniali invenzioni ritmiche, crea luci e ombre nelle quali cela voci, chitarre e intrusioni elettroniche. Cacofonie, minimalismo, stacchi chitarristici e ritmi compressi, in pirotecniche creazioni strumentali che a volte sfiorano le strutture del pop senza infettarsi: Nick Zammuto introduce una consistenza sonora che allontana le prevedibilità della laptop music del duo d'origine. In questa nuova guisa raggiunge comunque una trance ipnotica altamente suggestiva, ma è tutto più fisico e umano, nonostante la voce filtrata dal vocoder.
L'afro-funk in salsa elettronica di "Groan Man, Don't Cry" e la festosa elettronica a specchi di "The Shape Of Things To Come" localizzano i momenti più interessanti dell'album grazie a una finitura armonica più netta, ma sono il senso dell'avventura e dell'esplorazione sonora a costituire il punto di forza dell'album. "Yay" apre la sequenza con un'ingenuità e un candore che stupiscono - la superbia ha lasciato posto alla meraviglia - ma è inevitabile scivolare in alcune banalità, come il pasticcio electro-dance "Zebra Butt" e la nevrotica performance del vocoder in "Harlequin". La voglia di nuovo che pervade ogni frammento del disco incrocia anche il progressive-rock in "Idiom Wind", fluidi kraut in "Weird Ceiling" e perfino residui folk e psichedelici in "Full Fading", eppure resta in sospeso la valutazione stilistica più generale.
È sempre forte la sensazione che Nick Zammuto e la sua nuova band abbiano tracciato più linee possibili, nel tentativo comunque riuscito di smarcarsi da un passato ingombrante. Le poche incertezze già sottolineate in alcune tracce e riproposte anche in "Too Late To Topologie" ci suggeriscono cautela, ciononostante non si può restare indifferenti a una proposta che necessita solo di un po' più coraggio.
02/07/2012