Nonostante l’infatuazione per l’esotico strumento a corde maliano “kora”, il francese Yann Tambour aka Stranded Horse è da tempo indicato come possibile erede di Matt Elliott, per come ripropone stilemi tradizionali (ma non ingessati) diversi da quelli anglosassoni, non solo appigliandosi alla generica etichetta “world” (dato il mezzo inganno della scelta dello strumento) ma rielaborando più seriamente e con maggiore personalità movenze medievali e, in questo caso, le atmosfere recuperate durante le registrazioni a Dakar con Boubacar Cissokho, suonatore “indigeno” di kora (“The Faint Light”).
Le suggestioni non mancano, anche in questo “Luxe”, sebbene abbia perso il tono magico di “Humbling Tides”, il suo salmodiare forse meno caratterizzato ma più pregnante dal punto di vista emotivo. Dall'altra parte, con l’aggiunta di un altro kora, di un violino e di un balafon, ci si può permettere anche una traccia picaresca, latineggiante come “Ode To Scabies”, o le mille e una notti della cover “My Name Is Carnival” (da Jackson C. Frank), dai turbinanti arrangiamenti carovanieri.
Con un ripescaggio da chansonnier come “Refondre les hémisphères”, “Luxe” si configura come un disco dall’estetica impeccabile, con un esotismo mai ostentato e del tutto introiettato nella personalità musicale di Yann, e in grado di solleticare l’immaginazione e i sensi musicali dell’ascoltatore secondo diverse modalità. La sensazione finale è però più quella di un intrattenimento erudito che di un reale viaggio interiore su nuove coordinate.
28/01/2016