Chi non conosce i Savatage? La loro epopea si dipana ufficialmente per quasi 20 anni e ha permesso a questo rinomato gruppo di essere considerato fra i classici dell'heavy metal accanto a nomi come Iron Maiden, Judas Priest, Samson, Saxon, Accept o Dio. Col cambio di millennio la realtà savatageiana si è allargata notevolmente, soprattutto per via dei nuovi moniker portati avanti dai membri del gruppo e che in un modo e nell'altro ne hanno raccolto l'eredità o vi si sono associate. Anche se l'ultimo album targato Savatage è uscito nel 2001, possiamo considerarne la storia come praticamente quarantennale includendo i progetti successivi: una lunga cavalcata attraverso l'heavy metal anni '80, lo speed-power, il progressive e persino il rock sinfonico.
Il primo nucleo dei Savatage è costituito a Tampa in Florida dai due fratelli Jon e Cristopher Michael Oliva che nella seconda metà degli anni 70 formano i Metropolis, cover band di gruppi come Black Sabbath, Kiss e Deep Purple. Essendo figli di musicisti, i due sono cresciuti con una forte passione per la musica che li porta a dilettarsi con vari strumenti, ma Criss predilige la chitarra mentre Jon, pur mantenendo una certa versatilità, si dedica maggiormente al microfono. In poco tempo però i Metropolis si sciolgono e i due fratelli tentano strade differenti per un breve periodo, prima di ritrovarsi e reclutare il bassista Keith Collins e il batterista Steve Wacholz con cui formano gli Avatar nel 1978. Con molta dedizione, fra un concerto e l'altro riescono a riscuotere un discreto successo nell’underground floridiano che li porta prima a incidere due brani per una compilation di una label minore e poi a realizzare un promettente Ep intitolato City Beneath The Surface, con molte tematiche fantastiche usate come metafore della vita reale e di problemi come l'abuso di droghe.
L’Ep consente loro di farsi un nome e a guadagnare abbastanza da proseguire con la realizzazione di un album vero e proprio. Jon e Criss in breve tempo realizzano una serie di canzoni e, proseguendo il concept fantasy, intitolano l’album Sirens, come una delle canzoni dell’Ep, registrato in un solo giorno nel gennaio del 1983 e pubblicato poco dopo.
Accade però un imprevisto: il giorno prima della scadenza dei termini per poter mandare in stampa l’album, emerge che esiste già un complesso chiamato Avatar. Così Jon, Criss e le rispettive consorti in serata si riuniscono attorno a un tavolino per porre rimedio alla situazione. Scrivono il nome del gruppo su di un pezzo di carta e iniziano ad aggiungere una lettera, toglierne un’altra, spostarne qualcuna, mescolare altre parole al nome... finché, mescolando "avatar" e "sabotage", spunta fuori quello che li avrebbe consacrati: Savatage.
Gli inizi
Sirens (e l'Ep Dungeons Are Calling, registrato nella stessa sessione ma pubblicato solo l'anno successivo) è un successo nell'ambiente metal americano e permette ai Savatage di farsi un imponente seguito di fan fin dagli esordi. La buona fama che il gruppo si costruisce, e il successo ottenuto nei live con hit come “By The Grace Of The Witch”, “Lady In Disguise”, “Before I Hang”, “Stranger In The Dark” o “Living For The Night” permette agli americani di firmare per un'etichetta importante, la Atlantic, con cui rilasciano già nel 1985 il disco Power Of The Night. Terminato il tour di quest'ultimo, Keith Collins lascia la band per divergenze musicali, venendo rimpiazzato dal nuovo definitivo bassista storico Johnny Lee Middleton.
Il gruppo presenta in questa prima fase della carriera uno stile duro, dove l'intensità melodica dei Rainbow, la velocità degli Accept, i tecnicismi dei Judas Priest vengono reinterpretati con l'attitudine più ruvida ed energetica della scena metal americana, magari aggiungendo occasionalmente qualche accompagnamento di sintetizzatore per curare l'atmosfera (come in “City Beneath The Surface”). Ogni canzone è rude, decisa, diretta e accattivante. Le tematiche come detto si ispirano al fantastico, quello delle creature mitologiche, degli eroi più selvaggi e dei mostri più spietati, ma è una metafora della vita reale. La fenomenale title track "Dungeons Are Calling" racconta del dramma della dipendenza da droghe travestendolo in un racconto di torture in una prigione infernale.
Certi riff di chitarra veloci e squadrati (come in “Ride”, “Washed Out” o “Visions”) tipicamente speed-metal, già sporcato dalle prime uscite power-metal che stanno avvenendo tra Europa e Stati Uniti in questi anni (e quello di tradizione americana è più cupo, ruvido e aggressivo di quello di stampo europeo).
I due fratelli si dimostrano musicisti di alto calibro ma è soprattutto la tecnica chitarristica di Criss Oliva a sbalordire: nonostante la giovane età suona con disinvoltura “Eruption” di Van Halen nei concerti, e non ha niente da invidiare ai guitar hero quanto a virtuosismi, anzi. Alex Skolnick dei Testament avrebbe detto di lui: "ha la fluidità di ragazzi come George Lynch e Warren DeMartini, ma con un piglio aggressivo e melodico che si adatta perfettamente ai Savatage". Dave Ellefson dei Megadeth aggiunse: "nel suo stile potete ascoltare le sue radici classiche e apprezzare la sua conoscenza, la sua padronanza e la sua destrezza, che caratterizzano i suoi lavori. Fu un apripista per la chitarra metal esattamente come lo fu Randy Rhoads". Jon Oliva invece era cresciuto leggendo di Ozzy Osbourne, dei Motorhead e di “tutte quelle pazze band che vivono lo stile di vita del rock and roll ogni giorno” (come avrebbe poi commentato), ascoltando tanto i Beatles quanto i Kiss, e si rivela un frontman carismatico, più a suo agio con linee vocali cupe e grintose che con gli acuti che in quegli anni stavano diventando un marchio di fabbrica del metal da classifica in Europa e America.
Secondo la nuova etichetta però il successo dei Savatage è insufficiente e per aumentarlo decide di spingerli verso un suono molto più easy listening, in linea con le tendenze radiofoniche che a metà anni 80 stavano spopolando nell'ambiente hard & heavy. Ciò porta il gruppo a incidere Fight For The Rock, album molto controverso e pesantemente criticato da tutti i fan dell'epoca, addirittura dagli stessi Savatage, che lo soprannominano "Fight for the nightmare", tanto fu travagliata la sua genesi.
I gradi alti della Atlantic Records si riuniscono e decidono che i Savatage avrebbero dovuto comporre canzoni per alcuni artisti pop-rock e glam-rock con cui avevano dei contratti, ad esempio John Waite. Dopodiché cambiano idea e impongono al gruppo di riutilizzare i brani scritti per un album molto "in voga" e abbordabile per il mercato di massa. In sostanza, è tutta una grossa manovra commerciale, ma i Savatage, ancora giovani e insicuri sulla loro carriera, non possono che accettare. Il risultato è molto morbido e orecchiabile, ma anche minato da diversi difetti: melodie pompose, schitarrate iper-laccate, testi ai limiti dello stereotipo, ballate banali, tastiere usate più per ridondare l'orecchiabilità delle canzoni che per impreziosirle, ritornelli poco ispirati e una visibile forzatura nel gruppo che deve riciclare surrogati di hit pop-metal.
Il disco viene stroncato in maniera impietosa dalla critica e allontana molti dei fan del gruppo, che vive un momento molto difficile, ma in una maniera così pesante che Jon Oliva cade in depressione e si rifugia nell'alcol e nelle droghe per superare la crisi. Le prospettive non sono per niente incoraggianti, ma come dice il proverbio: quando l'acqua si alza, la barca sale.
L'arrivo di Paul O'Neill e Chris Caffery
Paul O'Neill non era un novellino: da produttore, manager e promoter aveva già accumulato una discreta esperienza come assistente del manager David Krebs, lavorando a festival rock in Giappone e ritagliandosi dei posticini in alcune produzioni di gruppi come gli Aerosmith o gli australiani Heaven. Ma la sua carriera è legata indissolubilmente ai Savatage, dei quali diverrà praticamente un membro aggiunto (a volte collaborando anche nella scrittura delle canzoni). Un sodalizio proficuo per tutti e che gli permetterà di stringere una lunga e proficua amicizia.
Appena inviato dalla Atlantic, Paul conosce il gruppo durante il tour dell'ultimo album e porta una ventata d'entusiasmo in un momento difficile per tutti. È il 1987 e l'album che esce fuori a questo punto, con dei Savatage nuovamente entusiasti e presi dall'ispirazione, nonché con un rapporto ricucito con l'Atlantic. Il risultato è fino a questo momento il loro personale capolavoro nei primi cinque anni di carriera dei Savatage, il loro album più maturo e robusto, dedicato al compositore dell'800 Edvard Grieg: Hall Of The Mountain King. Una scarica di energia diretta contro chi aveva perso fiducia nel gruppo, tramite un heavy-metal dinamico, enfatico, capace di sfuriate quasi speed e momenti più atmosferici, ricco di pezzi che rimarranno nella storia del gruppo. Le composizioni si fanno più tecniche e ricercate, tanto che alcuni giornalisti provano ad aggiungere l'etichetta progressive-metal e ad accostare il gruppo ad altre formazioni come i Queensryche o i Fates Warning. Molti fan, col senno di poi, lo vedono invece come il trait d'union fra i primi dischi e i successivi più sinfonici. In realtà, è ancora un album molto diretto e d'impatto, non anticipa ancora i duetti chitarra/pianoforte che sarebbero stati introdotti in seguito e le tematiche sono ancora più simili alla vena lirica dei primi dischi.
Certo però è un disco notevole, con brani di spessore come l'aggressiva “24 Hours Ago”, la trascinantissima “Legions”, l'atmosferica “Strange Wings” (il cui riff ricorda un po' “Witch Hunt” dei Rush) o la storica title track. Lo stesso Jon verrà soprannominato "Mountain King" a partire da quest'album, tanto sarà il suo successo fra i fan. Forse la sua unica sfortuna è di non essere uscito qualche anno prima, per essere immortalato tra i capisaldi imprescindibili del genere metal, e paradossalmente di essere venuto prima di quelli che sono considerati gli album migliori del gruppi, finendo a volte un po' in ombra.
Durante le sessioni di registrazione di quest'album i Savatage conoscono Chris Caffery, che con questa occasione diviene loro fan e amico, al punto da vedersi offrire l'opportunità di suonare la chitarra ritmica con loro durante il tour insieme a Ronnie James Dio e i Megadeth di Dave Mustaine, dato che conosceva già le canzoni. E questo si rivelerà un altro sodalizio importante per la formazione di Tampa. Nei report di O’Neill e di Dan Campbell (tecnico del suono di Criss Oliva per otto anni) si racconta che Jon stesse osservando i Megadeth rilassarsi davanti a una puntata dei “Jetsons”, mentre Ronnie James Dio era appartato in tranquillità, e pensò: “Non voglio essere così. Voglio conoscere persone; voglio suonare; voglio respirare l’aria; non ho intenzione di essere una rockstar di carta”, fu la sua celebre frase.
Tuttavia gli eccessi portano sempre male, e insieme a Mustaine inizia una gara a chi combina più casini. Il risultato è un ricovero tempestivo per overdose che offrirà l’occasione allo sregolato frontman di ripensare a tutto ciò che aveva passato. Importanti per la sua crescita anche gli incontri con personalità come Eric Clapton e l’attore Ben Vereen. È a questo punto che inizia a progettare una lunga e prolifica serie di canzoni che affrontano in maniera esplicita, non più metaforica, il problema della droga, tastando l’argomento con una personalità poetica unica.
In un'altra occasione Paul O’Neill offre a Jon e al batterista Wacholz dei biglietti per un musical di Broadway sul Fantasma dell’Opera. Al ritorno dallo spettacolo, Jon è completamente rapito ed estasiato, e ottiene un’altra ventata d’ispirazione che lo porta a comporre l’introduzione di pianoforte di Gutter Ballet, il brano che dà il nome all’album in preparazione ispirandosi a un testo scritto dallo stesso O'Neill dieci anni prima. E rimarrà una caratteristica distintiva dei Savatage per sempre.
Un'opera rock dalle strade alle stelle, fino alla tragedia
Gutter Ballet è strettamente connesso al precedente album, ma in qualche modo è anche diverso. Soprattutto si dimostra l’unione di parti opposte, fungendo da giro di boa nella carriera del gruppo: una tempesta di classe, di melodia, di feeling ed energia, di assoli acuti e di riff ustionanti accanto a una tastiera elegante. Un ballo maestoso, incalzante e poetico nel fango delle strade; una carezza di seta che nasconde un’anima d’acciaio. È la ruvida poesia dei testi, scritti in collaborazione con O’Neill, il tocco finale che completa il disco, dando anche una nuova caratterizzazione alle tematiche trattate da Jon.
La copertina di Gary Smith sembra suggerire quale sia l'essenza del disco: un salotto imponente e lussuoso con un pianoforte in primo piano, dove si avvicendano gli spettri di una ballerina che balla e di un chitarrista, mentre le statue e i rilievi nei muri nascondono creature spaventose. Gli oscuri arpeggi della priestiana “Hounds”, i cori epici di “The Unholy” tra riff power-speed e bridge melodici à-la Rush, l'intermezzo acustico folk di "Silk And Steel", le sfuriate velocissime di "She's In Love", l'emozionante nostalgia di “Summer's Rain”, la classicheggiante strumentale “Temptation Revelation” sono solo alcuni dei brani storici del gruppo, ma Jon Oliva è particolarmente legato alla ballata “When The Crowds Are Gone”, che divenne praticamente una bandiera della band, enfatica e melodica, a tratti pure pomposa.
Al massimo della popolarità raggiunta fino a quel momento, i Savatage intraprendono un tour di nove mesi (al termine del quale Chris Caffery lascia temporaneamente la band per seguire un progetto personale con suo fratello), mentre nel frattempo il produttore Paul O'Neill diviene sempre più strettamente legato al gruppo anche al di là del lavoro. Durante una festa a casa di Paul, Criss Oliva casualmente rinviene una vecchia sceneggiatura ormai dimenticata. Questo manoscritto di Paul appassiona subito Criss, soprattutto per la somiglianza con le vicende personali di Jon. Lo propone così al gruppo come tema del successivo album dei Savatage. È la storia di D.T. Jesus, musicista newyorkese divenuto una rockstar celebre e rinomata, alternando momenti di gloria ad altri decisamente più bui, trovando nella musica l'apparente conforto dal peso delle vicende che travolgono la sua vita. Il mondo dello spettacolo non è affatto un paradiso idilliaco, perché, come costantemente braccato da un'ombra maligna, Jesus deve combattere una battaglia personale con la droga, da cui cerca di uscire. Ci riesce alla fine, ma senza mai uscire del tutto dal tormento che comporta, con ricordi dolorosi, difficoltà che riemergono dal passato e crisi nell'animo e nello spirito. È la storia di quello che è probabilmente l'album più famoso dei Savatage, ovvero Streets: A Rock Opera.
Non è il primo concept-album nel metal, solo pochi anni prima nel 1988 era stato già pubblicato l'imprescindibile “Operation: Mindcrime” dei Queensryche all'altro capo degli Stati Uniti, con cui si contende il titolo di concept più popolare presso il pubblico metal. Ma è con tutta probabilità il vertice artistico raggiunto dal gruppo. Streets espande e consolida le sonorità venute a crearsi nel disco precedente, le affina e rende il tutto ancora più coeso, eterogeneo e diretto. La storica title track iniziale passa da una rapida atmosfera d'innocenza alla spietatezza della downtown, con i riff implacabili, con il chorus maligno dove le voci si sovrappongono per ricreare un effetto suggestivo; l'altrettanto storica ballad conclusiva “Believe” è struggente, ottimistica, melodrammatica, a tratti pomposa, forse il brano più famoso di sempre di Jon Oliva.
Nel mentre scorre la storia di Jesus, fra picchi emozionanti come in “Tonight He Grins Again” o nello spaccato claustrofobico sul mondo della droga di “Agony And Ecstasy”. Nonostante la genesi del personaggio per mano di Paul O'Neill, in Jesus rivive la storia personale di Jon Oliva, rendendo l'album quasi autobiografico.
Streets si rivela un grande successo, ma per i Savatage non è tutto rose e fiori: durante il tour Jon inizia ad accusare problemi alla voce, via via sempre più insistenti, che condizionano i concerti fino al punto che una sera non riesce più a cantare. La diagnosi medica è molto preoccupante: anni di giovinezza sregolata, con estenuanti tour e album strapieni di urla impetuose (a livelli tali che nientemeno che Ronnie James Dio gli consigliò di cambiare modo di cantare), hanno indebolito le sue parti vocali. Questo fatto, assieme ai suoi continui problemi di ricadute con la droga, gli fanno capire di non poter più garantire affidabilità al microfono, visti anche i crescenti impegni concertistici. A malincuore, Jon deve rinunciare al suo ruolo di frontman dei Savatage per iniziare le cure di riabilitazione, decidendo così di concentrarsi maggiormente su quello di pianista, di compositore e di mente attiva del gruppo. Erano parti per i quali il Mountain King conservava ancora tutta la sua grinta. Nel frattempo, Jon dà vita anche a un side-project con Chris Caffery, più vicino agli album iniziali del gruppo, i Dr. Butcher, con cui inoltre iniziare a tornare gradualmente a cantare, a ritmi molto più leggeri e abbordabili dei concerti col gruppo principale. Inoltre progetta un musical sui Romanoff con il produttore Paul O'Neill, che però non vedrà mai la luce.
Comunque, i provini per trovare un cantante come rimpiazzo per i Savatage però non si rivelano soddisfacenti, finché un giorno Paul O'Neill (sempre lui!) introduce al gruppo un volto nuovo, un tal Zachary Stevens, precedentemente membro dei Wicked Witch con cui si era fatto una discreta fama nell'ambiente di Tampa.
La voce di Zac ha un timbro morbido ma potente, immediatamente riconoscibile e abbastanza adattabile alle sonorità del sentiero intrapreso dai Savatage. È forse meno carismatico di Jon. Ma quest'ultimo in primis considera i Savatage come una grande famiglia e lo accoglie anche più calorosamente dei fan. Sotto la luce di un rinnovato entusiasmo, i Savatage registrano così Edge Of Thorns, in grado di cristallizzare uno stile che da Gutter Bullet in poi si era evoluto in un heavy-metal molto melodico e quasi sinfonico, con molto spazio concesso alla melodia, alla tecnica e alla cura degli arrangiamenti. Ne nasce così un disco più chitarristico rispetto all'illustre predecessore, ma meno spiazzante e più prevedibile. Se la title track introduttiva è un brano storico, dallo schema canonico, divertente e trascinante, episodi come gli stupendi strumentali “Labyrints” o “Exit Music” mostrano comunque il lato più riflessivo e "classicista" del gruppo, con alcune delle migliori prove di gusto melodico alla tastiera di Jon e duetti elegantissimi con la chitarra di Criss. Il resto del disco purtroppo stupisce di meno e suona più di maniera. Steve Wacholz sperimenta anche l'uso della batteria elettronica, ma si tratta di un elemento assolutamente marginale. La copertina, invece, ritrae Dawn, la moglie di Criss, come una ninfa innocente, mentre i rami spogli degli alberi si intrecciano a formare la faccia di Jon che ghigna malefico.
Si tratta dell'ultimo album con il talento di Criss Oliva alla chitarra, perché per i Savatage incombe l'avvenimento più tragico della loro storia, ben più dei problemi con la droga o con la voce avuti da Jon: il 17 ottobre 1993, mentre si stava recando a un festival musicale in Florida, Criss Oliva rimane vittima di un incidente stradale con la moglie Dawn per colpa di un automobilista ubriaco che tenta di sorpassare una macchina uscendo dalla sua corsia. Non c’è niente da fare: Criss muore sul colpo, mentre Dawn riesce a sopravvivere, rimanendo però ferita e soprattutto segnata psicologicamente dall'incidente. Nulla, per il gruppo, potrà mai compensare questa perdita, nemmeno il successo musicale.
Poesia e follia
La morte di Criss Oliva è un grave colpo per i Savatage, che si ritrovano ormai prossimi allo scioglimento. Jon però, dopo averne parlato con gli altri e soprattutto con il collaboratore e amico Paul O’Neill, al funerale decide che il modo migliore per onorare la sua memoria è continuare a suonare e mantenere vivo il nome Savatage; si rinchiude così in solitudine in uno studio, sfogando la sua tristezza e i suoi sentimenti nella musica, anziché tornando nel mondo delle droghe come avrebbe sicuramente fatto tanti anni prima. Il Mountain King scrive di proprio pugno undici intere canzoni assistito da Paul O' Neill nella stesura dei testi, suonando praticamente di tutto, cosa che ovviamente non può fare per le registrazioni, nelle quali Zachary Stevens decide di aiutarlo. Steve “killdrum” Wacholz non vuole più suonare ormai nel gruppo, perché percepisce che lo spirito dei Savatage se ne è andato con Criss e che la direzione stilistica che stanno intraprendendo non lo soddisfa (cita invece i Dr. Butcher come "il vero sound ed essenza dei Savatage"), mentre Johnny Lee Middleton non abbandona il gruppo ma non se la sente di registrare un album. Per il ruolo di chitarrista principale viene così contattato l'amico Chris Caffery, ma la label propone al suo posto Alex Skolnick dei Testament.
Handful Of Rain è praticamente un album solista di Jon Oliva, nonostante il moniker in copertina, e mostra atmosfere molto più cupe e pessimiste rispetto al disco precedente. Molti brani sono pura energia, anche se affiora un po' di ripetitività: l'iniziale “Taunting Cobras” è una sfuriata di thrash-metal martellante e pestato, “Nothing Going On” è uno speed-metal ossessivo; altri brani invece mostrano il lato più sinfonico e riflessivo del gruppo, come la perla progressive “Chance” (scritta originariamente per Streets, è il capolavoro dell'album con contrappunti vocali, tappeti atmosferici e orchestrazioni epiche che anticipano i successivi album). Si notano anche la breve e cupa “Visions” o la conclusiva ballata “Alone You Breathe”, dedicata alla memoria di Criss. Il resto del disco però si rivela trascurabile. L'album è complessivamente discontinuo, alterna luci e ombre tanto nelle tematiche (variegate, profonde, riflessive, con accenni a personaggi storici come Chiune Sugihara e attuali come Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia solo due anni prima) quanto nel songwriting. È un lavoro di transizione, dato che i Savatage a questo punto stanno cambiando forma.
Mentre il faticato omonimo primo disco dei Dr. Butcher vede quasi subito dopo la pubblicazione, avviene un fatto spiacevole per la serenità del gruppo: durante i concerti Alex Skolnick reinterpreta a modo suo gli assoli delle canzoni dei Savatage, cambiandoli. Questo non piace al resto della band e, dato che Skolnik a sua volta non se la sente di suonare come comprimario, invece di dare libero sfogo alla sua creatività, il rapporto si conclude poco dopo il tour successivo all'album. Caffery ritorna immediatamente, per dare il dovuto "rispetto spirituale" alla memoria di Criss sul palco, e porta con sé un amico chitarrista, Al Pitrelli, che aveva già collaborato fra i tanti con Alice Cooper e gli Asia. Nel mentre, alla batteria era già subentrato Jeff Plate, amico di Zachary Stevens.
Il disco successivo esce nel 1995 e si intitola Dead Winter Dead. Un nuovo concept-album, ispirato stavolta alla guerra nei Balcani e al tragico conflitto etnico nella capitale bosniaca Sarajevo. Si tratta di un metal orchestrato anche con strumenti classici, fortemente melodico ed evocativo (ancorché barocco). Vi sono ampi spazi in cui le chitarre diventano un supporto alla struttura generale del brano oppure si fanno indietro, lasciando maggior campo d'azione al resto della strumentazione, citazioni classiche (“In Memory”e la Nona di Beethoven), ballate emozionanti (“This Isn't What We Meant”), momenti più cupi (“Starlight”) ora più solari (“One Child”) e persino un paio di brani dove Jon torna alla voce (il sinfonismo lisergico e straniante di “I Am”, il piglio thrashy e ironico di “Doesn't Matter Anyway”). Una struttura poliedrica e arrangiamenti eleganti e atmosferici, grazie soprattutto alle tastiere presenti in grande quantità, avvicinano il disco alle tonalità del progressive-metal, ma il nucleo di tutto è sostanzialmente symphonic-metal, melodico, atmosferico, con un pizzico di pomposità ma senza eccedere. Memorabile la strumentale “Mozart And Madness”, catturante intreccio di pianoforte, tastiere, archi e chitarre, ora dolce e melodico, ora deciso e martellante, il vertice dell'elemento sinfonico dell'album. È uno dei migliori lavori del gruppo in quanto a pathos, anche se i barocchismi possono risultare indigesti ai più. Tutto sommato è una prova riuscita, la più ispirata dai tempi di Streets.
Successivamente alla pubblicazione di Dead Winter Dead, i Savatage vengono temporaneamente messi in pausa per la nascita (complice il successo imprevisto del singolo “Christmas Eve [Sarajevo 12-24]”) della Trans-Siberian Orchestra, progetto rock orchestrale di Paul O' Neill in cui il produttore ha coinvolto i Savatage e soprattutto Jon Oliva. È un progetto che avrebbe riscontrato molto più seguito di pubblico dei Savatage, al punto da lasciare un pizzico di disappunto in Jon perché, con un moniker differente da Savatage, certe ballate da lui riproposte ottengono molta più attenzione con l'Orchestra.
Tornando ai Savatage, con la stessa formazione, nel 1998 il gruppo compone un nuovo concept, intitolato Wake Of Magellan e ispirato all'incidente di Maersk Dubai (in cui un capitano pirata taiwanese gettò nel mare tre clandestini rumeni in pieno Atlantico) e all'omicidio della reporter irlandese Veronica Guerin (che stava combattendo il traffico di droga nel suo paese). Rispetto al precedente Dead Winter Dead, però, la trasposizione in musica di questa storia segue un percorso meno intimista e musicalmente meno ambizioso, più semplificato negli arrangiamenti e maggiormente propenso a una teatralità solenne ed emozionante che si rifà ai già citati musical, ormai vera e propria passione per Oliva e O'Neill. Stilisticamente vengono abbandonati molti inserti orchestrali e l'attitudine ragionata, in favore di un approccio più immediato, senza rinunciare in ogni caso ai duetti pianoforte/chitarra e alle schitarrate più intense.
È un disco che può risultare piacevole ma è complessivamente molto meno riuscito del predecessore. Certa enfasi melodica inizia a sembrare un po' forzata e l'andamento generale dei brani è discontinuo, con buone canzoni (su tutte la dura e teatrale “Another Way”, con Jon nuovamente alla voce, e la title track che riprende alcuni elementi di “Chance” e mostra una delle migliori prove di Zachary Stevens) seguite da altre più appannate. Rimane comunque una discreta uscita, con liriche espressive, certamente imprescindibile per i sostenitori del gruppo.
A questo punto il marchio Savatage entra in una sorta di limbo, in quanto il successo riscontrato dalla Trans-Siberian Orchestra spinge Jon Oliva e Paul O’Neill a concentrarsi maggiormente sul loro nuovo progetto, ancora attivo ai giorni nostri. Per parlarne approfonditamente in questa sede esauriremmo lo spazio a disposizione e divergeremmo dall'argomento principale, quindi ci limitiamo alla sua opera maggiormente riuscita. Il disco più significativo e celebrato è probabilmente Beethoven's Last Night del 2000, concept di rock sinfonico che racconta di una sinfonia perduta di Beethoven e con l'intrusione del Mefistofele faustiano. La musica è sfarzosa e molto melodica, sfociando nel melodramma. L'attitudine da musical purtroppo penalizza molti brani che sembrano poco più che riempitivi, mentre le citazioni alla musica classica (comunque comprensibili) appaiono fin troppo manieristiche.
Solo nel 2001 viene dato alla luce l'11° album in studio dei Savatage, significativamente sotto l'etichetta Nuclear Blast invece che con la storica Atlantic, cioè Poets & Madmen (titolo preso dal testo di “Symmetry” di Handful Of Rain). Ma la genesi del disco è travagliata, perché Al Pitrelli e Zachary Stevens lasciano il gruppo, il primo per entrare nei Megadeth (ma registra lo stesso qualche assolo), mentre il secondo è divenuto da poco padre e non se la sente di allontanarsi dalla famiglia per un nuovo lungo tour. Intanto viene contattato un giovane cantante, Damond Jiniya, con l'intento di dividere a metà le parti cantate con lui. Damond però non può partecipare alle registrazioni in studio a causa di numerosi impegni ma solo ai concerti, così Jon sceglie di tornare completamente dietro al microfono per tutto il corso del full-lenght dopo dieci anni esatti dall'ultima occasione.
La musica di Poets & Madmen segna un maggiore indurimento dello stile dei Savatage rispetto a Wake Of Magellan, con riff più aggressivi, stacchi più duri, minori aperture soft-oriented: insomma, un disco più genuinamente "heavy". Ma ciò non impedisce che esso suoni comunque più atmosferico degli standard del genere e che le tastiere di Jon impreziosiscano i pezzi con il loro contorno melodico (come nell'oscura “Commissar” o nella bruciante “There In The Silence”). L’atmosfera che permea l’album assume tinte più oscure rispetto al precedente disco, in parte anche per adattarsi al concept, e la voce cupa e caustica di Jon si sposa perfettamente con queste caratteristiche.
“Morphine Child” è il gioiello del disco, l’unico brano che propone una struttura poliedrica, che passa rapidamente da un umore all’altro: emozionante, malinconica, epica, aggressiva, ora con un Jon che canta dolcemente sopra timidi giri di note, ora con imponenti cori liturgici che si sovrappongono. È anche il brano più lungo della storia dei Savatage, dieci minuti. In conclusione troviamo “Back To A Reason”, una commovente ballad dal crescendo emotivo (prima dolce e atmosferica, poi via-via più impetuosa fino a diventare un'intensa rocker, contrasto significativamente più a fuoco ed equilibrato che in “Rumor”). Il canto del cigno dell'album e l'ultimo pezzo a firma Savatage, che dopo il tour successivo vengono messi in stasi per dare spazio a nuovi progetti dei membri.
Oltre i Savatage
Anche se di fatto il gruppo si può considerare sciolto, la sua musica continua. Dopo la morte di Criss, i Savatage si sono identificati con Jon stesso, e con tutti coloro che lo hanno affiancato nel suo nuovo percorso musicale, a partire dal fidato produttore Paul O’Neill che più che mai dopo il 1993 sarebbe risultato il “membro fantasma” della band. E nonostante non utilizzi il moniker Savatage, Oliva continua a comporre musica e fonda anche un nuovo progetto personale, i Jon Oliva's Pain, con differenti nuovi session-guest ad ogni album, che lo assistono nelle registrazioni e nei tour. È l’inizio di un nuovo ulteriore capitolo.
I Jon Oliva's Pain tornano in parte sullo stile dei Savatage più duri e grintosi, cioè quelli della prima parte della loro storia, con alcune soluzioni melodiche venute dagli anni successivi. Come in uno sguardo sul passato, visto che l'influenza principale arriva dagli album di inizio e poi metà carriera. I chitarristi chiamati di volta in volta da Jon apprendono bene lo stile del compianto Criss Oliva e di Al Pitrelli (ma c'è anche lo zampino di Jon). Non mancano piccoli spruzzate di melodie sinfoniche, alcune atmosfere noir, brani melodici ma potenti, ballate e richiami al progressive-metal. Sono essenzialmente i Savatage redivivi nella misura in cui i Savatage sono Jon Oliva, anche se non nella misura che comprende il collettivo composto anche da O'Neill, Caffery e gli altri. Il risultato è, come si può facilmente intuire, abbastanza enfatizzante lo stile personale di Jon, a tratti auto-derivativo e qualche volta discontinuo, tanto da non convincere sempre al 100% al di fuori della fan-base dei Savatage. Permane comunque quella specie di feeling che Jon Oliva riesce a ricreare in qualunque disco vi sia la sua mano, sfoderando pezzi catchy e decisi. È comunque apprezzabile la sua voglia di dare sfogo alla sua vena creativa e fa piacere vederlo attivo e con tanta voglia di comporre (anche troppa, dato che fra i suoi numerosi progetti si è messo in difficoltà con i contratti ed è costretto a comporre in breve tempo diversi album, a scapito della concentrazione).
Tutti e quattro i dischi sono soprattutto per i fan dei Savatage, ma non sono i soli progetti a cui può essere allegata una ventata di "nostalgia". Zachary Stevens ha contemporaneamente dato vita ai Circle II Circle, prolifico gruppo che propone un heavy metal melodico e sinfonico sempre in linea con lo stile Savatage, seguiti qualche anno più tardi dai Machines of Grace, progetto hard-rock in cui collabora anche Jeff Plate. Chris Caffery, contemporaneamente, si è dato alla carriera solista, cercando una via di mezzo tra la potenza, l'aggressività, la tecnica e l'eclettismo, sfiorando tonalità dal rock melodico al metal estremo; e anche il bassista Johnny Lee Middleton ha recentemente avviato una carriera solista.
Infine, c'è la sempre attiva Trans-Siberian Orchestra, dove Jon Oliva, Paul O'Neill, Al Pitrelli e tanti altri si occupano del lato più sinfonico e melodico della loro musica e che Jon stesso considera "i Savatage sotto un altro nome", in alcuni momenti mostrando un estro variopinto nelle composizioni, in altri però suonando anche in modo stucchevole.
Il nome Savatage torna attivo per una reunion ufficiale nel 2014, in cui membri presenti e del passato del gruppo si ritrovano per un tour-operazione nostalgia che culmina in un concerto storico al Wacken Open Air e che vede Jon Oliva attivo più che mai, nonostante i suoi 55 anni, a coronamento di una lunga carriera istrionica e monumentale, che ha superato successi e difficoltà - ultima in ordine cronologico, la morte di Paul O'Neill nel 2017 a soli 61 anni, a causa di una reazione intollerante ad alcuni farmaci prescritti per il trattamento di numerosi disturbi cronici che lo attanagliavano.
Ulteriori approfondimenti sul web:
http://www.savatage.com/multimedia/articles/news_5.92.html
http://hardrockhaven.net/online/2013/08/jon-oliva-of-savatage-pain-interview/
AVATAR | ||
City Beneath The Surface (Ep, autoprodotto) | ||
SAVATAGE | ||
Sirens (1983) | ||
Dungeons Are Calling (Ep, 1984) | ||
Power Of The Night (1985) | ||
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ALTRI PROGETTI | ||
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