Avevamo lasciato Scott Hansen e la sua creatura Tycho alle prese con un raffinato post-rock ricco di landscape sonori congeniali alle diverse attitudini artistiche del musicista (è anche designer e fotografo). Con “Epoch” lo scenario cambia: l’incontro con un vecchio amico dei tempi del college ha messo Scott in contatto con un’altra realtà: la dance music.
Questa immissione d’energia, all’interno di una musica a volte autoindulgente e melanconica, ha senz’altro smosso quella monotonia e claustrofobia dell’insieme. Ma questo avviene a scapito dell’ispirazione e della consistenza, elementi non sempre primari nel profilo stilistico dell’artista americano.
“Glider”, “Horizon” e “Local” sono perfette colonne sonore per la moderna meditazione spiritual-urban, mentre a “Slack” e “Source” il musicista affida le pulsioni più psichedeliche condite da impazienti incursioni chitarristiche.
È comunque il ritmo l’elemento più innovativo di “Epoch”, spesso lusingato dall'elettronica, a volte immerso tra interessanti incastri di basso e batteria, come nell’incalzante “Division” e nella ruffiana title track.
Il primo posto nelle classifiche dance americane non sorprende né indispettisce: appare chiaro che un album come “Epoch” possa colpire l’immaginario del pubblico. La perfetta calibratura di elettronica e post-rock ha tutte le coordinate della contemporaneità culturale.
È infine l’estetica a prevalere sul contenuto, in un caleidoscopico avvicendamento di armonie e ritmi. Una piacevole fusione di ambient, trip-hop, prog, psichedelia e balearic-dance, dal fascino fugace ed evanescente.
10/02/2017