Munimuni - Alegorya

2024 (Sony)
indie folk, indie rock, art rock, progressive folk, post-rock

I Munimuni nascono a Quezon City nel 2012, per mano di tre studenti universitari: TJ de Ocampo (chitarra), Adj Jiao (chitarra) e Red Calayan (batteria), con i primi due che si alternano al canto.
Negli anni a venire si aggiungono John Owen Castro (flauto) e Jolo Ferrer (basso), fino a quando nel 2017 arriva "Simula", l'Ep di debutto. Il disco esce solo in formato digitale e senza l'appoggio di un'etichetta (la Marilag Records è un simulacro della band stessa), ma la diffusione sui servizi di streaming è immediata.
Nel 2018 Josh Tumaliuan sostituisce Calayan e l'anno successivo esce l'album "Kulayan Natin", che bissa il riscontro dell'Ep: i Munimuni sembrano destinati a diventare una delle band più importanti delle Filippine, ma qualcosa si incastra e con la fama arrivano anche le prime difficoltà interne.

Nel settembre del 2020 i cinque annunciano una pausa, interrotta nel giugno del 2021 con l'annuncio dell'abbandono di de Ocampo, che non viene inizialmente sostituito. Non è un evento di poco conto: il chitarrista è infatti l'autore di tutti e quattro i brani di maggior successo fino a quel momento ("Sa'yo" e "Sa Hindi Pag-Alala" dall'Ep, "Bawat Piyesa" e "Solomon" dall'album).
Nel 2021 esce l'Ep "búhay/buháy", che nonostante l'appoggio della Sony non bissa i risultati delle precedenti pubblicazioni. All'inizio del 2023, mentre il nuovo album è già in fase di elaborazione, entra in organico il chitarrista Ben Ayes e la formazione torna a essere un quintetto. 
Finalmente, dopo essere stato anticipato da una sequenza di quattro singoli usciti fra il novembre del 2022 e il settembre del 2023, l'8 maggio di quest'anno "Alegorya" raggiunge le piattaforme digitali.

I riscontri sembrano essere rientrati nella media delle band alternative che popolano la scena locale: l'esposizione mainstream del periodo con de Ocampo appare lontana, ma questa potrebbe essersi rivelata una fortuna per la band. L'album mostra infatti un'indole sperimentale meno disposta a compromessi rispetto al passato: non che prima la band non tentasse di uscire dagli schemi (si pensi ai dieci minuti della title track di "Kulayan Natin"), ma fiaccava le scalette con canzoni d'amore talvolta melense, che erano poi quelle che ottenevano l'eco maggiore.
"Alegorya" non fa concessioni al riguardo, fatta forse eccezione per la conclusiva "Tupa". La proposta dei Munimuni, cantata rigorosamente in tagalog, è un mescolio di indie folk dagli arrangiamenti con tinte pastorali, dovute in particolare al flauto di Castro e agli incastri vocali, e rock alternativo dal piglio intellettuale, con forti tendenze prog e post-rock.

La scaletta si apre con "Respeto", che sulla carta è una canzone d'amore, ma scongiura l'eccesso di zuccheri grazie al gioco d'incastri dell'arrangiamento (l'arpeggio incessante della chitarra ritmica, l'acuto segnale intermittente di quella solista, la linea di basso dal timbro saturo), ai sorprendenti cambi di registro nel canto di Castro (che dopo aver fatto un paio di tentativi nell'album precedente, affianca ora Jiao come voce principale) e al finale che viene sommerso da uno scream nello stile del metal più estremo (non ci saranno altre concessioni a quel tipo di sonorità nell'album, e forse anche perché del tutto fuori contesto risulta particolarmente efficace). 
Anche Tumaliuan si concede un paio di momenti al canto, il primo in "Sikat ng Araw", altra canzone d'amore, sospinta dal ritmo spedito e dalle armonie vocali ariose: è il brano del disco più vicino ai classici del jangle pop, pur con elementi a quello estranei (la forte presenza del flauto, la produzione moderna che dona profondità al suono).

L'argomento più ricorrente è tuttavia il male di vivere: l'ansia di rapportarsi agli altri, la depressione e altri problemi di salute mentale, ma anche l'amarezza di vedere una società che si sgretola a causa delle efficaci forme di propaganda che spingono sempre più governi verso il populismo e la restrizione dei diritti civili (la band è piuttosto attiva al riguardo: basti pensare che nel giugno nel 2020 i profili virtuali della Marilag hanno pubblicato una dichiarazione contro l'entrata in vigore della controversa Legge Anti-Terrorismo voluta da Rodrigo Duterte).
Il brano più apertamente politico è "Paraiso" scritto e cantato da Jiao, in cui viene messa in discussione l'attitudine repressiva dell'attuale governo:
Schiavo della ricchezza,
apri gli occhi,
peggio di una prigione,
un paradiso immaginario.
Schiavo della conoscenza,
cosa hai scoperto?
Chi ne trarrà beneficio?
Un paradiso, ma per chi?
Sovrano dell'avidità,
c'è un limite?
Nella tua splendida nazione,
sei il solo che è libero.
Sovrano della coscienza,
cosa ti ostacola?
Noi siamo ignoranti,
non puoi liberare nessuno
La musica asseconda il carattere del testo, in un lento crescendo dove strofe in minore dall'atmosfera minacciosa finiscono per dissolversi in un finale liberatorio, con svolazzi di flauto e un assolo di chitarra con ascese verso le ottave alte e tremolo picking.
In "Alpas" i versi di Castro sono incentrati sulla difficoltà di relazionarsi alla persona amata:
Il conflitto di sentimenti
che è in me, mi porta via.
La libertà è il mio unico desiderio, 
ma perché sembra incessante?
Piovono proiettili di tristezza.
Come cantare
la verità innanzi a noi?
La tua melodia è il mio unico desiderio.
L'amore dovrebbe mettere fine
al conflitto dei miei sentimenti.
Senza catene
Anche in questo caso il brano si sviluppa seguendo il racconto: sorge da un caos discordante dove ogni strumento sembra vagare in libertà, fra basso slappato, dissonanze chitarristiche, svisate di batteria in odor di free jazz e tremolii di flauto, per poi seguire l'io narrante che si avvicina alla presa di coscienza, fino a quando tutto si incastra in una struttura coesa.
Per "Alat" Jiao costruisce una poesia minimalista sulla depressione, la cui atmosfera viene smussata dai gentili arpeggi di chitarra e dal flauto arcadico: 
Quando è iniziato
il mio pianto?
Il mio fiume di lacrime
verso dove scorre?
Oh mare di una salinità senza eguali,
tutto porta a te,
oh mare di una vastità senza eguali,
affoga il mio cuore semplice
È ancora Jiao a firmare la title track, brano che spiega anche la grotta messa in copertina: i versi sembrano infatti una manipolazione del mito della caverna di Platone e si mantengono in una posizione abbastanza ambigua da poter essere letta sia come un'indagine introspettiva, sia come una descrizione della scarsa consapevolezza sociopolitica dell'uomo moderno.
È questo il mio mondo?
È questo anche il tuo mondo?
È questo tutto ciò che c'è al mondo?
La mente sta solo cercando una caverna per nascondersi,
sta solo guardando le ombre da un angolo.
Questo non è il mondo reale,
fantasmi che prendono sembianze umane,
questo non è reale.
L'apparenza stessa è la verità,
la forma dell'oscurità è tutto,
il mio stampo è una prigione.
La mente sta solo cercando una storia a cui credere,
la caverna è un teatro, il fuoco è un regista ingannevole
La voce di Jiao, di una pulizia angelica, emerge dapprima solitaria per poi poggiarsi sulle armonie dei compagni, così come l'arrangiamento che si rigonfia pian piano. 
È notevole che l'album riesca a passare da tratti così drammatici a parentesi spensierate come la galoppata indie pop di "Matimtiman", senza mai perdere in coerenza: a permetterlo è la coesione timbrica sia degli strumenti, sia delle voci, che attraversa la scaletta in maniera quasi granitica.

Anche se il grande pubblico sembra più interessato alla loro produzione passata, "Alegorya" è il disco della definitiva maturazione dei Munimuni. Per concentrazione di idee e raffinatezza del risultato finale, risulta naturale considerarlo il degno approdo della scuola inaugurata dai gruppi storici del rock alternativo filippino, quali Eraserheads e Rivermaya.

28/05/2024

Tracklist

  1. Respeto
  2. Isang Araw ang Lumipas
  3. Sikat ng Araw
  4. Ako Lang Ba?
  5. Kapayapaan
  6. Alegorya
  7. Paraiso
  8. Alpas
  9. Matimtiman
  10. Dito Muna
  11. Alat
  12. Tupa [ft. Barbie Almalbis]




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