Non c’è aria di rinnovamento o rivoluzione, nel mondo di Kristin Hersh, anzi si può subito affermare senza timore di essere smentiti che “Clear Pond Road” sia un disco che indugia sui misurati toni chitarristici e sugli scarni residui post-punk ereditati dall’avventura con i Throwing Muses. L’elemento che lo rende attuale è la completa trasparenza intellettuale ed emotiva dell’autrice e musicista americana: le dieci canzoni dell’album sono l’ennesimo puzzle di riflessioni ponderate, di impressioni carpite al volo, di parole in cerca di conforto, di rifiuti anche espliciti nel ricevere aiuto.
Kristin Hersh continua a raccontare se stessa con lucidità e con una capacità di sintesi che, priva di orpelli e cliché, scava sotto pelle e accarezza lievemente l’anima. Con poche note di chitarra che non hanno nulla in comune con l’etica e l’estetica del cantautorato folk al femminile, anche se i pochi e semplici accordi cristallini e la voce monocromatica di “Bewitched Rerurns” tradiscono qualche affinità.
Pur accantonando i potenti riff dispensati nelle ultime prove dei Thowing Muses o dei 50 Foot Wave, le canzoni di Kristin restano spigolose, graffianti, tremule, spesso animate da residui post-punk che si scontrano con sprazzi elettroacustici, con flauti e archi a far da contrappunto (“Ms Hara”).
La pagina più aspra e angosciante dell’album è peraltro priva di qualsiasi supporto ritmico, che non sia quello creato dall’uso a mo’ di percussione della chitarra o il suono dei campanelli e dei tamburelli (“St. Valentines Day Massacre”), scelta resa ancor più estrema nella notturna e dolente “Dandelion”, dove i delicati intrecci di chitarra e violino sono scanditi da una ricca melodia affidata al solo uso della voce, spesso vera protagonista di canzoni dal corpo sonoro scheletrico e dal dissonante alternarsi di toni ruvidi e suadenti tenerezze.
I brani sono spesso contraddistinti da brevi inserti sonori alieni (“Constance Street”), dal rombo lontano di un tamburo (“Eyeshine”) o dal minaccioso timbro cupo degli archi (“Thank You, Corner Blight”).
“Clear Pond Road” è un disco che seduce con sonorità scarne e pacate (“Reflections On The Motive Power Of Fire”), ma ognuna di queste meste dieci tracce è oltremodo elegante e non avara di suggestioni poco ordinarie (“Palmetto”). La musica di Kristin Hersh è un altro diario in bianco e nero da ascoltare con la giusta attenzione, l’ennesima prova di coerenza di un’artista dallo stile unico e personale.
21/09/2023