Con premesse del genere, farsi prendere dalla commozione e scrivere una recensione sull'ala di questa sarebbe fin troppo facile. Specie se hai un po' più di trent'anni e quando ne avevi dodici o tredici le tue prime cotte facevano parte delle varie band del liceo e, cantando, scimmiottavano proprio Dolores. L'indubbia qualità di "In The End" fuga però ogni imbarazzo e rende il compito meno ingrato. L'ottavo disco della band irlandese è infatti, senz'altro, il loro migliore da una ventina d'anni a questa parte.
Certo, tutti i retroscena da ultima volta aiutano la cosiddetta lacrimina a fare capolino, come quando nella voluttuosa "Lost" la voce fatata della O'Riordan si concede i proverbiali svolazzi volteggiando sempre più in alto. O quando il giro di basso della più forzuta "Wake Me When It's Over" ammicca a quello di "Zombie". Nulla che la band non abbia già percorso, insomma, ma proposto sempre con gran efficacia.
"Catch Me If You Can" fornisce invece vesti inedite al suono dei Cranberries. Prima un pianoforte dal guizzante incedere neoclassico, poi un rinforzo di archi drammatici a trainare le strofe, facendone un brano molto elegante e, senza però rinunciare a un pelo di accessibilità, sofisticato.
In un album in cui la maggior parte dei titoli sembrano sinistre profezie di quello che sarebbe accaduto, lo strumming acustico molto solare di "Summer Song" rappresenta un bel break. I toni tornano invece soavemente drammatici nel commiato affidato alla title track, che chiude disco e avventura con un dolce abbraccio di archi melanconici e cantato celtico.
Sono tanti gli argomenti utilizzati tra i critici più spocchiosi per sminuire i Cranberries, alcuni dei quali anche condivisibili. Potremmo senz'altro concordare con chi li definisce una band incapace di reggere un intero disco, ma sarebbe improbo negare la bellezza di così tante splendide pop song declinate in una miscela unica e malinconica di dream-pop, alternative rock 90's e spolverate celtiche. Un blend unico e dolciastro, come quello dei migliori whiskey irlandesi. Non fa eccezione "In The End", che ha i suoi momenti meno incisivi (comunque canticchiabili), ma chiude degnamente e commossamente un'epopea indimenticabile.
(28/04/2019)