Un drone oscuro come una notte senza stelle. Un vento sinistro che lentamnete cresce e avvolge l’atmosfera. “I won’t lie to you, the dive into these sound pieces started with an unremarkable failing of my body”, ammette candidamente Lawrence English, da più di vent’anni un faro nell’universo della musica sperimentale, grazie alla sua sterminata discografia e soprattutto all’attività dell’etichetta personale Room40.
Il primo drone del suo Ep pubblicato la scorsa estate, l’omonima “ShellType”, dura appena cinque minuti: quanto basta per settare i neuroni su sonorità prossime al silenzio, lievi increspature di sinusoidi che prendono vita tra la foreste della taiga siberiana e la tundra glaciale dipinta da Thomas Köner con i suoi capolavori “Teimo” e “Permafrost” più di trent’anni fa (Barooni, rispettivamente, 1992 e 1993).
La successiva “Something About The Way You Film Me” cambia di poco la struttura acustica, anche se il drone acquista qualità liquide, come se fosse sospeso nel bel mezzo di un oceano: sotto la superficie si percepiscono segnali modulati a diverse portanti, appena percettibili. Sono poco meno di nove minuti di durata ma il brano potrebbe durare un’eternità.
“The signals are not easy to read, something reflected in these pieces which I hope are the first in a series of shorter collected volumes”, commenta English nelle note che accompagnano la pubblicazione digitale del suo lavoro. In effetti, “ShellType” dura meno di venticinque minuti: la durata di un mini-album, o di un Ep generoso (sempre che qualcuno faccia ancora attenzione a queste definizioni), che, a conti fatti, costa meno di una birra al pub.
07/12/2024