Con un nome curioso preso in prestito dalla prima stesura del "Faust" di Goethe, gli Urfaust fanno irruzione all’interno della scena black metal europea di inizio millennio con un disco molto particolare, “Geist Ist Teufel” (2003), un concentrato di atmosfere sperimentali lo-fi attraversate da oscure nenie e arcane cantilene. Successivamente il duo olandese ha contaminato ulteriormente il proprio sound, ampliando la formula con gli elementi più disparati sia di matrice ambient che darkwave (vi rimando a una sterminata discografia in cui sono inclusi persino svariati split, Ep, live album e un compendio del 2012 decisamente consigliato, “Ritual Music For The True Clochard”).
Abbiamo doverosamente recuperato “The Constellatory Practice” (uscito alcuni mesi fa su Ván Records), un capitolo che riscatta il mezzo passo falso del precedente “Empty Space Meditation” riconsegnandoci gli Urfaust in piena forma, ancora una volta capaci di ridisegnare con originalità e un pizzico di follia i confini più oscuri della musica estrema.
Il biglietto da visita costituito dai tredici minuti di “Doctrine Of Spirit Obsession” non lascia dubbi al riguardo: il lento incedere della chitarra qui si compatta con una solennità rituale a dir poco inquietante, come se il black metal più atmosferico e depressivo si fondesse con l’occultismo doom meno fruibile e orecchiabile. Il rantolo di IX (vocalist e chitarrista) si trascina nel suo inconfondibile umore fiacco e indolente prima di fondersi con la psichedelia tribale della successiva “Behind The Veil Of The Trance Sleep”, un’esperienza sonora alienante e disturbante.
La nerissima “A Course In Cosmic Meditation” chiude la prima parte del disco aprendosi verso avvolgenti sonorità dark-ambient, mentre con “False Sensorial Impressions” si ritorna (quasi) al punto di partenza, un episodio interlocutorio che anticipa la vera perla del lavoro, “Trail Of The Conscience Of The Dead”. Questo passaggio si avvicina definitivamente ad alcune influenze doom di chiara matrice 90's, con i My Dying Bride dietro l’angolo (il riff melodico e la magnifica intrusione degli archi nella parte centrale del pezzo). La voce di IX questa volta vira verso territori pseudo-baritonali maggiormente adatti al contesto, i quali si incastrano alla perfezione con il solito drumming ossessivo del batterista che si nasconde dietro al nome di VRDRBR, artefice di un mood come sempre angosciante e claustrofobico. Chiude la partita il sinistro rumorismo di “Eradication Through Hypnotic Suggestion”, a voler sottolineare (tanto per cambiare) la natura assolutamente malsana del progetto.
Ascoltare gli Urfaust significa ritornare nel Medioevo più buio e allucinante, dove loschi cantori ubriachi appena sbattuti fuori da qualche locanda cominciano a vagare nel più remoto villaggio urlando al cielo apocalittiche cantilene sulla fine dei tempi. Quello del duo di Asten è un mondo a parte anche all’interno della stessa scena black, nonostante negli anni si siano tentati accostamenti più o meno condivisibili (Burzum oppure Bethlehem, due nomi sicuramente presenti nel background dei nostri). Ma è proprio questa la carta vincente del progetto in esame, l’aver intrapreso un percorso libero da vincoli di genere che ormai ha decretato per gli Urfaust lo status di cult band.
07/01/2019