Prolifico e sempre intrigante, Cass McCombs giunge al traguardo di un album doppio, un progetto ambizioso per un musicista dalla scrittura energica e originale; la sua intrusione nel mondo del folk-rock è senz’altro poco canonica, ed è questo il motivo della costante qualità della sua produzione.
“Big Wheel And Others” non è il suo capolavoro, ma solo il più variegato e completo insieme di arte del songwriting: tra scampoli di Leonard Cohen in salsa jazz (“The Burning Of The Temple”) e pregevoli bozzetti gothic (“Everything Has To Be Just-So”), Cass McCombs mette in opera la sua produzione più accattivante e inquieta.
L’affiatamento con la sua backing-band rende ancor più piacevole e confidenziale ognuno dei venti capitoli: lo strumentale “It Means A Lot To Know You Care” e il delicato groove ritmico di “Sooner Cheat Death Than Fool Love” scorrono con la stessa agilità, nell’attesa dello slancio poetico di “Angel Blood” o del candido pallore di “Unearthed”.
È comunque evidente solo ai più attenti e scaltri che Cass McCombs è un autore potenzialmente notevole che ama un basso profilo: la sua musica resta sempre leggermente indefinita e svagata, quasi a voler evitare un conforto pubblico più imponente ma distratto.
Ed è per questo motivo che canzoni come “Home On The Range”, “Name Written In Water”, “Big Wheel”, “Joe Murder”, “Satan Is My Toy” e la cover del brano dei Thin Lizzy “Honesty Is No Excuse”, pur rappresentando le migliori performance del musicista, non raggiungono quel climax d’insieme che possa far archiviare "Big Wheel And Others" come il suo album più esaustivo.
15/12/2013