Di tanto in tanto, qualcuno nella storia del rock supera un confine oltre il quale nessuno si era mai avventurato. In alcuni casi, per questioni legate alla dominante cultura angloamericana di questo genere musicale e alle dinamiche di potere dell’industria discografica, tali sconfinamenti sono perpetrati da formazioni inglesi. Liverpool è una città con pochi paragoni al mondo, in questo senso: non solo ha visto nascere i celeberrimi Beatles, ma può vantarsi di essere il luogo di provenienza di decine di musicisti entrati nella storia del pop e del rock internazionale, magari solo per un singolo di successo, a volte per aver cambiato il corso della storia. Tra le numerose band di Liverpool, 25 anni dopo la nascita dei Beatles, spunta un progetto che non potrebbe essere più distante dai Fab Four, sin dall’inquietante nome scelto, “carcass”, vale a dire carcassa, carogna, a riferirsi al corpo di un animale morto.
L’estetica che i Carcass definiscono nella prima parte della loro carriera, cioè dal 1985 al 1996, ha portato l’estremismo nei suoni, nei testi, persino nelle copertine in territori vergini, nei quali le numerose band a cui si ispirano non erano mai arrivate, o avevano al massimo fatto qualche timido passo. Più precisamente, i Carcass hanno unito la potenza sonora del death-metal e l’oltranzismo punk-hardcore del grindcore per mezzo di fotografie di cadaveri mutilati in copertina, testi affollati di riferimenti splatter e un suono convulso, brutale e sfrontato, con un disordinato, a tratti anche ingenuo, piglio sperimentale.
Nel corso dei primi tre album battezzano un nuovo sottogenere, il goregrind, con il suo peculiare uso delle voci ribassate, l’alternarsi di sfuriate supersoniche e di più cadenzati passaggi corazzati e l’ossessione totale per le patologie e gli orrori più atroci che si possano collegare al funzionamento del corpo umano. In altri due album portano quello stile iniziale verso un death-metal che possa essere contemporaneamente feroce e melodico, indicando la strada a tante band di fine millennio.
Portavoce leggendari dell’estremismo sonoro inglese, forti di una proposta sonora piena di abominevoli mostruosità, hanno immerso il rock più violento di inizio anni Ottanta in una brodaglia cacofonica satura di oscenità, violenza e disgusto, per poi trasformarla nei Novanta in una più letale e chirurgica macchina sonora. Nell’anno in cui la parte più importante della loro carriera è giunta al termine, il 1996, Internet vede nascere uno dei più scioccanti siti di sempre, il famigerato Rotten.com: in qualche modo, i Carcass sono la versione musicale ante litteram di quelle atrocità nauseabonde che il sito mostra ai suoi visitatori, come immagini di autopsie, atti di violenza estrema, perversioni sessuali, mutilazioni e altri rivoltanti contenuti, alla ricerca di una soddisfazione per quella morbosa curiosità di esplorare la morte e il dolore che è una delle tante manifestazioni della complessità della mente umana.
“Rotten To The Gore”: il periodo goregrind (1985-1991)
Il classe 1969 William “Bill” Geoffrey Steer passa l’adolescenza ascoltando l’hard-rock e l’heavy-metal inglese dei vari Motörhead, Deep Purple, Black Sabbath, UFO, Iron Maiden, Led Zeppelin, Raven, Tank e Venom. Nel 1985, ancora a scuola, mette su una band con il batterista Ken Owen, dove lui suona la chitarra elettrica. Il progetto deraglia velocemente, perché Steer si dedica a un’altra formazione, i Disattack, che suonano un punk-hardcore particolarmente aggressivo e politicizzato. Quando il bassista dei Disattack lascia la band, arriva Jeffrey “Jeff” Walker.
Nel 1986 Bill Steer entra anche nei Napalm Death, per sostituire Justin Broadrick (poi impegnato nei Godflesh) e registrare la pietra miliare “Scum” (1987), la cui copertina è disegnata proprio da Jeff Walker. I Disattack cambiano nome, diventando i nuovi Carcass: ne fanno parte i già citati Bill Steer e Jeff Walker, con l’aggiunta del cantante Andrew “Sanjiv” Pek e del batterista Ken Owen.
Con questa formazione registrano il primo demo, Flesh Ripping Sonic Torment (1987), prima che Sanjiv abbandoni la band. Senza neanche trovare un sostituto, i Carcass incidono il loro esordio per la Earache in soli quattro giorni, con i tre musicisti che si alternano alla voce. Si chiama Reek Of Putrefaction (1988) ed è uno degli album più maligni e brutali che la storia della musica abbia mai conosciuto, tanto violento e disgustoso da disorientare. Conta la bellezza di 22 brani, spesso sotto i due minuti, divisi in due lati, etichettati in modo non particolarmente sobrio: “Side One: Faecal Disarticulation” e “Side Two: Anal Disgorgement”. I titoli presenti in scaletta sono una miscela di termini medici e nefandezze splatter e i testi sono impresentabili, tra malattie atroci, supplizi inenarrabili e terminologia medica. Per capirsi, il primo brano cantato descrive una persona che vomita i suoi stessi organi:
Coughing up a mixture
Of mucus, phlegm and bile
The sordid sight of burning flesh
Your stomach is reviled
L’effetto complessivo è quasi allucinato, anche perché il suono fangoso, scomposto, distorto e incomprensibile che stordisce i timpani dell’ascoltatore non lascia molti appigli, restituendo l’effetto di un’unica sequenza di ripugnanti perversioni musicali lunga quasi 40 minuti. Come emergerà anni dopo, il sound inintelligibile non fu una scelta estetica, quanto frutto di imperizia e ingenuità. Non bastasse, l’album è presentato da una copertina con un collage di fotografie autoptiche che non manca di suscitare polemiche e censure, nonostante sembri voler citare la figura medievale del diavolo che mangia i cadaveri.
"Regurgitation Of Giblets" è il momento il cui l'assalto comincia davvero, dopo l'introduttiva "Genital Grinder", tra conati sguaiati della voce e mitragliate della batteria, mentre tutta la parte bassa dello spettro sonoro è ostaggio di basso e chitarra distorti e assordanti. Di quando in quando un dettaglio risalta nell'ininterrotta sequenza di torture sonore, come l'assolo di chitarra acuto e scomposto di "Pyosisified (Rotten To The Gore)", una versione disorganizzata degli Slayer, o la voce gutturale e ribassata di "Carbonized Eye Sockets", o ancora l'esplosione assordante di "Frenzied Detruncation", le accelerazioni folli di "Microwaved Uterogestation". "Burnt To A Crisp" è la cosa che più si avvicina a una canzone, pur in una versione decomposta e terrificante, e comunque con un testo gonfio di sadico orrore:
Burnt to a crisp
Your fat's on fire
Devouring you whole
Like a cadaver-stoked pyre
Sorprendentemente, il famoso deejay radiofonico John Peel, che considera l’album il suo preferito del 1988, fa approdare i Carcass alla prima delle sue famose session.
Queste registrazioni, andate in onda nel 1989 e nel 1990, saranno poi raccolte in The Earache Peel Sessions (2014), una compilation che merita l'attenzione di chiunque voglia conoscere la potenza dei primi album e viverla in una versione spaventosamente intensa. Non è impensabile affermare che brani come “Reek Of Putrefaction” o “Fermenting Innards” trovino in queste registrazioni la loro versione definitiva.
Il più ambizioso e professionale Symphonies Of Sickness (1989) gode di una produzione assai migliore, curata da Colin Richardson, ma perde parte della scomposta, delirante furia cieca dell'esordio, diventando relativamente più musicale. I brani sono dieci, al posto dei 22 dell'esordio, e uniscono alla velocità anche un gusto più sviluppato per la gestione della tensione (per esempio in "Ruptured In Purulence" e "Embryonic Necropsy And Devourment"), gli assoli chitarristici (si ascolti "Cadaveric Incubator Of Endoparasites") e la precisione nell'esecuzione. Se Reek Of Putrefaction è talmente disordinato da celare molte delle sue influenze, in questo secondo album i collegamenti al death-metal e a certo thrash-metal estremo sono più evidenti, dai già citati Slayer ai Repulsion, passando per i Death e risalendo fino ai Black Sabbath.
In più di un'occasione è facile ricondurre certe soluzioni anche alla scena thrash-metal tedesca, in particolare i coevi Kreator. L'opener "Reek Of Putrefaction" si apre proprio sui fendenti ferali tipici di Iommi, trasformandosi poi in un rabbioso death-metal misto a furiosi attacchi grindcore, che porteranno a catalogare questo album come deathgrind. Ma in generale è tutto di un altro livello compositivo, come esemplifica "Exhume To Consume", irrequieta e devastante senza mai diventare disordinata; i testi sono rimasti rivoltanti nella loro dettagliata e malsana creatività, e tra le altre cose trattano anche di necrofagia:
Caskets I grate
My larder's a grave
I'm sickly obsessed (with the badly decomposed)
Rotten remains I eat
Purulent meat
What a funeral feast (putrid reek)
L'aggiunta del chitarrista dei Carnage Michael Amott contribuisce a fare del terzo album Necroticism: Descanting The Insalubrious (1991) un lotto di otto brani imperniati più sulle chitarre che sulla potenza percussiva o la violenza del sound in generale. Sempre più chiaramente, i Carcass si stanno trasformando in una band death-metal con un'ossessione per lo splatter, e in questo album lo fanno puntando alle declinazioni più progressive e tecniche, preferendo brani medio-lunghi divisi in sezioni, curati negli arrangiamenti e negli assoli, profondamente distanti dagli esordi.
"Corporal Jigsore Quandary" è probabilmente il capolavoro di questo periodo di transizione, feroce ma anche affilata, selvaggiamente ritmica eppure ricercata nello sviluppo, ma in generale l'album rimane schiacciato, in retrospettiva, tra il periodo grindcore e deathgrind e quello, alle porte, di death-metal melodico. I testi, per l’ultima volta in modo così netto, continuano le loro descrizioni di nefandezze e perversioni, sin dalla crasi del titolo, che unisce “necrosis” e “eroticism” per descrivere una presunta eccitazione per i cadaveri.
“Keep On Rotting In The Free World”: il periodo death-metal (1992-1996)
Tools Of The Trade (1992) è un Ep che ha il pregio di restituire “Pyosified” di Reek Of Putrefaction in una versione molto più matura, grazie a una nuova registrazione etichettata “still rotten to the gore”. Più che i due inediti, è la lunga “Hepatic Tissue Fermentation”, edita in una versione differente solo su una semi-sconoscita compilation, a meritare attenzione: sei minuti e mezzo dei Carcass divisi tra grindcore e deathgrind, quasi a fungere da commiato a una prima parte della carriera giunta ormai agli sgoccioli.
Pubblicato nel 1993 in patria e solo nel 1994 negli Stati Uniti, in quest'ultimo caso attraverso la major Columbia, il quarto album di studio Heartwork è infatti un raro caso di compromesso sonoro che si inserisce in modo funzionale nell'evoluzione stilistica di una band, conservandone lo spirito nonostante le evidenti concessioni melodiche. Presentato da una copertina che raffigura un'opera visionaria di H. R. Giger, conta dieci brani dal sound devastante e ben definito, che alternano intensità estreme a pause melodiche, accelerazioni devastanti e rallentamenti atmosferici. I testi, pur meno espliciti di un tempo, continuano a incrociare splatter e uno strambo senso dell'umorismo.
La materia esplosiva instabile di un tempo ora è incanalata in composizioni assai articolate, come "Carnal Forge", e spesso rallenta alla ricerca più di midtempo corazzati che di scatti a perdifiato, come sottolinea il death-metal melodico pieno di groove di "No Love Lost".
Nella title track i Carcass trovano un equilibrio raro, mettendo insieme grindcore, deathgrind e death-metal melodico in un brano multiforme, bestiale ma anche immediato. Replicano, ma concedendo meno al lato più potabile, con "Arbeit Macht Fleisch".
Per i chitarristi, è un banchetto irresistibile di riff e assoli, tanto che in "This Mortal Coil" e "Death Certificate" persino la voce perde centralità rispetto all'assalto delle asce. L’influenza degli Iron Maiden e delle loro armonie chitarristiche è evidente. A ben ascoltare, si avverte anche un avvicinamento al rock'n'roll, quantomeno in alcuni elementi della sintassi compositiva, pur pesantemente imbastardito con il death-metal secondo un ibrido spesso etichettato come death'n'roll e praticato anche dagli svedesi Entombed e dagli olandesi Gorefest. Così, se in alcuni brani di Heartwork i Carcass sembrano aver trovato uno stile maturo che può ricordare i Metallica del cosiddetto "Black Album", con le sue velocità più moderate e le melodie co-protagoniste, in altri frangenti gli inglesi tornano al gusto per un rock'n'roll sotto steroidi che fu inaugurato molti anni prima dai connazionali Motorhead e Venom.
Heartwork allarga i consensi fino a fare dei Carcass una delle formazioni di riferimento per l'intero death-metal europeo del periodo. La stampa musicale più genericamente rock intercetta finalmente la loro musica, spingendo i risultati commerciali oltre i confini dell'underground. La Columbia, che già ha curato la pubblicazione negli Stati Uniti, è pronta a trasformare gli inglesi in superstar del metal, almeno nelle intenzioni, con il loro quinto album.
Senza più Amott, sostituito dal chitarrista Carlo Regadas, la band lavora al seguito di Heartwork con il fidato produttore Colin Richardson, ma il supporto della casa discografica viene a mancare: non sembra condividere la direzione artistica da intraprendere, e forse i Carcass sono anche stanchi dopo anni di duro lavoro. Ritornano alla Earache e Swansong (1996), dal titolo profetico, si presenta come un'opera minore, dagli arrangiamenti più snelli e dalla potenza modesta. Persa la conflittualità, rimangono il mestiere e l'ironia, così è difficile trovare in scaletta un classico che si possa affiancare a quelli del loro passato. "Black Star" è una candidata credibile, ma comunque non spiccherebbe sul precedente Heartwork. Curiosamente, è un album che spinge di più su messaggi politici, pur epidermici, rinunciando quasi completamente all'immaginario splatter.
“Eleanor Rigor Mortis”: morte e resurrezione dei Carcass (1997-2023)
Già dal titolo del quinto album, è chiaro che la band è in profonda crisi. Non ci sarà neanche un tour di addio e pare che già nel 1996 Steer abbia abbandonato il progetto. Per ironia della sorte, i risultati in classifica sono sorprendenti, nonostante la mancanza di concerti a supporto dell’ultima pubblicazione. Per capitalizzare questo momento di celebrità arriva una compilation di rarità, Wake Up and Smell The... Carcass (1996), con in copertina una foto di John Kennedy morto. I brani raccolti dimostrano che effettivamente alcuni degli scarti di Swansong avrebbero arricchito la scaletta; si radunano anche altre canzoni pubblicate sugli Ep in passato. Rimane un lavoro per i più curiosi. Il successivo best of Choice Cuts (2004), che riassume la carriera, potrebbe essere utile per i più pigri tra gli ascoltatori.
Owen, Walker e Regadas, insieme al bassista dei Cahtedral Mark Griffiths, formano il gruppo hard-rock Blackstar, di vita breve e rilevanza dubbia, anche a causa di gravi problemi di salute di Owen. Amott fonda gli Spiritual Beggars, anche loro in quota hard-rock, e soprattutto gli svedesi Arch Enemy, che proseguiranno e porteranno a un pubblco più ampio un ibrido sonoro simile a quello inaugurato su Heartwork, ma caratterizzato da una voce femminile. Steer, evidentemente intenzionato ad allontanarsi quanto più possibile dal suo passato, forma i Firebird, tra blues-rock ed elementi stoner-rock.
Solo nel 2006 si inizia a parlare di reunion e così, nel 2007, i Carcass ritornano per autocelebrarsi, nella formazione Steer-Walker-Amott a cui si aggiunge il nuovo batterista Daniel Erlandsson (anche in Arch Enemy e Brujeria). Nel 2008, per accompagnare un tour internazionale con il quale arrivano anche in Australia e Sudamerica, ripubblicano per intero il loro catalogo. Solo nel 2012, a ideale chiusura di questo intenso periodo di concerti, Amott e Erlandsson abbandonano i Carcass per concentrarsi sugli Arch Enemy.
Alla fine arriva anche il sesto album in studio, Surgical Steel (2013), il primo in 17 anni, con Walker e Steer aiutati dal batterista Daniel Wilding. Pubblicano per Nuclear Blast. Nel frattempo il death-metal melodico ha entusiasmato gli appassionati per anni, prima di esaurire la sua spinta creativa a causa di un’offerta smodata di band. Per quanto non possa che far piacere vedere i Carcass tornare in studio, la band inglese rischia di fare spesso il verso ai propri eredi o a sé stessa. La relativa sorpresa è che, accantonato completamente il più moderato Swansong, sono tornati per dare un seguito a Heartwork, come chiariscono immediatamente “Thrasher's Abbatoit” e “Cadaver Pouch Conveyor System”, ritornando ad arrangiamenti stratificati, ruggiti bestiali e frattaglie grindcore da mischiare alla potenza devastante del death-metal. Ritorna anche la complessità progressive di Necroticism, nell’elaborata “Noncompliance To ASTM F899-12 Standard”.
L’intensità ragguardevole flette un po’ nella seconda metà della scaletta, con la lunga “Mount Of Execution” che mostra chiari elementi melodici nei suoi otto minuti abbondanti, oltre a tributare chiaramente le cavalcate degli Iron Maiden.
Reek Of Putrefaction(Earache, 1988) | |
Symphonies Of Sickness(Earache, 1989) | |
Tools Of The Trade(Ep, Earache, 1992) | |
Necroticism - Descanting The Insalubrious(Earache, 1993) | |
The Heartwork Ep (Ep, Earache, 1993) | |
Heartwork(Earache, 1993) | |
Swansong(Earache, 1996) | |
Wake Up And Smell The... Carcass(compilation,Earache, 1996) | |
Choice Cuts(compilation,Earache, 2004) | |
Surgical Steel(Nuclear Blast, 2013) | |
Surgical Remission/Surplus Steel(Ep, Nuclear Blast, 2014) | |
Despicable(Ep, Nuclear Blast, 2020) | |
Torn Arteries(Nuclear Blast, 2021) |