“Petrichor”, prima traccia di questo nuovo parto del duo di Portland (il secondo rilasciato dalla Thrill Jockey), è un esperimento di just-intonation che mira alla generazione di emissioni otoacustiche, pronte a rapirci in una vertigine ipnotica che va attirando a sé cosmiche fluttuazioni Schulze-iane.
Distaccandosi dalle performance non proprio convincenti dei due precedenti lavori, “Seer” è un disco in cui Jonathan Sielaff e Matt Carlson ritrovano il gusto di sperimentare, producendo texture godibilissime, nate dalla combinazione di elettronica modulare e clarinetto basso filtrato.
Il panorama offerto da “Sharp Stones” nasce da un ibrido di pulsazioni sintetiche e austere declamazioni space-jazz, mentre in territorio new age si spinge la contemplativa “Archipelago”, costruita giustapponendo registrazioni sul campo di uccellini cinguettanti, una linea desolata di clarinetto e fibrillazioni digitali. Lentamente, l’intensità delle fonti muove verso un crescendo dal sapore sinfonico, lo stesso che caratterizza da cima a fondo le trame fiduciosamente estatiche di “Flight Song”.
Man mano che i minuti scorrono, si materializza un percorso emotivo ben delineato che, tuttavia, avrebbe meritato miglior chiusa, perché i dodici minuti e rotti di “Superposition”, oltre a essere un po’ troppi, hanno anche il difetto di essere meno creativi di quelli degli altri quattro brani.
04/05/2014