Sarebbe bello, una volta tanto, levarsi di dosso quest'obbligo tutto italiano di cantare la Provincia. Se dalle nostre parti fai musica di un certo tipo e diretta a un certo tipo di pubblico, prima o poi ci devi infilare quella riflessione disincantata su come nascere ai margini, nel paesino privo di "sinergia tra paesaggio e condizioni meteo", precluda la realizzazione o il raggiungimento di una stabile condizione di serenità. Dal momento che è quasi un obbligo, quasi tutti l'hanno fatto; non molti l'hanno fatto bene.
Generic Animal in fondo non ci prova neanche. Luca Galizia, già chitarra nei Leute e volto umano dietro al "generico animale" uscito a gennaio con l'omonimo debutto (La Tempesta Dischi), si è fatto scrivere i testi da Jacopo Lietti dei Fine Before You Came, uno che la "provincia cronica" l'ha cantata in lungo e in largo, e che pure stavolta non s'è risparmiato dal farlo (si leggano, su tutte, le liriche di "Alle Fontanelle" e "Hinterland"). Ma lui, l'Animale, varesino classe 95, è qui per un'altra ragione: suonare e comporre la sua musica, sputandoci in faccia un'urgenza espressiva che non si manifesta in testi arrendevoli gridati a squarcia gola, ma in un amore incondizionato per la musica suonata, libera da ogni restrizione e obbligo morale.
Mentre la penna di Lietti guarda al verde spento delle nostre pianure e al grigio plumbeo del nostro cielo, la voce di Generic Animal canta un acoustic-soul storto e gonfio di passione, orientato verso il Nord America dei Broken Social Scene (quelli più folk e dimessi), verso la Londra del primo King Krule ("Trenord" ricorda molto la "Border Line" di Archy Marshall), verso la poesia dolente di certe lande alt-country (saltano in mente i Told Slant, da recuperare se non li conoscete). Galizia non guarda qua, ma altrove; parla un linguaggio universale che è il linguaggio della musica, troppo spesso dimenticato da chi, di contro, preferisce rifugiarsi nei più accomodanti territori del rock depresso (con tutti i suoi stantii cliché).
È questo che emerge e convince davvero nel disco: la bruciante voglia di esprimersi dei vent'anni, il desiderio di dare una forma alla vibrante vivacità compositiva che si sente correre nelle vene, qualità che purtroppo vengono attenuate da una scrittura che in questo contesto appesantisce, permeata da un cinismo adulto e distaccato, dissonante con l'esuberanza post-adolescenziale sprigionata dalle musiche e dall'interpretazione vocale. Non è un caso che il picco qualitativo ed emozionale lo si incontri in pezzi come "Broncio" e "Tsunami", i cui testi sono più promemoria di disordinati sfoghi sentimentali che poesiole sulla malinconia di provincia.
Si scrive Generic Animal, quindi, ma si legge Luca Galizia. Sono tutti suoi i meriti di questo disco, che convince, sì, ma non quanto realmente potrebbe se solo fosse libero da determinati vincoli letterari. La grande speranza è quella di sentirlo presto cantare cose sue, così che dalla promessa che è oggi, si possa evolvere nel nome importante che sembra destinato a diventare.
03/05/2018