Alzi la mano chi se lo aspettava. Jamie Roberts, conosciuto ai più con il nome Blawan, è una certezza della scena techno orma da diversi anni, uno dei nomi di punta nell'orbita di quell'elettronica che più assorbe la fisionomia berlinese dai toni scuri e solidi. Macinando un Ep dopo l'altro, Blawan è diventato tra i nomi più richiesti dell'ambiente techno, vantando sul curriculum pubblicazioni su storiche etichette come R&S, Black Sun e Basement Series. Un animale da club, capace di tirare fuori dal cappello sempre un nuovo numero da piazzare sui piatti, lasciando presagire quasi una volontà di stare al gioco della pista e non alzare mai l'asticella della propria produzione.
Roberts, però, già da diverso tempo stava dedicando alla ricerca di nuove forme technoidi, lasciandosi sedurre dalla tentazione dei synth modulari con cui tentare nuove strade per le sue uscite. È con la sua label Ternesc che il britannico pubblica nel 2016 l'Ep "Communicat 1022" e l'anno dopo "Nutrition". Già da queste due uscite si intercetta il tracciato su cui Blawan ha deciso di muoversi: siamo ancora sui territori della techno, ma il paesaggio si fa sempre più frammentato e caduco, la potenza si fa implosiva e scomposta. Una carica angosciosa come nelle acide frequenze di "Rubber Industry" o nei vagiti robotici di "Calcium Red". Arriviamo al 2018 e con Blawan ormai pronto per il grande salto, si dà alle stampe "Wet Will Always Dry", primo Lp del producer inglese.
I toni sono quanto mai opprimenti e le martellate diventano sempre più spietate. L'album batte i primi colpi con "Klade", una discesa agghiacciante verso un inferno elettrico che ci conduce verso la torbida asfissia di "Careless", dove tra secchi fruscii si fa strada l'eco di una nenia disperata. Il kick si fa più penetrante con i graffi ad alta tensione di "Tasser", che scalda i bassi prima della furia torbida di "Vented".
La forza d'impeto procede senza sosta, facendosi sempre più ombrosa e turbante. "North" procede come una marea di angoscia a corrente alternata, prima dell'estraniante catarsi di "Stell" che con un pattern strozzato libera gli ultimi lampi di voce umana in estinzione. Il basso glaciale di "Kalosi" ci porta in un incubo post-nucleare che si sintetizza verso il trip asettico della conclusiva "Nims".
Con "Wet Will Always Dry" Blawan gioca le sue migliori carte, sprigionando una violenza cruda e devastante che lo lancia nell'élite dei più feroci artiglieri techno contemporanei. Un esordio che vince e convince.
20/04/2019